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Trail "Le Vie di S. Francesco"
di Ettore Golvelli, 20/10/2014

L'Umbria è terra eletta per spiritualità diffusa che ha radici profonde nel sentimento che gli Umbri nutrono nei confronti di S. Francesco ed il tessuto di questa spiritualità ha in Assisi il suo cuore. Ma la trama è vasta ed antichissima ed inizia con la sacralizzazione della natura vissuta, nell'antichità, in intimo legame con la vita del Santo unitamente al pensiero degli uomini di quel tempo.
Ed è qui, su questa terra, che il Santo della contemplazione e dalla solitudine eremitica viaggio', come pochissimi uomini del suo tempo, portando il suo messaggio fatto di spiritualità serena ma profondamente vissuta da uomini e donne che scelsero la via del misticismo senza mai allontanarsi dalla realtà del loro tempo.
Ed è qui che è nata l'idea di un percorso che accompagni i viaggiatori nei luoghi più amati dal Poverello, luoghi fortemente legati alla storia del Santo. Francesco amo' profondamente l'Umbria, la sua patria, la sua terra, la sua casa, e l'attraverso' incessantemente durante la sua vita.
Ed è qui che ebbe inizio il suo cammino spirituale; qui trovo' rifugio dalla vanità del mondo ed è qui che annuncio' le parole del Vangelo alla gente semplice della sua terra. Propizio' ai cammini per monti e per valli la sua terra, e con i suoi silenzi e i suoi suoni, la sua luce e la sua ombra, ha radicato in se l'essenza piena del messaggio Francescano.
E così è' nata l'idea delle "vie di S. Francesco", chiamata così perché ripercorrono fedelmente il cammino del Santo nella provincia di Terni e di alcuni suoi compagni, ivi nati e morti in Marocco, uccisi da Mussulmani, ove erano stati inviati dal Santo di Assisi a predicare il Vangelo.

Siamo ad Attigliano, piccolo centro della provincia di Terni, da dove partirà la seconda edizione delle "vie di S. Francesco" in due versioni: "Short Way (100 km.) e Long Way (170 km.).
Io ed " i miei compagni di merenda" di oggi (mio fratello Giovanni e Micaela Testa) optiamo per la "corta" anche per provare un esperienza nuova su di una distanza, almeno per me, inusuale.

Siamo sullo striscione della partenza ed il gruppo dei podisti della Solidarietà non è numerosissimo ma sicuramente di qualità, per questo tipo di corsa.
Il Vice e GDF, gasatissimi e per niente emozionati, Paolo Reali, tranquillo e silenzioso, prova anche lui la Long. Invece io, mio fratello Giovanni, Micaela e Pietro Cirilli saggiamente assaggiamo la corta. Anche il Braf condivide la nostra compagnia coccolato dalla sua dolce Maria... ma non ha una buona cera.

Mi guardo intorno e scruto le facce degli altri partenti. In alcuni leggo paura e preoccupazione, titubanza per qualcosa forse più grande di loro ma con tanta voglia di essere "finisher".
In altri vedo dei Superman, tiratissimi, tecnici, attrezzati.
Ma la maggior parte dei partenti sono tranquilli, calmi, sereni: runner con tanta esperienza e tante gare tra le asperità dei percorsi montani, con le rughe che attraversano facce bruciate dal sole delle alte quote.

E finalmente si parte... ci gasiamo, ridiamo, qualcuno scherza quando ci supera dicendo qualcosa.
Si scende prima in un torrente e poi, pian piano, si comincia a salire verso il primo traguardo della giornata:Giove.
Passano i minuti, i chilometri, la salita si fa sempre più dura e la stanchezza già avanza. Fabrizio De Angelis sta male, ha qualche problema, noi camminiamo e ci fermiamo spesso. Il Braf cerca di reagire ed io non so cosa dire. Lo guardo più spesso e la cosa non mi piace. Forse avremmo dovuto partire più piano ma sebbene stato lo stesso un calvario per lui. Non c'è la fa. Lo affidiamo a mio fratello che prova a seguirlo fino al prossimo ristoro.
Sono un po' arrabbiato ed un po' deluso perché sarebbe stato bello arrivare tutti insieme per poterlo poi raccontare agli amici. E poi a lui sarebbe piaciuto finire questa impresa.

