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L'esordio di un'aspirante triatleta
di Isabella Calidonna, 06/09/2016

Finora ho sempre descritto le mie emozioni da spettatrice, o scrivevo di quelle che potrei definire “prove generali”.
Oggi è diverso. Racconto la mia prima gara. Alla fine il grande giorno è arrivato anche per me.
Tantissime le incertezze e le paure nella settimana precedente. Poco nuoto, causa chiusura per ferie della piscina. Allenamenti più o meno regolari per corsa e bici. Ma la bici mi faceva paura più di tutto. Alla fine dopo vari tira e molla con me stessa ho deciso: avrei gareggiato.
Ho tartassato di domande Cosimo e stressato Gigi e Bruna, come al solito. Ho studiato sui libri e visto e rivisto gare e transizioni su youtube. Nonostante tutto le incertezze erano sempre tante.
Così arriva domenica mattina. Ho rischiato veramente di non partecipare, ma Gigi e Bruna stavano arrivando, quindi avrei deciso una volta arrivata a Tarquinia.
In macchina il viaggio è stato come sempre tranquillo, allietato anche dalla compagnia di Claudia.
Arriviamo a Tarquinia e Gigi dice che il mare è una tavola, ma a me non sembra… fa ugualmente paura.
Iniziamo a sistemare le nostre cose, tra cui la bici. Arriva Claudio che aveva preso la sera prima tutti i nostri pettorali e ce li consegna. Leggo la busta con il mio nome. La apro e trovo la cuffia, il pettorale, le etichette per casco e bici, il chip. È tutto vero, mi dico. Gareggerò.
Bruna nota la mia tensione e mi dice più volte di stare tranquilla. Così arriva il momento di entrare nella zona cambio, io cerco il mio numero 209. Sistemo la bici come quella di tutti i triatleti veri e intanto mi domando cosa ci faccio lì. Lo ripeto anche a Simone quando mi chiede quali sensazioni provavo.
Sistemo tutto per bene. Guardo e riguardo per vedere se manca qualcosa. Talco nei calzini e nelle scarpe. Scarpe a sinistra vicino alla ruota. Cappellino per frazione run. Caschetto sul manubrio della bici, dove prima avevo sistemato il pettorale. Occhiali posti al contrario per facilitarmi nel prenderli e indossarli. Lo disse Gigi a Bruna nella sua prima gara e io ho memorizzato. Si avvicina Stefano e gli chiedo di controllare se sia tutto ok. Faccio controllare anche a Gigi, anche per lui è tutto ok. Prendo gli occhialini e la cuffia e mi avvio verso la spiaggia, ma non so come, rompo l’elastico degli occhialini. Occhialini specifici, mica da bancarella!! Immaginate come potevo stare. Vado nel panico, ma grazie a Claudia ho il paio di riserva, che preventivamente avevo portato. Avevo un doppione di tutto.
Così mi avvicino all’acqua. Le persone mi parlavano ma non credo di avergli dato molta retta. Forse in alcuni momenti ho anche straparlato. Ma non riuscivo a distogliere lo sguardo dall’acqua. Ero rapita, e osservavo anche gli altri provare qualche bracciata in acqua. Io mi bagno solamente, non c’è più tempo, purtroppo, per provare. Gli arbitri fischiano e dobbiamo metterci ai posti di partenza.
Ci buttiamo. A me sembra filare tutto liscio. Quando invece alzo la testa per orientarmi verso la boa vedo delle onde. Non erano molto grandi, ma a me sembravano cavalloni. Inizio ad andare nel panico. Non respiro bene. Cerco di continuare ma non respiro mi fermo e urlo a Bruna, che era accanto, che mi sarei fermata. Lei mi urla ancora più forte e mi dice: NON MI FARE PERDERE TEMPO!! CONTINUA! VAI PIANO CHE SEI PARTITA A RAZZO!
Grazie a queste parole sono andata avanti. La sua "cazziata materna" mi ha spronata ad andare avanti. Ha dimostrato ancora una volta di esserci per me.
