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Pensieri di una runner lenta
di Viviana Maura Vitale, 15/05/2018

Maura sul traguardo dell'Appia Run

Maura sul traguardo dell'Appia Run

Correre piano ha i suoi lati positivi. Alla partenza sembro una runner come gli altri, poi piano piano il gruppo di quelli che corrono si distacca da me fino a quando li perdo di vista.
Se la gara è importante gli iscritti sono tanti e per una legge statistica che si conferma da anni, di solito un 15% di quelli che sono partiti arrivano dopo di me. Ma se la gara è di minore rilevanza e partono in meno di 400 la mia posizione sprofonda tra gli ultimi 25. Con buona pace dei mie allenatori che si sono susseguiti negli anni.
Diciamo la verità, farei meglio a non correre. La lista degli acciacchi è lunga, ma quello più fastidioso è un cuore che da sempre quando corro, viaggia a ritmi che per molti sarebbe impensabile sostenere. Cioè tra i 175 e i 185 per tutta la durata
della gara a dispetto di una velocità che nulla ha a che fare con una competizione.
Ma io faccio beneficenza. Consento a molti di arrivare prima di me, faccio la coda. Se non ci fosse qualcuno lento, il veloce non esisterebbe.

Questa condizione ha dei vantaggi, nonostante tutto. Il primo è quello di godermi il percorso. Guardo panorami, conosco quartieri e parchi mai visti prima, corro in posti della città impensabili per Roma: ai piedi del Colosseo, a pochi metri dai soldati dell'Altare della Patria, lungo via del Corso, dove di solito procedi a passo di processione.
Correndo lentamente posso concentrarmi su dove sto e goderne il privilegio. Durante la We Run Rome ho corso dentro il sottopassaggio di via del Tritone. Ero così contenta che ho tirato un urlo per sentire quanto rimbombava.
E poi ho corso sotto Spelacchio e insieme ad una moltitudine di persone ho anche io urlato: spelacchio - spelacchio!
A Parigi ho corso sotto la Torre Eiffel. Lentamente.
Ma anche lungo il Tevere, a piazza San Pietro, a piazza Navona, piazza del Popolo.

Poi c’è un altro aspetto della mia gara lenta che mi piace tanto. Il compagno di gara. Quelli veloci non possono perdere tempo a parlare. Li vedo sudare concentrati sul traguardo e a mala pena ti sorridono quando li inciti. E comunque non si vogliono bene e non si parlano, nel gruppetto che vola verso il bananone
dell’arrivo.
Io invece dopo i primi 5 km che quasi quasi mi fanno pensare di essere una runner (qualcuno dice che se corri sopra i 6 min/km, non lo sei), divento una jogger veloce e mi arrendo al mio strano cuore che viaggia sopra i 183.
Là dove molti si fermerebbero io mi accorgo di un lieve fastidio. Ho letto che bisogna fermarsi quando non si riesce più a cantare mentre si corre. Io, a 185 battiti, ieri ho cantato “volare oh oh” e il mio compagno di gara ha voluto vedere il Cardiofrequenzimetro perché non ci credeva. Poi ogni tanto mi chiedeva se stavo bene (Magari non era proprio per il cuore...)
Quindi al sesto km di solito gli altri sono un po’ lontani, e noi lenti corriamo alla spicciolata.

Ogni tanto capita che mi si affianchi qualcuno che corre lento come me per svariate ragioni.
C’è stato un giornalista ansimante che mi metteva ansia con il suo respiro canino che mi ha raccontato di aver ripreso a correre da poco nonostante fosse un po’
sovrappeso e che comunque non voleva rinunciare alla corsa della befana.
Poi c’è stato un simpatico poliziotto che quando al Corri al Tiburtino uno squilibrato ha inveito contro le donne runner dicendo cose non ripetibili mi ha detto: stammi vicino, sono un poliziotto, non ti preoccupare. E io riconoscente ho corso accanto a lui che andava lento perché si preparava per la maratona. Il guaio è stato quando mi ha chiesto che lavoro facessi io. E quindi lui mi ha protetto e io ho ascoltato tutta la sua storia che a causa del segreto professionale non vi posso dire.
Poi c’è stato il politico (fortunatamente della mia stessa fazione) che mi ha detto che era lento perché non aveva troppo tempo per allenarsi (e ho apprezzato).
Un compagno che non dimenticherò è un signore non vedente accompagnato da un runner molto esperto che lo teneva con una specie di nastro e gli parlava.
Quando mi hanno incontrata ha iniziato a dare qualche (gradito) consiglio anche a me e mi incitava come faceva con il suo amico.
Abbiamo corso insieme anche se loro erano un po’ più veloci. Mi ha commossa quando il signore che non vedeva, sentendo che gli stavo accanto mi ha chiesto
quanti anni avessi
. Ha sorriso quando ha sentito l’età: oggi ne compio 70, hai ancora tanto tempo per allenarti. Ho chiesto al suo amico se potevo tenerlo io per
mano ma mi ha risposto che bisogna allenarsi e che non è semplice.
Prima o poi lo imparerò perché vorrei correre con chi non può vedere così gli racconto quello che c’è in giro.

