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ce l'ho fatta!!!!!
di Monica Maggi, 05/11/2008

Monica Maggi (foto di Patrizia De Castro)

Monica Maggi (foto di Patrizia De Castro)

Non mi sembrava vero e a dire onestamente, ora che guardo il tempo ammetto, potevo fare di meglio. Ma la sensazione di avercela fatta a correre sempre, sempre e ininterrottamente per tutti i 10 chilometri e cinquecento metri mi da ancora una vertigine.

Era di quello che avevo paura, avevo timore di non farcela, di essere proiettata lì, in mezzo a duemila persone, allo sbaraglio della competizione altrui, indifesa e non protetta dal mio semplice vialetto casa dove mi alleno da qualche mese. Ero intimorita da una probabile illusione: facile riuscire a correre davanti casa, con la mia macchinetta a due passi per tornare indietro casomai non ce l'avessi fatta, e invece  lì dovevo farcela per forza. Scoprire che non ero così brava come credevo, e che era stato tutto frutto di una mia suggestione.
Dovevo farcela.

Non potevo far brutta figura, non potevo ritirarmi, non me lo sarei mai perdonato.
I giudici non erano quelli della gara non il cronometro in mano, ma ero io.

E quindi sono partita. È iniziata con questo battito di cuore tremante la mia prima corsa agonistica, dieci chilometri e mezzo da fare sotto le telecamere, in mezzo a duemila persone, e attraverso la più bella zona del mondo: piazza san Pietro, Colosseo, Circo Massimo, via Cavour, via Merulana, San Giovanni.

Un giro che mi ha stordito nella sua bellezza. I miei compagni della Podistica Solidarietà mi hanno incoraggiato. E anche questo è stato importante: non sentirsi la meno allenata, l'ultima, la meno esperta. Sono stata assorbita subito come una del gruppo.

Carlo Angiolucci

Certo, ce l'ho fatta, e poco serve dire che ho avuto i classici tre momenti: panico, stanchezza, euforia. Cioè quando le gambe sono pesanti, la testa batte, l'ossigeno va al cervello e pompa come un pazzo. Poco importa sottolineare che non mi sono mai concessa una pausa, che i miei amici della Podistica mi hanno salutato all'inizio spingendomi a farcela, che vicino a me c'è stato un giornalista che mi ha ceduto elegantemente il traguardo prima di lui, e che ho imboccato l'arrivo infilando direttamente la testa nel nastro della medaglia.

Quello che vorrei raccontare, che va raccontato, è come inizia una cosa che nasce per caso e che poi diventa passione: correre.
Forse è l'approccio più difficile, perché è come ritrarre una corrente d'aria o un movimento del mare. Io posso solo dire come ho cominciato, cosa mi comunica, dove batte il mio cuore e cosa inala il mio naso, quando corro.

Ho iniziato sei mesi fa.
Ero già sulla strada dell'allenamento aereobico: palestra, walking, qualche colpo di pedale in bicicletta. Il movimento mi è sempre piaciuto ma non ho mai fatto follie per giochi di squadra. Sono una solitaria, amo il silenzio e al massimo il suono del mio affanno. Il tutto concentrato con una certa assiduità perché ero ingrassata troppo, e alla soglia dei 50 i chili in più diventano pericolosi.

Un giorno salgo sul tapis roulant della palestra e faccio il mio allenamento. Il primo. Un quarto d'ora di corsa. Comincio a 6,5 l'ora, poi aumento. Sette. Sette e mezzo. Il fiato regge. Arrivo a otto. Il fiato diventa fiatone. Continuo. Sono testarda. Alzo il volume del mio i-pod. L'ossigeno sale al cervello. Il fiato si spezza. Le gambe si sciolgono. Inizia la sfida. Arrivo a otto e mezzo. Finisco l'allenamento con nove chilometri l'ora negli ultimi tre minuti.

Quando scendo dal tapis roulant ho il viso congestionato e il corpo inondato da una cascata caldissima di sudore. Un piacere insolito e delizioso. Una sensazione irripetibile. E da lì ho deciso che quella tecnica avrebbe fatto parte del mio allenamento sportivo.

Dal tapis roulant alla strada ci ho messo poco. Mi sono detta che all'aperto avrei respirato meglio, che avrei aggredito meglio il terreno, che potevo azzannare l'asfalto con più grinta che un noioso nastro di gomma nero. Due giorni dopo ero alla ricerca di un pezzetto di strada tranquillo che poteva diventare la mia pista di allenamento.

Quando corro, non so è come avere un centro in me che mi posiziona nel mondo. Sento tutte le vibrazioni nell'aria, mi vengono idee meravigliose, sono infilata esattamente nell'universo e da lì guardo e capisco. Medito e vedo aspetti insoliti e misteriosamente nascosti in cose che, fino ad un attimoo prima, mi erano apparse banali o irrisolvibili.

Questa è la corsa, sentire il flusso potente dell'aria che entra ed esce e pulisce dai residui, come il getto potente dell'acqua che rimuove la stagnazione.
Adesso, alla prossima.

Marco De Pasqualis


Monica Maggi (foto di Patrizia De Castro)

Monica Maggi (foto di Patrizia De Castro)

Gara: La Corsa dei Santi (01/11/2008)

SCHEDA GARA



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