La mezza di Lisbona: O Rei do Bacalhau! di Redazione Podistica, 08/11/2022
Quando finalmente abbiamo ordinato una porzione abbondante di baccalà, dopo aver tracannato senza troppi scrupoli qualche bicchiere di sangria, avevamo tutti la sensazione di essercelo meritato!
Diciamo la verità, uno degli obbiettivi dei runner più o meno amatoriali come noi, è quello di goderci una buona mangiata tra amici, un vino di qualità, chiacchiere, risate e un occhio, perché no, alle classifiche con i tempi aggiornati, così, per dare un senso a quelle cene così inusuali.
E’ domenica 9 ottobre, è sera, nella vicina placa do Comércio smontano il palco, tolgono le transenne, il monumentale Arco da Rua Augusta si riprende il possesso degli spazi, davanti a lui l’acqua limacciosa della foce del Tago scorre lenta, appena rischiarata da una pallida luna.
Lisbona riprende la vita di sempre, con i suoi tram a cremagliera che si inerpicano tra viottoli stretti, con i suoi tavolini all’aperto, con quell’aria da città di frontiera, mezza Europa e mezzo Brasile, tra maioliche e sardine, profumi speziati quasi da suq, qui l'Africa è vicina, e metropolitane ordinate da capitale nordica.
E’ sera, la vita riprende pigra e un po’ indolente, di quella giornata frenetica, colorata da magliette sgargianti e popolata da una babele di lingue, ci sono tanti italiani, ma anche inglesi, spagnoli e francesi, ci sono ragazze bionde avvolte nel giallo e azzurro dell’Ucraina e idiomi incomprensibili di qualche paese dell’Est, rimane solo qualche cartaccia appallottolata che rotola, spinta dal vento dell’Atlantico, refolo di un Aliseo che ha sbagliato strada, forse.
E’ domenica, è il 9 ottobre e questa serata è per noi!
Non ce la toglie nessuno!
Ebbene si, ci risiamo, questa volta abbiamo scelto Lisbona, la nostra scorribanda europea ci ha portato a calpestare il suolo portoghese.
Solita banda di corridori un po’ attempati, affetti da un’inguaribile sindrome di Peter Pan, che, a dispetto di essere finiti quasi tutti in categoria M55, ha ancora voglia di correre, della serie, il divano può attendere.
Al gruppo capitanato dal nostro glorioso Claudio Panci, un po’ di sana ruffianaggine non guasta mai, quest’anno si è aggiunto Alessandro, detto Ale, non è che ci siamo tanto sforzati per il soprannome.
Lui è il più tecnico di tutti, ha le sue tabelle di allenamento che segue come un oracolo, tempi e distanze non si discutono, noi tutti siamo, come dire, più creativi, poi, però, i risultati si vedono.
Obbiettivo, mezza maratona di Lisbona, è tutta l’estate che sputiamo sudore per arrivare più o meno pronti e allenati all’appuntamento con quei 21,095 km ai confini d’Europa.
Ed eccoci finalmente, sei deficienti in libera uscita, abbiamo lasciato a casa impegni di lavoro e beghe familiari, messo nello zaino le scarpe, la canottiera arancione e lo spazzolino, non abbiamo bisogno di altro, e via! Unica informazione che riceveremo costantemente per tutta la durata della trasferta riguarda Arturo, il cane di Andrea, le sue deiezioni sono state per tutti noi fonte costante di preoccupazione.
Andrea, dobbiamo ammetterlo, ci ha sempre rassicurati raccontandoci, con dovizia di particolari, dove, come e quando Arturo espletasse i suoi bisogni.
Potete facilmente comprendere il livello demenziale delle conversazioni, mettete sei uomini insieme ed, eliminati i primi due argomenti di discussione, calcio e donne, il terzo è inevitabilmente m…da!
Vabbè, non pensate male, noi lo facciamo solo per esorcizzare la paura e la tensione della gara, un po’ come fanno gli attori prima della prima, quando il sipario è ancora chiuso, si urla tutti insieme e si va in scena.
Ma veniamo ai fatti concreti, partenza sabato 8 da Roma, giornata trascorsa tra pretattica e turismo, il capitano Panci è stato travolto da un’onda anomala del Tago provocata da un traghetto di passaggio, si è cambiato i jeans zuppi in piazza, ovviamente immortalato da noi in mutande!
Ci dovremmo riposare ma siamo troppo eccitati ed euforici per farlo, così giriamo con il tram su e giù per Lisbona, la sera ci mangiamo un’orrida pizza e poi si fa il sorteggio dei letti.
L’appartamento che abbiamo affittato ha due letti matrimoniali e un divano-letto, io e il Cocc perdiamo malamente, la sorte ci è avversa, segue una terrificante notte sullo scomodo sofà, ma alle 6.30 del mattino, al suono assurdo della tromba-sveglia di Claudio, ma al capitano è permesso tutto, siamo già in piedi.