Si arriva al primo ristoro ed al primo paesino, Giove, un piccolo e grazioso paese situato su di una collina da cui si domina un panorama mozzafiato a 360 gradi. Una prima cosa bella e che al culmine della salita siamo stati accolti da bambini festanti che ci incitavano e ci chiedeva il "cinque". Era una scolaresca e la cosa è stata molto bella ed apprezzata. Ma la cosa più bella di questo borgo è il castello, un edificio che possiede 365 finestre, uno per ogni giorno dell'anno.
Immerso nel bellissimo borgo medievale, con strettissime e magiche viuzze, il castello domina una verde vallata da cui si possono scorgere i bellissimi colori della natura circostante.
Un castello magico che crea una magica atmosfera che rievoca un tempo passato... quando le fiaccole illuminavano il suo androne e le sue 365 finestre, dietro le quali, ogni giorno diverso, si potevano immaginare storie fantastiche di nobili, feste, danze ma... anche le segrete carceri sotterranee ed i cunicoli che attraversano i paesi.

Lasciamo Giove e dopo una ripidissima discesa si risale per il secondo ristoro e, di conseguenza, il secondo borgo: Penna in Teverina. Penna è una ridente località situata sul crinale di un colle a promontorio, affacciata direttamente sulla valle del Tevere, con una magnifica vista sul fiume sacro che scorre a valle, oltre la bellezza della campagna Amerina.
Il borgo medievale, scandito da torri e da porte, conserva ancora intatta la struttura originale dove le famiglie Colonna ed Orsini lo arricchirono di palazzi e monumenti. Il territorio invece, esposto come un ampia balconata sulla valle del Tevere, esalta le coreografie di quel palcoscenico naturale che è il centro storico del borgo, soprattutto durante la Festa della Vendemmia, dove i protagonisti sono l'uva, il mosto ed i caratteristici dolcetti manipolati con il mosto.

Lasciamo un po' a malincuore Penna in Teverina e dopo la solita ripida discesa si attacca subito per una lunghissima salita che ci porterà fino al paese forse più famoso dell'itinerario: Amelia. Questo paesino è un borgo di pochissime anime, costruito in salita con una roccaforte che domina la vallata, utilizzata una volta contro i pericoli vicini. Percorrendo via della Repubblica, sui passi degli antichi romani, seguiamo la linea delle mura ciclopiche, dall'alto, godendo di un panorama frammentato tra le costruzioni tipiche del Medioevo, tra palazzetto cielo - terra, e dalla storia scolpita tra le rocce che vedranno ancora passare tanta gente.
Gran posto Amelia, "il paese del silenzio", dove trovi ancora l'atmosfera dei paesi di tanti anni fa: i vecchietti intorno al tavolino di un bar, le vecchiette fuori dalla chiesa, i bambini che giocano felici. Da qui sopra si gode il miglior panorama concesso, con sfumature di cielo, nubi sbiadite, le cascatelle sullo sfondo. Percorsi campestri Individuabili ad occhio nudo e piccoli eremi nascosti per pudicizia tra le radure, che quasi ti solleticano la curiosità di essere spolverati. Luoghi come punti di sospensione che ti propongono, consigliano di tornare presto, per non lasciare nulla di intentato.

