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Un tempo “annunciato”!!
di Francesco Rosario Di Pietro, 10/04/2017

Francesco concentrato lungo il percorso della Maratona

Francesco concentrato lungo il percorso della Maratona

Sono passati quattro giorni dalla mia terza maratona di Roma, da quella che rimarrà incancellabile nella mia scatola dei ricordi e delle imprese.
Incancellabile perché corsa per gran parte sotto il diluvio (la 2ª Maratona di Roma su 3 sotto la pioggia… e meno male che a Roma non piove mai!!!), ma soprattutto per il tempo finale, quel 3.27.19 che ha sgretolato sotto i miei piedi il muro che sembrava così lontano ed irraggiungibile delle 3 ore e 30.
E qui viene il bello di questa esperienza… perché se una maratona non si improvvisa mai, ancora meno si improvvisa una maratona sotto le 3 ore e 30, almeno per quelli con la mia età e condizioni fisiche.

Ad agosto 2014, quando ho iniziato la mia avventura di runner alla prima edizione della Roma By Night, pensare di correre una maratona e concluderla mi sembrava impossibile… poi i commenti di chi mi correva accanto sulle maratone fatte e l'incitamento dei vari runner mi hanno convinto a provarci.
Da allora ho scoperto un mondo: il pianeta corsa, sul quale l’uomo (della specie Homo Lungae Distanzae Correntis) si nutre solo di tabelle, km e tempi al km.
Ho scoperto quel particolare gusto di raccontarsi gli allenamenti, di scambiarsi tabelle e consigli, il rito della scelta della scarpa giusta (officiato dal fido Damiano di Sportuno con la misurazione podobarometrica, la prova sul tappeto, la ripresa video, la misurazione dell’angolo del piede rispetto alla perpendicolare del tappeto), ho sperimentato come l’entusiasmo della corsa sia contagioso (la prova è Rino, il collega e amico di Torino che ha cominciato a correre dopo aver ascoltato i miei racconti ed è venuto a fare la Roma Ostia quest’anno).
Correndo ho poi scoperto che quelli che mi sembravano limiti fisici si potevano superare con l’allenamento. Così sono passato da un allenamento puramente istintivo ad uno sempre più organizzato e specifico, con tabelle sempre più impegnative ed arrivando in due anni da tre a cinque uscite settimanali.

E il bello di tutto ciò, quello che rende unica questa esperienza del runner delle lunghe distanze, è che davvero il lavoro paga, che allenandoti vedi progressivamente abbassarsi quei tempi sulle ripetute che sembravano già all’inizio fantascienza, vedi allungarsi le distanze delle uscite e ridursi la durata complessiva, quei 5 minuti a km che all’inizio raggiungevi solo con uno sforzo al limite adesso sono diventati l’andatura di recupero.
Si sperimenta quella particolare versione del “Sabato del Villaggio” nel preparare, pensare e correre mentalmente la maratona per i sei mesi precedenti, rivedendo l'obiettivo ogni mese sulla base dei tempi sulle ripetute.
Poi c’è l’immancabile Roma Ostia, che ogni anno ti chiedi se sia il caso di farla a tre settimane dalla Maratona di Roma, ma poi non riesci assolutamente a rinunciarci, perché è la mia gara, quella in cui do sempre più di quanto sperassi.
E anche quest’anno è andata così: il 12 marzo ero al Palalottomatica, ingrigliato con una marea di gente pronto a confrontarmi con i miei limiti, puntando a superare quel 1.35 che l’anno scorso avevo quasi raggiunto.
E anche quest’anno ho riprovato la magica sensazione di correre leggendo sul gps una media di 4.23 che non ho mai sognato neanche nei migliori allenamenti, con quella sensazione di compiere l’impresa che km dopo km ti riempie di entusiasmo e riesce sempre a farti tirare fuori energie che non sapevi neanche di avere, fino a fare addirittura lo sprint sull’ultimo km, per arrivare al traguardo abbracciato a Cosimo, incrociato proprio all’ultimo km, in uno di quei gemellaggi che solo una canotta orange sa far nascere dal nulla.

E come nei due anni precedenti, anche quest’anno il tempone alla Roma Ostia è stato la croce e delizia delle ultime tre settimane prima della Maratona, perché da una parte aver corso così la mezza mi dava la spinta ad osare di più, a non limitarmi a sperare nel personale ma a puntare ad abbattere quel muro delle 3 ore e 30 che da sempre nel mio immaginario costituiva il sogno, ma dall’altra parte c’è sempre l’ultimo lungo (quello di 38 km) che finisce sempre al sabato dopo la Roma Ostia, con le gambe forse ancora troppo piene delle tossine accumulate, che mi riporta coi piedi per terra, dopo aver sofferto per più di 10 km per portarlo a conclusione. E allora ti chiedi se ti sei illuso, se non hai sottovalutato i limiti fisici, l’età…
E così diviso tra speranze e paure arrivo al giorno della gara (accompagnato dalla profezia di mio nipote Luigi che mi ha previsto un arrivo a 3 ore e 27 accolto da una mia risata e da un “magari... ci metterei la firma”), quando alle 6 la sveglia ti dice che è ora di alzarsi.
Megacolazione, vestizione del “guerriero” con la mitica canotta orange con il pettorale indossata con la mente che ti fa sentire Brave Heart, controllata allo zaino e via, fuori di casa cercando ancora di capire se fa freddo per correre solo in canotta.
Il simpatico rito della Metro piena solo di runner ed accompagnatori, le due linee di pensiero tra chi scende a Cavour e chi a Circo Massimo, l’infinita camminata per raggiungere l’ingresso delle griglie per poi rifarla al contrario per arrivare prima ai camion del deposito borse e poi alla partenza, la spogliazione davanti al camion per lasciare lo zaino (che per fortuna si dimostra più capiente di quanto pensavi e miracolosamente c’entra tutto), una simpatica chiacchierata con tre londinesi di diversa nazionalità, un respiro profondo e via si entra nella griglia di partenza.