Colazione energetica e ipocalorica, tra caffè e fette biscottate con marmellata, poi Ale tira fuori la sua mitica razione K, quattro e dico quattro biscotti Osvego portati da Roma senza romperli, solo quattro solo per lui!
Lo abbiamo insultato in tutti i modi!
Ore 7.00 siamo pronti si va.
Appuntamento alla fermata della metro Oriente, tutti i partecipanti devono prendere un autobus messo a disposizione dall’organizzazione, saliamo, ci ammassiamo stipati come sardine, per rimanere in stile portoghese.
La partenza della gara è sul ponte Vasco De Gama ore 10.00, il ponte Vasco De Gama è il più lungo d’Europa, ben 12.3 Km, basterebbe solo lui per esaurire quasi la nostra corsa, ma lo start è più o meno al centro.
La giornata è bellissima, fa caldo, ma non troppo, c’è il sole, ma non troppo, praticamente perfetta.
Scesi dall’autobus ci intruppiamo con gli altri, atleti, corridori, partecipanti e gitanti di varia natura, tutti colorati, tutti sorridenti.
Adesso voglio soffermarmi un attimo su quei momenti di pregara, l’atmosfera è magica, carica di aspettative e speranze.
Nella prima ondata, cioè tra quelli che partiranno per primi, si respira la competizione vera, ci sono gli atleti, quelli forti, quelli extraterrestri capaci di correre per 21km a 3minuti al Km, non so come li definite voi, per me sono extraterrestri, poi, man mano che si va verso le retrovie l’aria cambia.
In testa si sente odore di canfora, i muscoli sono tesi e lucidi, poi si comincia ad intravedere qualche, chiamiamola così, rilassatezza dei muscoli addominali, le canottiere leggere lasciano il posto a magliette più accollate, l’atmosfera non è così tesa, si ride, si scherza, ci si siede un po’ dove capita e si parla delle gare passate, il tempo non è poi così importante, importante è esserci, far parte di quella massa brulicante e rumorosa che da lì a poco invaderà pacificamente le strade.
In coda al gruppo c’è ambiente scampagnata, ci manca solo la boccia di vino e i panini per il resto ci siamo.
Ognuno compie i suoi riti scaramantici e propiziatori, anche noi non possiamo mancare al nostro: “Per la podistica, Hip, Hip!”, “Urrà!”, “Hip, Hip!”, “Urrà!”, “Hip, Hip!”, “Urrà!”
Lo urliamo forte al cielo, all’acqua torbida del fiume, ci devono sentire fino a Roma!
Le nostre voci si sovrappongono e si disperdono nel brusio generale, il ponte è gremito di persone, ci guardano tutti, perfetti sconosciuti ci incitano, è questo che ci piace, non ci sono avversari, neanche le ore i minuti e i secondi lo sono realmente, se c’è un avversario sta solo dentro ognuno di noi, alziamo la campanella, dice Claudio, spostiamo il limite un po’ più in là, non troppo ovviamente, ma quanto basta per poter dire: “Ce l’ho messa tutta!”
Così ognuno fa i conti con se stesso, con le gambe e con la testa, c’è un unico grande obbiettivo posto a 21 Km di distanza, circa e non mi riferisco a quegli ultimi infiniti 95 metri ma alla distanza realmente percorsa, il mio orologio, alla fine, segnava 21.400 Km altri sono arrivati fino a 700 m in più, maledette curve!
Questa volta abbiamo studiato da professionisti il percorso: si parte in leggera salita per 5 km circa si segue il ponte, poi giù, lasciamo volare le gambe per 2 km, il resto è tutto più o meno piano, qualche cavalcavia, ma niente di difficile, fino al drammatico 19esimo Km, salita, dura, implacabile, infinita, spacca-gambe, e potrei continuare con una sfilza di aggettivi di questo genere, chi corre lo sa bene cosa significa trovarsi davanti una salita al Km 19 quando le forze sono solo un lontano ricordo, però, quando si riesce a girare quel maledetto birillo c’è la salvifica discesa!
Giù di nuovo, a testa bassa, via si lasciano andare le gambe 20esimo e 21esimo, ultimo sforzo fino alla piazza do Comércio dove è previsto l’arrivo in simultanea con la maratona che viene da destra e noi che arriviamo da sinistra. Il colpo di pistola non lo sentiamo proprio, ma capiamo che i primi sono partiti perché il gruppo comincia lentamente a camminare verso lo start.
