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La montagna che rigenera...
di Alessandro Todde, 07/09/2016

Non esiste luogo migliore per cercare tranquillità e rigenerazione, questo luogo si trova in alto... molto in alto, per arrivarci devi spendere molte ore ed energie, ma quando finalmente arrivi in sommità tutto sparisce e la visione di un panorama mozzafiato riempie l'animo di pace e tranquillità, dando la sensazione per pochi attimi di essere sul tetto del mondo.
Da tre anni a questa parte il mese di Agosto l'ho sempre dedicato alla mia montagna preferita: il Gran Sasso d'Italia che, a detta di molti esperti della montagna, costituisce uno degli ambienti più impervi e tecnici che non ha nulla da invidiare alle Alpi (se non per la quota che raggiungono), un rapporto iniziato grazie all'amicizia con Daniele Capezzali che mi ha spinto alla conoscenza di questo luogo a dir poco unico e fantastico, ove ho potuto saggiare i miei limiti e le mie paure, si perché ognuno di noi ha una paura da affrontare e superare (la mia nello specifico si chiama "Acrofobia", ovvero la paura dei luoghi ad elevata altitudine) e qual è il modo migliore di affrontare se non prenderlo di petto?
Così muovendo i primi passi lungo la Normale del Corno Grande, avevo incontrato le prime difficoltà dovute all'altitudine e a quelle brutte sensazioni di essere contornato dal vuoto, fallito il primo tentativo di arrivare in cima non mi sono pero d'animo e ho cercato altre occasioni per risolvere questa fobia.
Passando per il Velino, per il Sentiero Ventricini, per Pizzo Cefalone, affrontando per la prima volta il famoso Sentiero del Centenario, proseguendo il cammino con la Direttissima del Corno Grande, la scalata alla cima dedicata a Karol Wojtyla, il Monte Viglio e il Monte Puzzillo, ho cercato quell'abitudine ai luoghi di montagna che ha cancellato molta della paura sempre presente dell'altitudine.



Quest'anno poi, ho scelto di partecipare anche ad alcuni trail (Bosco Sacro, Ultra di Spoleto, Etrurian, Medium dei Monti Simbruini, Albatrail) e ho scoperto la bellezza di correre in mezzo alla natura, che già avevo assaporato lo scorso anno con la Skyrace del Gran Sasso (21,6 km per 2284 m di dislivello) consigliatami dall'esperto Antonio Carfagnini, che oltre ai dolori ai piedi mi aveva lasciato un senso di incompiutezza da colmare: della serie "puoi fare di più".
Assieme a Daniele ci eravamo ripromessi di completare il "Nostro" sentiero del Centenario, che avevo abbandonato prematuramente prima di affrontare l'insidiosa salita del Monte Camicia, perché quando non ci sentiamo di affrontare una prova a volte è bene ascoltarsi ed evitare di fare scelte avventate, soprattutto perché come oggi mi ha ricordato il nostro Abruzzese DOCG Francesco Giammarino: "La Montagna non va solo rispettata, ma anche temuta".
Così, ho aspettato ben due anni prima di riprovare l'avventura del Centenario, ma alla fine la settimana prima di ferragosto, messaggiando con Daniele abbiamo deciso che era giunto il momento e coinvolgendo anche Stefano Pierdomenico e Andrea Di Giacinto abbiamo preparato tutti i dettagli per la giornata.
Appuntamento alle 6:30 a Fonte Cerreto, dove un'aria pungente (circa 2° C) ci accoglie e ci rende euforici, tempo di vedere arrivare Daniele e partiamo alla volta dell'imbocco del sentiero ai piedi del Monte Aquila, posata la macchina e preparato tutto il materiale alle ore 7:00 siamo pronti a partire con un sole che scalda già la nostra pelle.



E così i km scorrono sereni sotto i nostri piedi, ogni tanto calmierati da pause dedicate alla rigenerazione e alla libagione (abbiamo scoperto un autentico tritatutto... Andrea!) conquistiamo in meno di due ore la cima del Monte Brancastello, ma il nostro cammino prosegue in discesa alla volta della prima difficoltà tecnica di giornata: le Torri di Casanova, che impongono una notevole diminuzione del nostro ritmo di avanzamento per permettere il superamento delle ferrate di cui sono attrezzate. Queste torri non riescono a spaventarmi, le supero in scioltezza e senza irrigidimenti mentali, la compagnia è fondamentale in questi casi perché permette di distogliere l'attenzione dalle paure e rende tutto più facile.
Superate le torri inizia la scalata ad una montagna intermedia: il Monte Infornace, che viene definito come l'anticima del Monte Prena, qui si abbandona del tutto il paesaggio verde del Brancastello per immergesi in quello lunare della roccia, con pendii scoscesi e ferrate mozzafiato, un lungo avvicinamento che ci impone più di una sosta ristorativa.

