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Missione Birmania
di Maurizio Zacchi, 25/09/2011

Riceviamo e pubblichiamo questo articolo da una canotta orange che ha chiesto di non comparire con il suo nome. Rispettiamo la volontà espressa e la ringraziamo per questo suo impegno nei confronti della difficile situazione birmana a cui la Podistica Solidarietà ha voluto fornire un sostegno.

Era già qualche anno che monitoravo la situazione, politicamente non semplicissima, di un paese che tanto avrei voluto visitare. Un viaggio, né più né meno, che desideravo affrontare guidata dalla passione per la scoperta delle differenze, preziosa risorsa che la varietà culturale del nostro pianeta ancora, fortunatamente, ci offre.

Destinazione: Birmania (Myanmar).

Al confine con India, Bangladesh, Laos, Cina e Thailandia. Paese del Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Terra meravigliosa per arte, cultura e genti, patria del buddismo, paese drammaticamente afflitto da una dittatura militare che zittisce con persecuzioni e morte ogni espressione di libertà di pensiero e di parola.

Uno dei paesi più poveri del mondo.

E arrivo qui al perché di questo articolo sul sito della nostra associazione, che ancora una volta ha trovato il modo di rispondere con generosità a una domanda d’aiuto.

Nell’organizzazione del viaggio presi alcuni contatti venendo a conoscenza di una persona impegnata sul fronte umanitario, che si occupa di raccogliere fondi per un piccolo ospedale. Data la caldissima situazione politica, mi è stato chiesto da questa persona, di nazionalità Birmana e già a rischio per l’aiuto che cerca di portare alla gente del suo paese, di evitare qualunque riferimento alla sua identità. Mi ha chiesto tuttavia di dare notizia della situazione ed eccomi qui a cercare di fare del mio meglio per trasmettere ad altri ciò che ho visto.
Il suo ospedale ha poco più di una decina di posti letto e serve una popolazione di più di 90 000 persone. La situazione è disperata: non c’è elettricità, né lenzuola, né cibo per i malati. Ci sono due medici, e nessuna strumentazione. Fa un appello ai viaggiatori (i pochi, pochissimi viaggiatori del paese) affinchè portino farmaci e vestiti. In Myanmar gli unici farmaci disponibili vengono importati senza subire i controlli di qualità, per cui non si è mai certi delle sostanze che li compongono e degli effetti che possono avere.

Rispondendo a una mia mail per organizzare una piccola raccolta prima della partenza, la Podistica Solidarietà sia come associazione sia come persone individuali ha generosamente risposto all’appello, per cui abbiamo raccolto e consegnato più di 500 euro di farmaci nelle mani di questa persona.

Una goccia nell’oceano, ma mi auguro un’offerta utile a tamponare per qualche tempo il disagio di qualcuno.
In seguito all’incontro con questa persona, cerco di riportare il senso del suo discorso.

Il confronto con il resto del mondo è un’occasione di crescita e di apertura mentale per le persone del luogo. In Myanmar non funzionano i telefoni e internet è bloccato: ciò significa che la gente è tagliata fuori da qualunque accadimento internazionale. E’ difficile per noi immaginare l’isolamento, il vedere negata la libertà di opinione e di comunicazione.

Il Myanmar ha bisogno di aiuto e per essere aiutato ha bisogno di essere conosciuto: l’invito di questa persona e delle poche altre che hanno avuto il coraggio di parlare - e che ho avuto la fortuna di incontrare - è di visitare il Myanmar non solo attraverso “i taxi con l’aria condizionata”, cioè attraverso tour rigidamente organizzati che fanno vedere una realtà patinata ad hoc per l’occidentale in viaggio, ma con uno sguardo un po’ più critico. Certo, passare per le strutture organizzative è inevitabile (un viaggiatore non può circolare liberamente come in altri paesi meno problematici) ma mantenere una sensibilità più etica nel viaggio è possibile: basta informarsi un poco, comportandosi da ospiti e non da colonizzatori.

Dal punto di vista culturale e turistico, il Myanmar è un luogo eccezionale per cui non si sa se lodare di più la gentilezza della popolazione, la delicatezza dei monaci, la meraviglia dei templi di Bagan e dei panorami delle risaie sulle colline di Kyaing Tong, la vastità del Lago Inle… e persino l’ottima cucina.
Dal punto di vista dei viaggiatori, è un paese perfettamente sicuro (con un po’ di accortezze!): mi sono sentito dire che l’unico motivo per cui potreste vedere una persona correre con i vostri soldi in mano è perché vi sono scivolati dalla tasca e ve li vogliono restituire! I periodi migliori per visitarlo, date le condizioni climatiche, sono Novembre e Febbraio.

In caso qualcuno avesse la curiosità di conoscere il Myanmar, sarei felice di essere contattato per dare i recapiti di questa persona che, come tanti altri di cui non si sa nulla, da anni e nell’anonimato si adopera per la salute e la dignità dei suoi connazionali, basta scrivere a podistica.solidarieta@virgilio.it.

Grazie Podistica




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