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Una Giornata Uggiosa.
di Ettore Golvelli, 02/02/2011

Ettore Golvelli

Ettore Golvelli

Arrivando a Nepi domenica mattina per la Corsa dei tre Comuni, ho avuto la netta sensazione di essermi compenetrato appieno nella famosa canzone di Lucio Battisti quando cantava "Ma che colore ha una giornata uggiosa, ma che sapore ha una vita non spesa".

È vero, la pioggia insistente della mattinata e i neri nuvoloni che dal Tirreno minacciavano ancora le verdi vallate della Tuscia, non promettevano niente di buono. 

L'uggia che ti penetrava nelle ossa aveva un odore misto di cerro e corbezzolo e il colore delle praterie circostanti la valle del Treja assomigliavano parecchio alla grigia nebbiolina che sale in modo naturale nella campagne della Pianura Padana.

Ma il mitico Lucio nella sua canzone recitava anche "Sogno di abbracciare un amico vero che non voglia vendicarsi  su di me di un suo momento amaro. E sogno gente giusta che rifiuti d'esser preda di facili entusiasmi e ideologia alla moda". 

BINGO!!!!!  È vero. Uno dei momenti più belli dei nostri allegri ritrovi è il rivedere le persone con cui hai condiviso i sacrifici e le sofferenze di tante corse podistiche, gente con cui confronti i tuoi risultati e le tue sensazioni. Amici a cui confidare le tue sconfitte e soprattutto le tue debolezze. Ma soprattutto gente giusta che rifiuta i facili risultati se non sono frutto di duri e sacrificanti allenamenti.

Ecco, questa è la sensazione che provo ogni volta che rivedo gli amici della Podistica Solidarietà: pacche sulle spalle, i sorrisi solari della famiglia Rossini, Marco che ci racconta la sua bella storia del doppio cognome, i complimenti per gli articoli, i sinceri"come stai", ecc.

Sensazioni estremamente positive rafforzate anche dalla soddisfazione nel sapere di aver contribuito, anche se in minima parte, anche al premio in denaro che sarà devoluto ai 3 pozzi per l'acqua del Malawi. 

Veniamo alla corsa. Nepi è una cittadina  fantastica dal punto di vista storico-culturale e mi ero riproposto di visitarla dopo l'arrivo della corsa, ma adesso  l'unico problema che affliggeva me ed il mio compagno di merende (Gianni Babbo Natale)  era se coprirci adeguatamente con mantellina prima della partenza.

Ci siamo persi la foto di gruppo per questo dubbio amletico. Comunque prevale la saggezza dell'uomo con la barba bianca e si parte senza. La saggezza vince sempre perché la pioggerellina che ci affiggeva nel preriscaldamento finalmente va via e i circa 2000 podisti partono per l'ennesima sfida contro se stessi e gli altri.

Alla partenza avverto subito la sensazione che deve essere una corsa importante per i podisti. Non c'è il solito chiacchiericcio allegro delle altre corse e guardando i loro visi ed i loro gesti si nota una fortissima concentrazione.

Siamo in piena prateria Tuscese e la nebbiolina che sorgeva copiosa dai terreni da poco arati comincia a svanire e l'orizzonte della campagna Falisca tra Nepi e Civita Castellana comincia a diventare nitido. Si intravedono le sagome delle prime montagne. Quella che vedo alla mia destra è Monte Soratte, un altura mediterranea con i suoi cerri secolari. Poco lontano, al di là del Soratte, passa il Tevere nel punto più lento del suo percorso, dove s'impigrisce, diventa quasi una palude, e diventa un ambiente eccezionale dal punto di vista  naturalistico alla cui creazione, una volta tanto, ha contribuito l'uomo.

Più sotto, ma in lontananza, si vede a malappena il superbo scorcio panoramico di Calcata che sul suo sperone di tufo è un gioiello di urbanistica feudale. Le case sembrano davvero nascere dalla roccia che s'innalza isolata in forma di tamburo circolare, traforato qua e la da antiche abitazioni. È palpabile l'ardimento e l'abilità degli uomini che sono riusciti a costruire  in cima allo strapiombo con tecniche  lontanissime dalle nostre.

Un altro centro molto bello è Mazzano, un borgo medioevale che si riflette sulle acque del Treja. Mentre Calcata ostenta subito il suo singolare profilo, Mazzano Romano ci da il gusto della scoperta: è nascosto nel verde e strapiomba su uno dei burroni che il fiume ha scavato nel territorio. Mazzano è antichissimo e sembra che in epoca romana sia stata una colonia penitenziaria. 

La corsa continua e finalmente si scende verso Civita Castellana, la citta della ceramica, e subito dopo, con una discesa molto ripida, in una valle tufacea: un ambiente molto umido  con una fitta vegetazione di carpini, cerri, lecci, corbezzoli e ginestre soprattutto nelle gole tufacee. Qui non sono stati alterati in nessun modo i tufi vulcanici, modellati dall'erosione dell'acqua che hanno dato luogo alle profonde gole e pareti verticali chiamate "forre". Forse in nessun altro angolo del Lazio, Medioevo e Natura si sono cosi inestricabilmente intrecciati, condizionandosi e plasmandosi reciprocamente.

Adesso si sale per la strada che porta a Castel S. Elia dove ci attende la parte più dura della corsa. Insomma quasi 9 km. di salita a volte dura e a volte più abbordabile. Dimenticavo: poco lontano da questa strada ci sono i tufi di Treja, teste scolpite di personaggi mitologici molto simili ai Moai, le statue di pietra  presenti sull'isola di Pasqua ma di dimensioni più piccole.

La salita è stata massacrante per la mia precaria forma fisica e non so cosa avrei dato per un sorso d'acqua. Un podista, forse un veggente, mentre mi superava mi ha allungato una bottiglietta del suo liquido prezioso. Grazie amico sconosciuto, per l'acqua e per l'accostamento storico del noto campione ciclistico: sono onorato ma non lo meritavo.

Si arriva finalmente a Nepi e la sofferenza di questa interminabile corsa finisce. Rimane la grandissima soddisfazione di essere stato presente in  una bella giornata di sport e  cultura ma soprattutto di averla passata con il mio fratello preferito e gli amici della Podistica Solidarietà.

Buoni kilometri a tutti.

 
Ettore


Giovanni Golvelli

Giovanni Golvelli

Gara: Maratonina dei Tre Comuni (30/01/2011)

SCHEDA GARA



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