Correre nella storia, nell'arte e ... nell'immondizia di Ettore Golvelli, 10/07/2015
Quando parliamo di tutela ambientale, e anche della salute dei cittadini, a volte non ci rendiamo conto di come in Italia vi siano dei luoghi che giacciono nel più completo abbandono, lasciati al degrado di cui sono vittima.
Un caso eclatante di tale incuria è nel territorio tra Napoli e Caserta, dove si sta consumando, nel più assordante dei silenzi, una catastrofe ambientale senza pari: lo smaltimento criminale dei rifiuti per mezzo del fuoco.
Sto parlando della Terra dei Fuochi, dell'inferno di Gomorra. Una terra distrutta, inquinata, avvelenata, costretta a risucchiare rifiuti per anni e anni dalla criminalità organizzata con la complicità di politici, imprenditori, cittadini e istituzioni che avrebbero dovuto controllare, monitorare, proteggere e garantire la salute pubblica.
La cosiddetta "terra dei fuochi" comprende un area molto vasta tra le provincie di Napoli e Caserta e purtroppo comprende tantissimi comuni dove la criminalità organizzata gestisce e smaltisce illegalmente rifiuti speciali provenienti da tutta Italia e forse anche dall'Europa.
E oggi, insieme al mio inseparabile fratello, mi ritrovo proprio a correre su questa terra infelice, lungo sentieri dove, nonostante il degrado ambientale, sono ancora evidenti le testimonianze di antichi luoghi di culto che ci permettono di ripercorrere le varie tappe della storia. Qui, sotto la splendida montagna, che dovremo scalare, vi si accamparono tutti gli eserciti che mossero alla conquista della regione: i Sanniti che sconfissero i Campani, Annibale vi si accampo e preparo' la battaglia contro i Romani sconfiggendo il Console Gaio Norbano e i partigiani di Silla.
La montagna è Monte Tifata e il paesino che ci ospita è S. Angelo in Formis, una frazione di Capua, adagiato dolcemente tra le falde del Monte e collocata alla stessa distanza da Santa Maria Capua Vetere e Capua stessa, due città "incriminate" che in tempi diversi e per diversi motivi ne hanno profondamente segnato la storia. Capua per i suoi gladiatori, Spartaco, il generale Annibale, il nobile condottiero Ettore Fieramosca. Santa Maria invece per le note vicende attinenti la camorra, la spazzatura ed il degrado ambientale. E va beh, pazienza. Io e mio fratello siamo qua' solo per correre.
La partenza è adiacente al Cimitero Garibaldino che ospita i caduti garibaldini dell'assedio di Capua nel 1860 e dalla battaglia del Volturno. Fu costruito per inumare le spoglie dei caduti sotto la guida del Generale Garibaldi, tra i quali il più giovane dei volontari, il diciassettenne Lamberto Lamberti. Oggi è solamente un luogo dimenticato da Dio, sperduto, nell'incuria totale degli abitanti del posto.
Si parte e dopo aver attraversato polverose e malandate strade, contornate a volte di cumuli d'immondizia, si comincia a salire verso la cima del monte, sempre a portata di vista.
Attraversando le brulle pietraie che si affacciano sul versante della Piana del Volturno, mi soffermo a guardare la parete quasi verticale a strapiombo che sovrasta gran parte della salita. Dal lato della montagna si alza una leggera brezza montana intrisa di un forte aroma proveniente dalla bassa vegetazione circostante, costituita essenzialmente da bassi cespugli di salvia, erica e soprattutto mirto: è incredibile come la natura riesce a colonizzare anche gli ambienti più impervi e inospitali.
Mi fermo, e come faccio con tutte le altre montagne, me le guardo dal basso in alto ... questa non mi piace! Ha un brutto aspetto, truce, torva. Il suo profilo è piramidale e il sentiero che porta alla cima passa per la parte più difficile dell'altura, perché corre a mezza costa sul fianco della montagna, un "single track" elevato di dislivello e molto stretto. È il momento peggiore, il più duro del percorso.
La brezza serale adesso è diventato un freddo e fastidioso vento che raffredda rapidamente le copiose gocce di sudore derivanti dallo sforzo della ripidissima salita.
Gli ultimi metri sono un autentica sofferenza, almeno per me, e superando caminetti di rocce, sassi da scavalcare, appigli da tenere, mi ritrovo finalmente in cima sotto un enorme cartellone metallico abbandonato che troneggia sulla valle.
In una posizione suggestiva, appartata dalla cima, i ruderi di un eremo di cui rimangono solo le pareti della chiesetta e delle cisterne.