Sono pacche solle spalle e incitazioni di vario tipo, ma un unico pensiero ci accomuna: “O rei do bacalhau”, come va, va, alla fine ci troveremo a cena raccontandoci ogni passo, ogni momento di crisi, ogni sensazione della gara, e anche se ognuno correrà con il suo ritmo per fare il suo tempo, ci sentiamo gruppo più che mai, siamo i Forest Run, nome del cavolo dato al nostro gruppo di whatsapp, lo ha chiamato così Claudio e, come già detto, il capitano può fare ciò che vuole, soprattutto le cose più fesse!
Che poi gli riescono benissimo… ah ah ah!
Pochi passi ancora, cominciamo a corricchiare, poi mettiamo il piede sulla banda magnetica e via, si parte.
Il ponte è invaso completamente, le foto dall’alto della partenza pubblicate poi nel sito della manifestazione sono fantastiche.
Noi siamo lì, tanti tra tanti, migliaia di scarpe variopinte calpestano lo stesso suolo le mani si alzano in direzioni dell’elicottero che fa le riprese, uno sguardo all’orologio e via, adesso concentrati.
Ci perdiamo di vista, Andrea e Giovanni scappano per primi, il Cocc li insegue, ma pagherà duramente questo scatto iniziale, Claudio e Ale hanno il loro ritmo appena più lento io, come al solito, chiudo il gruppo.
Il mio obbiettivo è 1ora 59 minuti e 59 secondi!
Il percorso è bellissimo, dal mare arriva il profumo dell’oceano, seguo il mio ritmo, il mio respiro, il sole ci scalda, siamo in tantissimi ma sono solo con me stesso, con i miei passi, uno dopo l’altro in rapida successione, non c’è niente di più facile che correre ma allo stesso tempo non c’è niente di più difficile.
Tutto procede secondo copione, al 16esimo Km circa incontro il Cocc camminante a bordo strada, rallento, tento di trascinarlo con me ma si ferma nuovamente, lui è tanto forte quanti imprevedibile, quando dice basta è basta!
Un camion dei Vigili del Fuoco ci innaffia letteralmente con l’idrante, ci gettiamo tutti sotto lo spruzzo rinfrescante, ma dura poco, il caldo comincia a picchiare forte.
Ci siamo, 19esimo Km si sale.
Sapevo che era dura, ma non pensavo così dura!
Cavolo non finisce mai, mi sembra di avere gli scarponi da sci allacciati ai piedi, salgo e alla mia sinistra ci sono le persone che hanno già girato la boa e hanno cambiato bordo, loro scendono giù veloci con lo spinnaker e il vento in poppa noi fatichiamo ancora di bolina stretta, da velista quale sono non potevo evitare la metafora di regata.
Mentre salgo incontro Ale e poi Claudio che corrono in discesa verso l’arrivo, urlo con le forze residue, anche loro fanno lo stesso, in quel “Daje!” roco e sputacchiato, c’è racchiuso tutto il nostro mondo solo una piccola parola per una grande sensazione.
Cerco ancora dentro di me forze che penso di non avere più, invece ci sono, sono nascoste, è la famosa campanella da spostare in su, non si deve mollare!
Finalmente giro anch’io e volo verso l’arrivo. L’arco gonfiabile è davanti a me, ai lati gli spalti ancora gremiti di persone, che incitano che danno la carica.
Vedo il mare in fondo, vedo la ressa disordinata del fine gara, ma non è finita pochi metri ancora, quel “Daje!” mi risuona dentro, aumento il ritmo anche se non ha nessun significato, aumento, il selciato è lucido, passi veloci e poi ancora e solo passi, chiudo gli occhi quando attraverso l’arco gonfiabile con la banda magnetica, è fatta, solo uno sguardo all’orologio 2ore e 01, cavolo!
Mi accascio di lato per qualche minuto appoggiato alle transenne, respiro solo respiro, poi con calma, molta calma raggiungo i miei amici che mi accolgono da eroe.
L’organizzazione non ha messo a disposizione il deposito borse, siamo praticamente buttati per terra in uno stato pietoso, sudati, bagnati e… vabbè lo sapete come sta dopo 21 Km.
Non abbiamo fretta, rimaniamo buttati in terra a parlare e scherzare, scoliamo il latte al cioccolato del pacco gara e ci bagnamo i piedi nell’acqua marrone del Tago.
Andrea è stato il primo a tagliare il traguardo con 1 ora e 46 minuti, una manciata di secondi dopo è arrivato Giovanni, poi Ale e Claudio, io al penultimo posto ed a chiudere il Cocc, ma poi chi se ne frega del tempo!
E’ sera e siamo al ristorante, baccalà e sangria per tutti, un occhio alle classifiche si ride si scherza, poi, uno di noi, non saprei dire chi esattamente dice: “Vabbè ma il prossimo anno dove si va?”
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Redazione Podistica Gara: Mezza Maratona di Lisbona (09/10/2022) SCHEDA GARA |