Poi c’è stato un allenatore di calcio per ragazzini. Faccio questa gara così domani posso dire ai ragazzi che sono capace di tenere duro fino in fondo e che loro non devono essere mollicci quando si allenano. In salita andava più veloce di me e mi diceva: dai forza. Ehi - gli ho detto - ma ti rendi conto che potrei essere tua madre? Corri tu in salita che se mi parte il cuore non mi riprendo più.
Poi c’è stata la vecchietta (si sì) che si era ricordata di quando poco prima della partenza alla corsa dei santi avevo realizzato che faceva troppo caldo per la termica e mi ero praticamente spogliata al volo restando in top e poi rimettendo solo la canotta. Alla gara successiva poco dopo la partenza realizzo che fa caldo e che devo togliere la termica e mi metto in un angolo per non dare all’occhio. Lei mi vede e dice: aho’ ma sei sempre tu! E nun te la mettere sta maglietta no?
Giuro che non mi era mai successo prima e mai più mi accadrà!
Un altro compagno inconsapevole che ricordo, nella stessa gara, è quello che ha vinto. Io ero alla fine del mio primo giro (su due) e correndo piano nel mio mondo dei sogni, mi accorgo di alcuni signori in bicicletta che praticamente mi correvano accanto. Io li guardo e dico ma siete matti! Qui c’è una gara! Poi vedo davanti a me uno che si sbraccia e mi fa cenno di spostarmi a destra, mah... poi sento uno scroscio di applausi e appare uno che corre come un pazzo che passa sotto il bananone del traguardo con le mani alzate. Ah! Il primo. Io mi faccio ancora più piccola e mi sposto tutta a destra. Mi viene incontro un signore che mi chiede il chip! Ma che chip - gli dico - mi manca ancora un giro !!! Ah pensavo che eri seconda !!! Seeeeee...
L’ultimo compagno che ricordo è quello di ieri che correva piano perché aveva dolori alle ginocchia. Mi è stato accanto pur fermandosi a farsi spruzzare ghiaccio e ogni tanto recuperando un po’. Gli racconto che mia figlia mi aveva salutata dicendo: non arrivare ultima eh! Almeno penultima. Ma ieri erano 12 km e i partecipanti pochi (e bravi) quindi ad un certo punto io e il mio compagno di corsa lenta abbiamo realizzato di essere gli ultimi. Lui mi chiedeva ogni minuto quanto mancasse, io gli ho parlato della mia teoria dei quartini: divido il percorso in quattro così mi sembra più breve e poi divido in quattro quartini l’ultimo quarto e perfino l'ultimo chilometro lo divido in quattro quartini. Mi stai ubriacando con tutti sti quartini.
Dai siamo arrivati, tagliamo insieme il traguardo. No, ha detto lui, vai prima tu. Dì a tua figlia che sei penultima! Il compagno gentiluomo. Grazie.
E così concludo anche la race for children. Spero che anche il mio tempo di + 38 minuti rispetto al primo classificato, sia servito ad una buona causa.
Io mi sono divertita e mi sono confortata con 15 spicchi di arancia serviti al ristoro...

Guardo sul sito della Podistica quale può essere la prossima gara. Poi mi ricordo che è meglio aspettare che finisca l’effetto delle endorfine post gara, altrimenti potrei iscrivermi anche ad una mezza. Perché quando finisco una gara, per qualche ora, a prescindere dal risultato e dalla mia lentezza, mi sento grande!


Maura impegnata alla Per Antiqua Itinere ad Ostia Antica

Maura impegnata alla Per Antiqua Itinere ad Ostia Antica

Gara: Race for Children [TOP] (13/05/2018)

SCHEDA GARA



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