Lasciato il paese del silenzio si entra adesso in un bosco scuro, fitto, che ti mette di cattivo umore. Il cervello adesso vaneggia dalla stanchezza mentre gli occhi scrutano lontano ma vedono il bosco buio, il sentiero pieno di sassi e tutto diventa insormontabile. Lo sconforto mi fa sedere su di un sasso e tutto diventa difficile e mi fa pensare che abbiamo sbagliato direzione. Allora la mia mente vola ed ha un guizzo di memoria: la frase finale di un libro di Susanna Tamaro. "Quando a te si apriranno tante strade e non saprai quale scegliere, non imboccare una a caso ma siediti ed aspetta. Respira con la profondità fiduciosa con cui hai respirato il giorno in cui sei venuto al mondo, non farti distrarre da nulla, aspetta, e aspetta ancora. Resta in silenzio ed ascolta il tuo cuore. E quando ti parla, alzati e vai dove lui ti porta".
Adesso la mia mente pian piano si rilassa, il mio umore cambia, il mio "Io" si trasforma, ritorna il sorriso, la voglia di continuare. La stanchezza improvvisamente svanisce, gli occhi comunicano al mio cervello che il sentiero è quello giusto: un sasso colorato, una freccia mezza storta su di un tronco mi indica il percorso. Ecco, questo è il mio cammino. Improvvisamente tutto è passato, le gambe volano, i piedi ringiovaniscono ed in un baleno percorrono centimetri, metri, chilometri. Mentre sudo un vento leggero mi rinfresca, la camminata non rallenta, un sorso d'acqua sembra una fontana, gli occhi adesso vedono solo colori, luci e ... fiori!!! L'olfatto assorbe il profumo del muschio. L'udito ascolta gli abitanti del bosco, sibili, fruscii, canti di uccellini... che paradiso. Questo è un cammino, questo è camminare... o è un delirio?
L'euforia adesso cala, scema e sprofonda in una riflessione: la giornata di oggi, in fondo, è come la vita: problemi, insidie, lavoro e poi ancora problemi. Sembra sempre buio e nero, ma al ritorno in famiglia, un abbraccio d'amore, un sorriso di un bimbo, un gesto semplice e tutto cambia e tutto diventa luce e colore.
Ha ragione Susanna Tamaro quando ti dice di andare, quando hai dei dubbi, dove ti porta il cuore ... e non sbaglierai mai.

Adesso lasciato il bosco si sbuca in un pianoro da dove si può ammirare tutta la vallata, un pianoro fantastico contornato da da colli caldi come il terreno arato, verde come la macchia mediterranea, impreziosito dalla veduta di tutti quei paesini con il loro carico di storia, con una sovrapposizione di epoche che non creano disordine, che, anzi, insieme a tutte le bellezze naturali, emanano solo serenità.

Si arriva adesso su di un piccolo colle, molto grazioso, contornato da antiche mura ma con una particolare curiosità: una serie di piccole casettine adagiate alle mura. Dopo un piccolo sopralluogo ho scoperto che tutti questi piccoli loculi non sono altro che dei piccoli ricoveri per galline, maiali, oche, pecore... sembrano le casette dei sette nani.
Siamo a Porchiano, piccola frazione di Amelia, arroccata su di una collina, tra boschi e campagna, in superba posizione panoramica che ha ben conservato la tipologia originaria dell'insediamento medievale, con una cinta muraria, torri a difesa e porte all'ingresso del castello. Il nucleo centrale delle case, che si adagiano e si stringono tra loro per evitare il freddo e la tramontana, sono contornate da una serie di orti, che fanno da cornice all'abitato, come i petali di una margherita, e dall'abbraccio di una secolare e vasta leccata che lo avvolge amorevolmente tra le sue fronde.

Adesso tutti e tre camminiamo, tranquilli, sereni. Micaela ogni tanto bisticcia con il suo telefonino, mio fratello Giovanni naviga a testa bassa nei suoi pensieri, spero piacevoli.
Io invece mi guardo le colline, i boschi, i pianori, .. e sorrido... e comincio le mie solite riflessioni.
Penso che camminare è il gesto più semplice con cui l'uomo si presenta al mondo, riscoprendo anche la magia dell'incontro con la natura. Uno zaino, poche cose essenziali ed una bottiglietta d'acqua sono sufficienti a farci ritrovare la serenità. Ogni passo a cuore aperto è una scoperta: impariamo quanto sia bello incontrare lo sguardo dello sconosciuto che incrociamo e proviamo gioia nel volerlo salutare. Camminando scopriamo quanto la magia della vita si nasconde nei momenti quotidiani e semplici: un bicchiere di vino, un sorriso, un abbraccio, quattro chiacchiere
insieme ad una persona che hai appena conosciuto poco prima ma che sembra faccia parte della tua vita da sempre. Ed è così che ci riempiamo di di una nuova energia che riaccende la nostra vita ed amplifica le nostre emozioni, che adesso sono bellissime.

Si continua a salire e finalmente si arriva a Lugnano Teverina, al 42 km., al primo temuto cancello orario. Lugnano sorge su di un colle roccioso protetto da una catena di monti sempre verdi e facilmente accessibili e la sua campagna è mantenuta intatta ed incontaminata. Insomma un vero gioiello riscoperto e classificato come uno dei borghi più belli d'Italia.