Anche dalla canoa arriva l’incitamento a non mollare e continuare. Quell’uomo, di cui ignoro il nome, mi è stato accanto tutto il tempo, allontanandosi ogni tanto per rimettere sulla giusta via qualche altro triatleta. Tornava sempre e comunque ad incitarmi. Lo ha fatto fino alla fine. Prima di uscire dall’acqua mi sono girata, gli ho sorriso e gli ho gridato: - GRAZIE! - VAI CHE SEI FORTE! Mi ha risposto…
Sono forte veramente? Mi domando. Non lo so. Comunque sono fuori dall’acqua. Ho finito la prima frazione. Io e Bruna usciamo praticamente insieme e troviamo ad aspettarci Claudia che ci incita. Corricchio in zona TT1. Levo occhialetti e cuffia.
Metto i calzini, le scarpe, il pettorale, occhiali e casco. Prendo un carbon gel, ne ho bisogno.
Prendo la bici e mi avvio verso la striscia bianca. È il momento di salire in bici. Le gambe tremano un po’ e ho paura di perdere l’equilibrio, cadere e fare una figuraccia. Salgo in sella e vado. Non sono caduta, ottimo.
Cerco di individuare la direzione e inizio a pedalare. Non sono fortissima, si vede, però finisco la frazione. Ho avuto un po’ di paura causata dal movimento d’aria provocato dai gruppi di triatleti veloci, lo ammetto. Mi avvertivano del loro arrivo, mi spostavo per farli passare, ma con la loro velocità quasi mi destabilizzavano. Paura causata anche dalle auto che circolavano. Purtroppo a quelli tapascioni come me tocca correre in mezzo alle auto, col doppio del rischio perché la paura e l’inesperienza in questi casi non ti aiutano molto. La cosa bella è che durante i due giri incrociavo i miei amici che mi incitavano ed è stato emozionante.
Finisco la frazione bike. Ora tocca scendere dalla bici. Stessa paura della salita. Ma, anche se lenta, scendo senza cadere.
ODDIO LE GAMBE SONO DI LEGNO! Penso. E ORA COME FACCIO?
Corricchio nella zona t2, così da scioglierle. Poso la bici, levo il casco e gli occhiali. Bevo un altro carbon gel e mi avvio. All’uscita sento una voce che mi dice: IL NUMERO! GIRALO! BEVI! AI RISTORI BEVI! Credo fosse Sandro, non ricordo il viso, ma la voce era la sua. Faccio un cenno col pollice e seguo i consigli.
Non mento se vi dico che in quei momenti ero poco presente, o forse troppo concentrata.
Comunque seguo i consigli e ad ogni passaggio bevo. Mancano pochi metri al traguardo e vengo affiancata da Simone e William che percorrono l’ultimo tratto di corsa con me. Alla fine, sola, taglio il traguardo. Ho finito, rido. Anche se sono la penultima, rido. Sono lì, ho fatto tutta la gara anche se fisicamente non ero al top. Non mi sono ritirata, come avevo pensato. Sono contenta e alla fine pian piano ritrovo tutti i miei compagni. Il batti cinque di Simone, William e degli altri, l’abbraccio di Dario. Emozioni uniche.
Pranziamo tutti insieme e questa volta il pasta party ha tutto un altro sapore.
Dopo pranzo scorriamo le graduatorie che Sandro aveva fotografato. Elisabetta mi dice che sono arrivata terza di categoria. - MA CHI IO?! Le dico. - SI TU! Mi risponde. Guardiamo. È vero, ma finchè non sento la voce dello speaker non mi faccio illusioni. Alla fine il mio nome. Allora è vero, ho vinto una medaglia. Sono sul podio!
Io che non sono fortissima, io che ho quasi rischiato di non farla la gara, ora sono sul podio. Mi avvio verso il gradino del terzo posto e chino la testa. Mi commuovo. Ho la medaglia al collo. Faccio il segno di vittoria con la mano, ma quasi mi vergogno.
Io tapasciona per eccellenza. Io piena di paure e insicurezze ho fatto la mia prima gara di questa splendida disciplina.
Magari non si ripeterà più di salire sul podio, ma non lo faccio per quello. Lo faccio perché mi piace, perché mi fa sentire viva. Voglio migliorare non per un’altra medaglia, ma per far felice me stessa.




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