Venezia, una maratona più unica delle altre! di Roberto Mengoni, 30/10/2010
Il Vincitore Mukun Simon Kamama Cosa rende unica una corsa a piedi? Il nome di Venezia, capace da solo di suscitare immagini emozionanti. L’organizzazione che non sbaglia una mossa. La folla per le strade, i ponti sui canali, il freddo della partenza e l’acqua alta che ha impedito a noi tapascioni oltre i 5 minuti al chilometro (i primi ci sono passati eccome) di transitare per Piazza San Marco.
Partenza e arrivo. Si parte da Villa Pisani, il labirinto di Strà, teatro di giochi patrizi e di tresche settecentesche. Si arriva, sospesi sull’acqua, sulla Riva dei sette martiri, davanti al canale della Giudecca. Dal labirinto al martirio. Due immagini simboliche per il percorso della maratona in una città speciale.
Villa Pisani
A Strà siamo più di 6000 (arriveremo in 6257, il primo è Mukun Simon Kamama, keniota, in 2.09’35”, l’ultima è una signora francese di nome Rosaline in 6.36’04”).
La dolcezza della campagna veneta, la bellezza delle anse del Brenta, anche l’aria grigia del primo mattino, molto padana, per noi romani abituati al sole anche a novembre, danno la sensazione di un evento più raccolto, a misura d'uomo. Siamo in una delle manifestazioni più seguite del calendario italiano, eppure c’è un’atmosfera da strapaesana.
Sensazione che si rinforza mentre il serpente degli atleti si snoda lungo la strada che attraversa i paesi di Dolo, Fossò, Mira, Malcontenta.
Immaginate l’entusiasmo della gente che si è alzata presto la domenica per mettersi ai lati delle strade a guardarci. E mica sta a guardarci annoiata da dietro il volante del SUV in attesa di schiantarsi in un centro commerciale. No. Lungo il percorso c’è una folla incredibile: famiglie intere, donne, ragazzi, bambini che ci danno il cinque, bande rock che ci danno una bella strigilata di energia acustica. Perfino Mestre l’industriale e chimica accoglie la corsa con calore. In alcuni momenti in cui la strada si fa stretta e la gente ci è ancora più vicina, sembra di vivere in una di quelle epiche tappe di montagna del Giro d'Italia.
Alla fine di Mestre, il grande parco di San Giuliano. Un’immensa area per lo sport. Che invidia. Manco una cartaccia in giro, sembra la Svizzera. San Giuliano è il trampolino per l’ultima tappa, quella più temuta. Anzi, le ultime due tappe. La prima è il ponte della libertà, la piattaforma di 4 chilometri che collega Venezia alla costa. La città è solo un’ombra più scura sul cielo grigiastro. Si percepisce la distanza di Venezia dalla terraferma, la sua natura di evanescente sogno. Basta un po’ di nebbia e Venezia scompare. Immaginarsi cosa pensarono i primi veneziani nel V secolo: dietro i barbari, davanti una laguna infida.
Il Parco San Giuliano
L’ultima vera tappa è quando si perde ogni traccia di modernità, di cemento e di asfalto e si entra a Venezia, forse l’unica città al mondo senza automobili. La città ideale dei maratoneti. Ma noi la temiamo, perché sappiamo che negli ultimi chilometri non c'è solo il “muro” ad attenderci, ma anche quattordici ponti. Fichissimi, bellissimi, affascinanti ma per passeggiarci man mano con la ragazza, mica per correrci su e giù con i crampi.
Corriamo accanto all’acqua del Canale della Giudecca. Il mare è nervoso, gli spruzzi ci raggiungono, in alcuni punti il selciato è inondato. Ci sono dei punti strettissimi: pietra a sinistra, mare a destra. Siamo le gondole dell’atletica. Dondolanti e doloranti, romantici a modo nostro. Nessuno ci chiederà di cantare una serenata. Sarebbe il canto catabolitico dei muscoli che si dissolvono diventando pietra.
Francesco Guardi - Venezia, Canale della Giudecca con la Chiesa dei Gesuiti
Eppure, vorrei spiegare cosa si prova a vedere il ponte di barche che passa sul Canal Grande, intorno al quarantesimo chilometro. Sono trenta secondi che valgono i 600 chilometri in auto da Roma, i soldi spesi, l’alzataccia alle sei mattina, il freddo alla partenza. Siamo dei privilegiati. Noi corridori vediamo una Venezia che neppure i turisti più ricchi possono immaginarsi. Non c’è Hotel Cipriani che tenga.
Il Canal Grande
Si prosegue oltre verso Piazza San Marco, il Palazzo Ducale, il Ponte dei Sospiri. Sono istanti in cui si viaggia sospesi. Ogni ponte diventa un modo per lanciarsi oltre. Si va gomito a gomito, si spinge con le ultime forze. Si passa in mezzo a folle di turisti e veneziani. Non si può mollare proprio adesso, in mezzo a questo entusiasmo. Ci gridano bravi anche se siamo solo pallidi simulcari degli dei della corsa che passarono qui secoli fa. E infine, man mano, arriviamo alla fine, tutti e nove i corridori in arancione, chi prima e chi dopo. Nessuno ha ceduto.
Piazza San Marco
Questo è stato Venezia. Ogni corsa è unica, ma questa maratona è più unica delle altre.
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Roberto Mengoni
Roberto Mengoni - Maratona a Staffetta 2010 Gara: Maratona di Venezia (24/10/2010) SCHEDA GARA |