Il buio è arrivato e con lui una diversa temperatura, ed io sto già pensando a qualcosa di caldo al prossimo ristoro.

Si continua a salire verso le montagne più dure del percorso: Monte Melezzole e Monte Croce di Serra, ma prima si passa in un altro posto magico: Il Borgo di Santa Restituita.
Purtroppo l'ammirazione della bellezza del borgo (tutto in pietra, bellissimo), è decisamente trascurata per colpa della bontà del ristoro con le sue bevande calde, fumanti...
Ogni ristoro una chiacchierata, una storia nuova... perché la cosa più importante è trovare anche il tempo di parlare, scherzare e ringraziare quelli dello staff che a quell'ora sono li per te.
Al ristoro chi si siede per far riposare le gambe, chi si toglie le scarpe, chi dormicchia, chi fa lo stretching.... si riempie la borraccia d'acqua, si acchiappa una fetta di pane e marmellata, un po' di grana, due banane e via. Ma mentre divoro avidamente le mie spettanze, guardo con un po' di malinconia i pettorali stesi sul tavolo della giuria, bagnati, qualcuno strappato forse dalla rabbia: sono i pettorali di chi si è ritirato. Chiedo ai commissari di gara come mai questi ritiri, ed ascoltare le motivazioni di tali ritiri mi fa provare una forte amarezza ed un profondo sconforto per chi, come Fabrizio, ci teneva in modo particolare di completare questo difficile percorso.
Mentre rifletto Micaela è già ripartita per affrontare la salita più dura; io è Giovanni invece preferiamo rifocillarci ancora un po' (in fondo siamo due vecchietti). E poi, ancora in fondo, è giusto: ognuno deve fare il passo suo in una competizione così lunga come questa e per me, e sicuramente anche per Micaela, la corsa significa libertà, libertà di andare, correre, salire...

Si sale, sai sale... il tempo passa ed io sono già mezzo cotto, un piede mi fa un male cane. L'unico desiderio adesso è solo arrivare... ma siamo solo a meta percorso.
La luna quasi piena adesso illumina la cima di Monte Croce di Serra e da quassù, di notte, c'è un bel panorama in tutte le direzioni. Infatti, in un giro di 360 gradi, lo sguardo abbraccia i Sibillini, il Terminillo e buona parte dei monti dell'Umbria e, di sotto, le luci di tutti i piccoli centri storici "appollaiati" a mezza costa intorno ai monti Amerini.
Questa montagna è un po' bruttina, per il suo "dorso d'asino", che poi è l'unico tratto in cui è' assente il manto boscoso che invece copre rigoglioso il restante territorio montano e collinare.
Si comincia a scendere per una lunghissima discesa, ripida, pericolosa e molto stretta. I sassi la fanno da padrona. La selva in questi monti, allora fitti ed impenetrabili, nascondevano antri e grotte dove si ritiravano in solitudine gli eremiti.
Si sentono da lontano degli spari. Nella parte di bosco che si percorre si incontrano spesso cartelli "ammonitori" sulla caccia ma è chiaro che quassù, di notte, non sono ascoltati ... o letti.
Si arriva prima al bivio della deviazione per la "Long" ed un brivido di gioia mi pervade nel pensare che noi che faremo, la "Short", tutta in discesa.
Dopo un altra discesa molto pericolosa si arriva prima a Montecchio e poi, dopo aver attraversato un fittissimo bosco, Guardea.
Dopo il paese, circondato da querce e grandi massi, i resti della chiesa e dell'Eremo di Santa Illuminata. E poco distante, la grotta dove si ritiro' in preghiera S. Francesco, dormendo sopra un masso di travertino, tuttora ancora adesso oggetto di culto. Qui vissero e morirono molti frati, alcuni dei quali raggiunsero gli onori degli altari.
Ma Guardea è famosa anche per un altra cosa. Per i collezionisti del fumetto Dylan Dog, il vecchio cimitero del paese (oggi un giardino all'inglese), è un luogo "cult" perché esso è stato utilizzato per la trasposizione cinematografica del romanzo "Dellamorte Dellamore" da cui è stato tratto il fumetto "noir".

