Cari amici solidali, a Firenze si è toccato il fondo, mi dispiace dirvi certe cose, ma, le debbo dire.

Voi sapete che io non faccio polemiche per partito preso, ma, quello che è successo ha dell'inverosimile. Sono d'accordo sul tempo massimo, ma bisogna anche pensare che la Maratona non la corrono solo i Kenioti, in mezzo a loro ci sono migliaia di persone che affrontano quell'avventura per il solo gusto di provare a sfidare se stessi.
La mia lotta personale in favore degli ultimi si è infranta su questo muro: il tempo massimo. Quando è stato dato il via, gli ultimi erano distanti dall'arco della partenza a circa 600 m e per fare quei benedetti metri ci abbiamo impiegato 7 minuti, così, mentre i primi stavano al secondo chilometro noi cominciavamo la nostra avventura.

Ero partito con Giovanni Cossu per cercare di farlo arrivare nelle sei ore, per cui tenevamo un ritmo abbastanza cadenzato per cercare di non sprecare energie preziose. Il ritmo a me sembrava abbastanza buono per arrivare nelle sei ore, ma per il fine corsa questo non bastava.

I nostri chip hanno funzionato fino al 15° km, da lì in poi mi sono accorto che qualcosa non quadrava, chi doveva controllare il percorso era sparito, lasciandoci tutti e due al buio completo.

Non c'era un cane che ti indicasse il percorso, ed io dovevo urlare per farmi sentire, e cercare di capire quale strada prendere, dovevamo seguire una lunga linea verde, ma nel centro storico questa linea s'interrompeva per cui era difficile individuare la via da mantenere.

Questo è nulla rispetto a quello che è successo dopo. Stavamo passando al passaggio della Mezza Maratona, quando memore di quello che mi era capitato lo scorso anno ho fatto una battuta: "Sentiamo questo bip". L'addetto al rilevamento mi ha risposto: "Il rilevatore è spento perché siete fuori tempo massimo"; ne è uscita fuori una discussione che non finiva mai, perché col mio cronometro stavamo passando di lì in circa 3 ore e 1 minuto, mentre il cronometro ufficiale ne indicava 3 e 8.

Io e Giovanni abbiamo continuato lo stesso, ma, una rabbia improvvisa si impossessava di me. Mi sentivo impotente di fronte a quello che per me era un soppruso. Fare una gara con il rischio d'incidenti, di non trovare i ristori, di sentirsi male e non avere l'assistenza adeguata.

Come sempre, i primi con i guanti, gli ultimi a pesci in faccia. Con la rabbia in corpo stacco Giovanni e comincio a macinare km su km senza badare alle mie energie, ero talmente incavolato che avrei voluto spaccare il mondo. Passavo per strade deserte, senza che nessuno ti incitasse, passavo per i vari ristori che stavano chiudendo i battenti, sono passato in mezzo un mare di macchine.

Tutto questo avrebbe ammazzato un toro, ma, non me, io sono più testardo di loro, non mi piego. Sono andato avanti nonostante tutto, senza vergognarmi di essere ultimo, o fra gli ultimi. Ho percorso gli ultimi km con la dignità che solo noi ultimi possiamo avere. Poi passando per il 40° km la sorpresa più grande è stata che il rilevatore dei chip funzionava, ho pensato tra me "Sono resuscitato".

All'arrivo sono arrivato con un tempo di 6 ore e 12 minuti, meno 7 minuti, 6 ore e 05. Ricordiamoci che gli ultimi prima o poi si stancheranno di questo stato di cose, e io dico che se anche dovessi smettere di marciare, non smetterò mai di lottare in loro favore.

Con questo vi saluto scusandomi con voi il vostro ultimo marciatore Romano