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il Sogno di Marco
di Sandro Pecatelli, 06/03/2010

Francesco Valerio (foto di Patrizia De Castro)

Francesco Valerio (foto di Patrizia De Castro)

Quel dì Marco si svegliava con l’immagine di una distesa azzurra. La sveglia ha suonato prima dell’alba. Qualcuno l’aveva fissata per le 5:10. Era quello (l’orario) di tutti i giorni. Era lo squillo del dovere ma, quella mattina, era domenica e non avrebbe dovuto suonare.

Marco si alzava un po’ intontito, assonnato, e la vista della distesa azzurra non si dileguava. Lentamente provvedeva alle cure mattutine e poi alla colazione ma prendeva solo un caffè. Avrebbe gradito altro ma non lo ha fatto.

Realizzava che la distesa era il mare. “Ah sì, il mare, la meta dei miei desideri”, confutava tra se. Ogni giorno pensava: al ‘mare’. Era l’unico luogo dove trovava un po’ di vera pace, era l’unico luogo dove la serenità si permetteva di sostare, era l’unico luogo dove la sua mente si svuotava del tutto. Lì poteva fermarsi, sedersi sulla sabbia, su uno scoglio, e non pensare a nulla. Lì non c’erano orari, non c’erano formalità da rispettare. Lì non serviva niente e, nella stagione calda, se non fosse per il rispetto della sensibilità del prossimo e per il pudore, non serviva neanche vestirsi.

Ancora sotto le lusinghe di Morfeo Marco si vestiva, prendeva il borsone, scendeva (senza cadere) le scale, saliva in macchina, procedeva per un paio di chilometri e parcheggiava nei pressi del Sepolcro dei Plauzi. Scendeva dal mezzo e si metteva ad aspettare. Voleva quasi prendersi un altro caffè ma un pullman si fermava per farlo salire, come se fosse arrivato proprio per lui. Era quasi pieno.

Uomini e donne, giovani e meno giovani, assonnati e svegli, allegri e pensierosi. Aleggiava un’aria spassosa e di festa ma si poteva percepire anche ansia e attese!
Il grosso mezzo passava tra file di palazzi, tanti palazzi. Attraversava paesini e quartieri per giungere nella grande città, divincolarsi tra secoli di storia ed arrivare in un ampio parcheggio dove sovrastava una struttura in cemento, con l’estremità a sfiorare il cielo. Vista da lontano poteva dare l’idea di un ‘ fungo ’ a giganteggiare tra alberi e abitazioni.

L’alba era passata da poco, una parte del giorno apparteneva al passato, una parte era ancora in divenire. Marco scendeva dal grosso pullman, borsone in mano, si guardava intorno, disorientato, seguiva il flusso, speranzoso di non tradire emozioni.

Quanta gente, tanta, tantissima che ancora non c’era ma sarebbe arrivata, eccome! Quanti colori, quante foto, quante insegne. Da lì a poco sarebbero arrivati i suoni, molti piacevoli e alcuni meno.
Ormai Morfeo aveva deciso di abbandonare Marco eppure l’immagine della lunga distesa blu non lo lasciava. Si concedeva in simpatiche attività (foto di gruppo, cordone di presidio). Nel frattempo, lui tanto introverso, scambiava qualche parola. Quasi, quasi socializzava.

All’improvviso uno sparo e Marco correva. Non da solo, però. Tanti pantaloncini avanti a lui, tanti dietro a lui e tanti a fianco. Correva per uno, due, tre metri che sarebbero diventati chilometri. Anzi, per la precisione 21,097.

I passi, più o meno armoniosi, avrebbero condotti quei pantaloncini per una via lunga e larga, tra leggeri saliscendi, tanta fatica ma anche sorrisi e gesti (saluti) allegri. A un certo punto una Banda musicale, tra un ristoro e l’altro, avrebbe intonato una marcia trionfale. Quei pantaloncini l’avrebbero sentita e avrebbero corso di più, inebriati dal ritmo. Ai bordi della strada ci sarebbero stati bambini, giovani, anziani ad applaudire e incitare mentre gli addetti alla sicurezza avrebbero impedito a macchine e passanti di disturbare quel lungo serpentone di corridori.

