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“Marcio e grido viva gli ultimi”: la storia di Romano sulla Gazzetta dello Sport
di Redazione Podistica, 09/04/2018

Cari amici orange vi proponiamo l'intervista fatta al nostro marciatore Romano Dessì dal giornalista Valerio Piccioni in occasione della Maratona di Roma e pubblicata su Gazzetta.it

"La maratona vista da dietro. Non proprio da ultimi, ma quasi. Niente corsa, meglio la marcia. Romano Dessì, romano di Casal Bruciato, le maratone di Roma le ha fatte tutte. Ci sarai pure stavolta? “Secondo te?”. Mi sa di sì. “Esatto. Ho 64 anni e ho già deciso quando dirò basta: a 70 anni, a quel punto smetterò, lo prometto”. C’è tempo, dai. Anche per irrobustire un altro dato: “Di maratone ne ho corse, anzi marciate 102”. Però. Un vero e proprio veterano, d’altronde soltanto in 27 hanno tagliato sempre il traguardo dei 42 chilometri e 195 metri romani. “Alt, veramente ci chiamano senatori, non veterani. Anche se a me non è che mi piaccia troppo questa parola”. Veterano o senatore, la maratona la conosce davvero. “Ma la sento sempre, ogni volta è come fare l’amore per la prima volta. Problemi di prestazione? Direi di no, è come fare l’amore con una moglie, dopo tanti anni anche se fai cilecca ti comprende…”

Dessì è podisticamente anticonformista. “La mia aspirazione è quella di arrivare da solo, senza gente intorno, senza tifo, senza lo speaker che mi cita e mi incoraggia”. Difficile che succeda, tu sei un’istituzione in marcia. “Lo so. Ma vorrei che tutte le luci si spegnessero, che restassi solo per godermi tutte le immagini raccolte in quei 42 chilometri e passa”. Adesso non esageriamo, la maratona è anche un modo per diventare amici, per socializzare. “Sì, ma io preferisco concentrarmi. Sul percorso ci sono migliaia, no migliaia, insomma parecchia gente che mi riconosce, mi incita soprattutto ai ristori. Ma se rispondessi a tutti arriverei l’indomani mattina. E allora a volte corro pure il rischio di essere scontroso. Però pure a me piace l’atmosfera di Roma, il fatto che ci si viene non soltanto per correre, o marciare come faccio io, ma per guardarsi intorno: tutti quelli che vengono da fuori, e che viaggiano ai miei ritmi, spesso si interrompono per farsi il selfie e la foto”. Tu te lo porterai il telefonino? “Sì, ma niente foto. Me lo porto per chiamare mia moglie e aggiornarla”. Cioè che fai, a un certo ti fermi e dici che va tutto bene? “Ogni ora, ora e mezza, ormai è un'abitudine”. A proposito, che tempo cerchi? “Un minuto prima delle sei ore, oppure sei ore e dieci minuti, uno in meno dell’anno scorso”.

Il marciatore maratoneta è tesserato per la Podistica Solidarietà vorrebbe dire ancora tante cose. Una, in particolare. “Bisogna rispettare tutti, quelli che vanno a tre al chilometro e quelli che camminano a dieci. Tutti meritano tutto, nell’atletica non può esistere la presa in giro. Ma devo dire che da questo punto di vista, la maratona di Roma è vicina alla perfezione perché si aspettano tutti, anche chi procede molto dietro”. La crociata per gli ultimi Dessì l’ha affidata anche a un libro, “Se le mie scarpe potessero parlare”. “Ne ho viste tante dal primo maggio 1975, quando a Sesto San Giovanni cominciai a marciare. E non è ancora arrivato il momento di smettere”.




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