Sbuffi di vento mi temperano la fatica di arrivare quassù e mi attenua in parte la vertigine che si prova arrivando di colpo in un aerea posizione. Straordinario il panorama che si ammira qui sulla vetta, la Cima dei Lupi. Ben visibile è la presenza di una croce imponente, maestosa e solitaria su di un cocuzzolo mentre domina la piana dove le luci del primo crepuscolo fanno apparire le città dei piccoli ed incantati presepi. Un ampia veduta su tutta la piana casertana e li, in fondo, il Mar Tirreno. Aiutati anche dal venticello in quota che pulisce l'aria si riesce a scorgere perfino Ischia con la sua inconfondibile "siluette". A sinistra l'inconfondibile sagoma del Monte Somma e, sui suoi cognoli più alti, la vetta del leopardiano "Sterminator Vesevo". Adesso lo sguardo comincia a spaziare verso Est e lo sguardo cade subito sulla città di Caserta e tutto il suo agglomerato urbano. Su tutti gli edifici spicca maestosa la Reggia di Caserta o Palazzo Reale, dimora storica appartenuta alla casa reale dei Borbone di Napoli, la più grande residenza reale del mondo, anche per i suoi enormi e splendidi giardini (italiano e inglese).
Più in là la Real Seteria di S. Leucio, la splendida creatura del re "sognatore" Ferdinando IV. A Nord invece, in lontananza, le mie amate montagne del Matese, con il "principe" Miletto e la sua vicina Gallinola, che si affacciano entrambi sulle luccicanti acque del lago del Matese.
Sotto, la verdeggiante Piana del Volturno, con il fiume che serpeggia nel verde opaco della luce della sera. Il "ponte di Annibale" che attraversa il fiume nel tratto più stretto: Annibale lo utilizzò con il suo esercito cartaginese per conquistare Capua durante la seconda guerra Punica.
Adesso si scende, il sentiero si fa stretto ed incassato, con ampi affioramenti e saltelli rocciosi: un sentiero pericoloso, dominato da rocce friabili e tantissima polvere.
Dopo aver attraversato il bosco di S. Vito, cornice naturale del Tifata con flora tipica della macchia mediterranea, e la cava che deturpa il monte al suo cuore, finalmente arriviamo alla basilica benedettina per la quale S.Angelo in Formis è diventata famosa, perché è tra le più significative espressioni di architettura romanica del Centro-Sud.
La chiesa domina incontrastata la valle sottostante su di un panorama mozzafiato, tra colline e verdi vallate: una chiesa ricca di storia e pregna di fascino medioevale.
Seppur di piccole dimensioni la storica chiesa è una vera e propria perla che porta con se le testimonianze più significative del passaggio dei secoli, sia dal punto di vista religioso sia dal punto di vista artistico.
La bellezza di questa piccola chiesa si concretizza nel meraviglioso ciclo di affreschi e nell'architettura del portico, anch'esso affrescato, che come per magia fa viaggiare nel passato. Oggi questa chiesa è meta prediletta per molte coppie di sposi che vogliono suggellare il loro sacro giuramento in un atmosfera intima, accogliente e colma di fascino del passato, descritto in ogni piccola pennellata, da ogni singola colonna, in ogni singola finestra ogivale.
Insomma un tuffo emozionante nel Medioevo viaggiando con l'arte. In questa piccola basilica Carlo Ancellotti (grandissimo calciatore della Nazionale e bravo allenatore) ha accompagnato la figlia Katia sull'altare per pronunciare il fatidico "si" con il nutrizionista mondragonese Mino Fulco.
Lasciata la basilica mi attende una lunga discesa che mi porta fino al traguardo finale di una corsa comunque bella ed interessante.
Una considerazione finale ... S. Angelo in Formis conserva della ricchezze storiche ed architettoniche di non poca rilevanza ma che purtroppo siamo abituati, il più delle volte, a riporre nel dimenticatoio.
Il Cimitero Garibaldino mi fa riflettere sullo scoraggiante stato di degrado in cui attualmente versa questo monumento: un mausoleo immenso tra case moderne, con all'interno delle alte palme e un cancello sempre chiuso al pubblico (e a me che volevo visitarlo). Eppure questo luogo dovrebbe farci riflettere sulle valorose gesta e sacrifici di coloro che offrirono la propria vita per un Italia unita e indivisibile.
Questo posto dovrebbe rappresentare una tappa obbligatoria per molti turisti nonché abitanti del luogo che abbiano un minimo di interesse per la storia di Capua, della Campania e del nostro stesso Paese.
Non dimentichiamo che la storia dei piccoli paesini è la storia della nostra intera nazione. Diamo una rivincita alla storia, al passato e a queste terre che hanno assistito ad eventi che, brutti o belli che siano, hanno tutto il diritto di restare vivi nella nostra memoria e in quella delle future generazioni, per fa si che, sulla consapevolezza del passato, sia costruito il futuro di tutti noi.
|
Ettore Golvelli Gara: Trail del Monte Tifata (27/06/2015) SCHEDA GARA |