I chilometri sarebbero passati leggeri fino a che, a Marco, non sarebbe apparso il Mare. Poi si sarebbero fermati. E così è stato.
Non era l’immagine serena e azzurra che l’aveva accompagnato dal risveglio ma era lui: bello maestoso e regale.

Marco sentiva una stretta alla gola, gli occhi si inumidivano, anche il cuore avvertiva un brivido, si stavano fermando le gambe. Era la commozione, si proprio lei. E non ci voleva in quel momento ma nessuno comanda le emozioni!

Rare volte aveva provato sensazioni forti, anche per una scelta di vita. Aveva innanzi il quadro dei suoi sogni. Il sentimento lo attirava verso quelle acque che rabbrividivano di schiuma bianca. Marco non vedeva più la strada, proseguiva dritto e per poco non si urtava con un altro podista. Ciò lo richiamava alla realtà e solo allora ricordava che il suo dovere era di seguire la ‘via tratteggiata’ anche se questa sembrava allontanarlo dalla meta.

La stretta alla gola veniva superata e le gambe giravano nuovamente in armonia. Non percepiva, stranamente, neanche la fatica che in alcuni tratti si era paventata per dirgli di correre adagio e di non avere fretta perché non aveva senso sfinirsi!
Intanto, la strada si animava di gente, sempre più gente, ai bordi ad applaudire e motivare. Un paio di volte si è sentito chiamare per nome (trasmette una bella sensazione e invita a dare di più). Aumentavano anche i podisti e una strada che era larga sembrava rimpiccolirsi. Ancora più stretta sarebbe diventata appena superata la boa (in fondo si era al mare!). Tanti, tutti, avrebbero cercato riparo ai dispetti di Eolo.

Pochi metri ancora e sarebbe finita. Anzi, è finita. Marco era arrivato al ‘mare’. La lunga, bella nonché faticosa passeggiata, iniziata la mattina da quel peculiare ‘fungo’, era finita.


La mattina seguente la sveglia squillava alle 05:10. Marco apriva gli occhi. Era lunedì, non c’era alcun dubbio, e i doveri lo attendevano. Neanche accusasse un malanno per chiuderli di nuovo e dormire!
Preparava il caffè, poteva aggiungerci anche il latte, mentre gli occhi cadevano su una sedia dove poggiava una canotta Orange, con quattro spille che reggevano un pettorale 72__.
Ora, sì, che ricordava ma era perplesso. Non riusciva a realizzare se lo avesse realmente, e piacevolmente, vissuto o era stato un SOGNO.

01/03/10 Sandro

P.S. Questa è stata la mia Roma – Ostia. Un bellissimo SOGNO, i cui benefici, dureranno un po’. La Podistica Solidarietà, ho letto sul sito, è stata grande (2° posto). Sul pullman, Pino ci aveva detto forse 4° o 5° ma poi che bella sorpresa.

Tornavo a casa anche pensando al dramma di una grande promessa siciliana, Salvatore Antibo. Me ne aveva parlato una nuova iscritta Orange.
Proprio incomprensibile la vita perché io, con modesti risultati, posso coltivare la mia passione mentre l’atleta siciliano, con grandi doti e ottimi risultati conseguiti, è stato derubato dalla sua passione e non solo di questa…

vedere: http://it.wikipedia.org/wiki/salvatore_antibo


Il pulman che ha preso 'Marco' (foto di Giuseppe Coccia)

Il pulman che ha preso 'Marco' (foto di Giuseppe Coccia)

Gara: Roma Ostia Half Marathon (28/02/2010)

SCHEDA GARA



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