Avevo pensato a lungo su come correre questa gara (e anche discusso per ore al telefono con Rino) e quindi cerco subito i palloncini delle 3 ore e 30 e riesco ad avvicinarmi abbastanza… forse stavolta riesco ad agganciarli.
Il tempo di attesa scorre più veloce di quanto temessi, non fa neanche freddo e non piove, anche se il cielo non promette nulla di buono. Partono le handybike, poi i top runner e finalmente tocca a noi: conto alla rovescia e via, il lungo serpentone si riversa su Piazza Venezia. Allungo cercando di agganciare i Pacer e ci arrivo abbastanza facile, arriviamo al primo km ed il gps dice che l’ho fatto in 4.33, ma non ho il tempo di pensarci perché l’immancabile grido di incitazione di Antonella e di Lucia (mia moglie) mi spingono avanti, mentre comincia a piovere e di brutto pure.
Sento i commenti dei pacer che dicono che con la pioggia la maratona è più muscolare perché le scarpe pesano di più (ed in effetti si sente la differenza di peso… e pensare che ero stato due ore a decidere se prendere quelle più ammortizzate della Saucony o quelle più leggere di 10 grammi dell’Asics.. vabbè). Se già in condizioni normali i 42 km comunque mi spaventano, con quella pioggia stavo rasentando il terrore. Faccio un po’ di training autogeno e mi dico che comunque ho fatto un’ottima preparazione e che per adesso devo solo stare agganciato ai pacer, poi vedo come va.

Passiamo il primo rifornimento (prima o poi dovrò fare un allenamento specifico per bere dal bicchiere correndo, ma oggi il problema di bagnarsi non esiste essendo già zuppo). Dopo un altro km non sento più le voci dei pacer dietro di me e mi accorgo che non c’erano più, il gps dice che sto correndo a una media di 4.52… non esiste che rallento per aspettare i palloncini e quindi decido di procedere a ritmo regolare.
Passano i km e la media rimane sempre tra 4.52 e 4.53, ad ogni km mi dico che sono tutti secondi messi in banca per quando arriverà la crisi, perché sono sicuro che non riuscirò a tenere fino alla fine quel ritmo. Però le gambe girano bene, non mi sembra di avere problemi, e quindi continuo km dopo km.
Il passaggio alla mezza sotto l’ora e 44 conferma che il GPS non sta mentendo e piano piano il pensiero “stai a vede’ che quello scemo di mio nipote c’ha azzeccato” si comincia a fare strada.
L’obiettivo rimane sempre le 3 ore e 30, quindi non mi devo far raggiungere dai palloncini che ho staccato, ma alle curve non li vedo dietro di me, quindi c’è un vantaggio buono.
Scorrono ancora i km, tra gruppi di tifosi stranieri e bande musicali che ti fanno sorridere e non pensare alla fatica, gli immancabili supporter della Podistica che ad ogni angolo compaiono col mitico grido “Alè Podistica!!”, e la media è sempre quella.
Addirittura al 30° il GPS mi dice che l’ho fatto a 4.32 ed il temutissimo muro non è ancora arrivato, né ho avuto segni di crisi e di cedimento… la profezia del Nipote si fa sempre più concreta, ma la strada è ancora lunga.

Arriviamo finalmente a Piazza del Popolo, che quest’anno è dopo il 39° e le gambe ancora girano bene, la media è salita a 4.54, ma va benissimo così. Accelero un po’ in vista della salita del traforo che inizio con il tifo di Joan che mi dà ancora più entusiasmo, ma ormai sento davvero l’impresa sotto i piedi, ormai le 3 ore e 30 sono sicure, adesso lo sforzo è solo per fare avverare la predizione di Luigi… così riesco pure ad accelerare all’uscita del traforo, supero finalmente e definitivamente un danese che mi “perseguitava” da 20 km e mi involo verso il traguardo… sì mi involo perché sono talmente contento che mi sembra di non toccare terra correndo... e supero il traguardo esultando come se avessi vinto... perché di fatto ho vinto la mia sfida, raggiunto tutti gli obiettivi che mi ero prefissato e anche qualcosa di più.
Presa la medaglia per prima cosa mando il messaggio a Luigi col tempo finale... c’aveva colto... con mia somma gioia. E dopo due secondi mi chiama per farsi raccontare tutta la gara… e il bello è che non sono neanche distrutto e infatti Luigi chiude la telefonata dicendo “alla prossima puntiamo alle 3 ore e 10!!!”


Francesco si gode meritatamente la medaglia conquistata

Francesco si gode meritatamente la medaglia conquistata

Gara: Maratona di Roma (TOP) (02/04/2017)

SCHEDA GARA



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