Passata Guardea e Santa Illuminata si arriva all'ultimo paese del nostro percorso, Alviano, terra di capitani di ventura e donne bramose. Il capitano di ventura e Bartolomeo D'Alviano, famoso in tutta Europa per le sue imprese di guerra, tra il '400 e il '500. Invece , per le donne bramose, stiamo parlando di Donna Olimpia Maidalchini - Pamphili, cognata di un papa potente, che compro' il castello per (nell'immaginario popolare) ... alimentare leggende legate ai suoi costumi licenziosi. Tornando al capitano di ventura c'è da dire che Bartolomeo era anche un valente architetto e si deve a lui la costruzione del maestoso castello che domina il paese.

Adesso ci sono da affrontare gli ultimi 18 km. in una zona particolare e la notte tranquilla e silenziosa inducono ad una attenta riflessione.
Al viaggiatore che si trova a percorrere questi campi si paventa un paesaggio tale che anche il più ignaro e distratto viandante non potrebbe non comprendere di aver raggiunto un luogo particolare, diverso. Le grandi distese di campi coltivati, le case sparse, il paesaggio lunare formato dall'argilla con le sue conformazioni a calanchi e biancane, i borghi arroccati illuminati dalla luna, la calura e la quiete della notte quasi irreale, tutte cose che inducono ad un incedere più lento ed attento.
Invasi da un silenzio che è quasi assordante, da una solitudine che non è sinonimo di isolamento, sembra che i sogni e i desideri possano prendere forma e consistenza tra le pieghe di questa terra che deve essere stata arida ma non nemica e ... dove l'uomo ha trovato un accordo con la natura in una situazione di perfezione ma non di staticità.
Qui magia e alchimia si fondono, qui le dolci colline, le siepi che delimitano i campi, dove l'impegno e la storia che vi si respira fanno capire l'amore e la cura di chi l'ha abitata. Qui dove i colori della notte sono così fortemente contrastanti sotto i raggi lunari e dove il vento ha un suono e i sogni, una realtà.
Ma in una notte come questa, tiepida, dolce, il vento è solo una leggera brezza notturna che rinfresca il caldo sudore che scende dalla mia fronte e l'unico sogno che vivo, chiudendo gli occhi, è quello di vedere al più presto le luci di Attigliano.
E Attigliano è li; sembra vicinissima ma non si arriva mai. Abbiamo addosso tutti e tre un adrenalina incredibile ed un sol pensiero in testa: il traguardo finale.
Cammino, sbando, e con il serbatoio da consumare fino all'ultima goccia di energia ... continuo, continuo, e finalmente è' li: il pallone del traguardo.
La grandissima Micaela è già li, ferma che mi aspetta, ci aspetta e tutti e tre (con il cuore... quattro) tagliamo il traguardo abbracciati in uno slancio unico.
È .... finalmente finita!!!

Bel contesto ambientale, ristori ottimi, balisaggio ottimo nella parte diurna, eccezionale nella parte notturna. Solo un nostro errore di direzione perché distratti da Micaela che esternava frasi romantiche sotto i raggi della luna ed io è mio fratello commentavamo divertiti.
Le pochissime volte, nei cambi di direzione, intravedere la giusta direzione richiedeva solo un po' di sana pazienza ed una buona capacità nello scrutare balise e segni.
Le mie gambe non mi hanno tradito, i muscoli hanno retto, nessun temuto crampo, qualche vescica, tanti dolorini ma tantissime soddisfazioni... e l'errore madornale di aver utilizzato delle calzature forse non all'altezza per tanti chilometri. Così mi sono ritrovato con i dolori sotto entrambe le piante dei piedi e due dita ingrossate che mi sono riportate fino all'arrivo, urlando, come un lupo sotto la luna piena, di dolore nelle ripide discese. Lo stordimento del dolore, protrattosi per tante ore, era talmente forte che nei chilometri finali non lo sentivo più.

Comunque una Trail ottima, da ripetere, ancora perché "le Vie di S. Francesco" rappresentano certamente un esperienza di fede legata all'intimità ed al Credo di chi desidera percorrerlo , ma per me, invece, rafforza valori ed amicizie già presenti prima della partenza e confermano la mia stima nelle persone che mi hanno accompagnato in questo stupendo ed irripetibile cammino.


Gara: Le vie di San Francesco - Medium/Short Way (10/10/2014)

SCHEDA GARA



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