Finita la nostra sosta ripartiamo verso la cima dell'Infornace, davanti a noi si staglia imponente la cima del Prena, il paesaggio diventa lunare, tutta roccia e brecciolino nessun animale in vista se non in cielo (ghebbi e falchi) qualche oasi verde qua e la, l forte pendenza che predomina su tutta l'area con strapiombi mozzafiato e rocce in equilibrio instabile (li da chissà quanti secoli, senza un'equazione di statica risolvibile).
Abbiamo oramai passato metà giornata e la fatica sulle gambe inizia a farsi sentire, oltre a ciò l'altitudine e l'orizzonte sempre più libero inizia a generare dentro di me un senso di disagio, non mi arrendo e giungo in cima al Prena con molta fatica e concentrazione, mentre gli altri si godono il paesaggio e il doppio panorama (il mare verso Teramo e la montagna verso L'Aquila) io cerco di combattere il mio personale demone, che si incarna nello strapiombo che prende il posto dell'orizzonte.
Ma il demone non se ne va via e mi accompagna per tutta la discesa del lato Sud, interamente compresa in un'enorme frana (aumentata rispetto a due anni fa) dietro di noi la vista del Prena è imponente e incute un grande timore e rispetto, dopo molta fatica e tempo riusciamo ad uscire da questo canalone in frana e ci dirigiamo verso Vado di Ferruccio (dove due anni fa avevo deciso di rinunciare all'ascesa del Monte Camicia).

Il Monte Camicia è ora di fronte a noi, ci attende, per l'occasione si è anche liberato di alcune nuvole passeggere accumulatesi prima di pranzo, inizia così un'ascesa difficile e tecnica, su un terreno friabile e dalle pendenze sin da subito proibitive, molti punti esposti e ostacoli da superare, passo dopo passo la quota aumenta e con essa il senso del vuoto aumenta.
Dopo aver superato una prima parte difficile ma tutto sommato fattibile ecco che inizia una seconda parte ostica e difficile costituita da passaggi in cresta esposti e canali stretti con terreno che si sbriciola sotto i nostri piedi, la difficoltà tecnica del sentiero viene amplificata anche dalla difficile lettura dei segnali che identificano il sentiero stesso (la visuale e la stanchezza spesso ci fanno tornare indietro o peggio ci impongono passaggi complicati per recuperare la retta via).
Il vuoto alle nostre spalle aumenta sempre di più, l'effetto è quello di sentirsi sempre più schiacciati verso la montagna alla ricerca di una sensazione di protezione (un placebo per la mente) il mio demone continua ad accompagnarmi e mi ritrovo sempre più teso e affaticato, poi per fortuna ecco che inizia il canale finale, costipato fra due pareti di rocce che mi infondo una piccola sensazione di tranquillità.



Faticosamente mi infilo nel canale e passo dopo passo supero l'ultimo tratto, ecco davanti a me la cima del Camicia, gli altri sono già li e mi stanno aspettando, faccio un grosso sospiro di sollievo e mi incammino verso la vetta, da li la vista è a dir poco spettacolare e il sole che inizia a calare ci regala un paesaggio ricco di colori.
Sono quasi le 19:00 non abbiamo molto tempo da dedicare a questa vetta, quindi ci incamminiamo per la discesa, finalmente la sensazione di vuoto scompare e il demone mi abbandona (almeno per oggi), lungo la discesa incontriamo un branco di Camosci (circa 20) che si divide alla nostra vista e rimane in attesa del nostro passaggio.
La discesa è lunga, sembra interminabile e la luce piano piano inizia a diminuire, alla fine arriviamo alla base del bosco che è notte, per fortuna ho con me la fedele luce che illumina il sentiero in mezzo all'oscurità, dopo quasi 14 ore di escursione arriviamo a Fonte Vetica.
Missione Compiuta... Sentiero del Centenario Conquistato... Finalmente




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