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I numeri di Londra
di Ferdinando Silvestri, 01/10/2017

Usain Bolt

Usain Bolt

L'edizione dei mondiali di Atletica Leggera di Londra 2017 verrà ricordata, credo, fondamentalmente per tre cose.

L'addio di Bolt.
L'uscita di scena del velocista giamaicano Usain Bolt, che ha dominato la velocità dell'ultimo decennio a suon di vittorie e di record mondiali (che resteranno per chissà quanto tempo ancora), è senz'altro la cosa più eclatante di questa edizione iridata londinese. La sua popolarità, che gli ha fatto riempire gli stadi ogni qualvolta era presente, è stata così enorme da superare di gran lunga i confini dell'atletica leggera ed essere indicato da molti, come lo sportivo più grande del pianeta. Basti pensare che anche mia madre, ultraottantenne che non ha mai seguito lo sport, sa chi è Bolt!

L'assenza della Russia.
A causa del doping sistematico operato dalla federazione di atletica russa, la relativa squadra non è stata, diciamo così, invitata a questa mondiali. Una ridotta parte di atleti russi, ritenuta estranea "all'aiutino", ha partecipato sotto l'acronimo A.N.A. (Atleti Neutrali Autorizzati) con bandiera ed eventuale inno della IAAF. Alla fine il medagliere è stato un po' più a "stelle e strisce" anche per questo.

La 50 km di marcia femminile.
Debutto ufficiale della 50 km di marcia femminile che ha visto al via solo sette marciatrici e tra queste anche la statunitense Erin Talcott che era stata in prima linea tra coloro che si sono battute, minacciando anche vie legali contro la IAAF, affinchè venisse riconosciuto anche alle donne il diritto di cimentarsi in questa specialità che, era rimasta, l'unica solo maschile. Ebbene, per una sorta di legge del contrappasso dantesca, la Talcott è stata squalificata, per marcia irregolare, prima ancora di giungere al decimo chilometro, così lei, che tanto ha lottato, non comparirà tra le classificate di questa prima "storica" edizione ufficiale.

Inoltre, tra le tante, mi piace ricordare anche altre cose. Nei 3.000 siepi femminili, da sempre specialità prediletta africana, sono giunte, prima e seconda, due bionde statunitensi; nei 400 ostacoli maschili ha vinto un giovanissimo norvegese (scandinavo d.o.c.); negli 800 uomini si è imposto un francese dalla pelle eburnea e l'unica medaglia d'oro della Giamaica è venuta non dalla velocità pura ma dai 110 ostacoli.

Apriamo ora la dolente parentesi azzurra. Delle 144 medaglie in palio solo una ha varcato i nostri confini nazionali, quella di bronzo della marciatrice Antonella Palmisano ed oltre a lei solo il maratoneta Daniele Meucci si è piazzato nei primi 8 posti dei finalisti.
Nella "placing table" che, per l'appunto, assegna punti ai finalisti, delle 66 squadre che hanno avuto almeno un atleta in finale, l'Italia si è piazzata al 38° posto. Delle 34 prestazioni azzurre, nella mia personale ed opinabile pagella, che tiene conto sia del piazzamento che dei partecipanti, ne ho promosse 16, rimandate 11, bocciate 5 e senza voto (perchè ritirati) 2.

Concludo, come sempre, invitando, a chi vuole approfondire, a cliccare QUI

Ferdy


Antonella Palmisano

Antonella Palmisano



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