....che gran bella giornata che è stata, “insieme”. di Claudio Ubaldini, 21/03/2012
Claudio Ubaldini Quando corri la tua seconda maratona nella stessa città, a distanza di un anno, non puoi non fare paragoni.
Nel 2011 benché già da alcuni mesi iscritto alla Podistica Solidarietà, ho corso la mia prima edizione di Roma completamente da solo. Arrivo in tempo, saluto un amico, indosso le mie sempre presenti cuffiette lungo tutto il percorso e per 4h17' procedo fino all'arrivo, con fiatone, stanchezza e dolori, ma anche tanta soddisfazione personale: avevo guadagnato ben 22' dalla mia prima maratona in assoluto!
Questa volta era completamente diversa: partivo fisicamente svantaggiato ma moralmente molto più carico.
Arrivo prestissimo, ancor prima di quanto avessi programmato. Sistemato tutto, parto "per ultimo", proprio in fondo all’ultima ondata di maratoneti, già si vedono quelli della Stracittadina dietro che si schierano, e subito iniziano gli “adorati” sanpietrini! Controllo marsupio, gel, telefono, pettorale, chip, non ci son più scuse, son passato sotto l’arco di partenza, ora devo solo arrivare!
E le mie onnipresenti cuffiette? Ah si, le ho da qualche parte nel marsupio. Non le indosso, ho già un sentore di quello che avrei “sentito” durante tutta la gara.
Nonostante piccoli impedimenti avuti recentemente e l'ultima ricaduta proprio la scorsa settimana, mi sento "in forma" - per le mie aspettative - e in grado di poter più o meno replicare il tempo della scorsa edizione.
I rallentamenti nei primissimi km dovuti agli "imbuti" del percorso non hanno aiutato per nulla; dopo un paio di km avevo perso già tantissimi preziosi minuti. Mi son messo sotto e piano piano ho recuperato senza nemmeno troppi problemi tutto il ritardo iniziale, tanto che verso il 25°km il mio caro Gps segnava che avevo una media gara di 6'01"/km, quella che volevo, il fiato c'era e la stanchezza era pure meno di quella preventivata: ormai era solo questione di testa! Ero tranquillo, anzi ottimista, tutto sembrava filare perfettamente. Almeno credevo, fino al primo crampo intorno al 27°km.
NIENTE PANICO, mi son ricordato che pure durante l'edizione precedente avevo avuto un po' di crampi, avevo fatto un piccolo tratto al passo, un po' di stretching al volo e poi ero riuscito con tanta fatica ad arrivare.
Pertanto faccio un minutino al passo, stretching sul marciapiede, riparto e... Ahia. Non passa. Alterno un po' passo e corsa, ma niente da fare. Il fiato c'è, la testa c’è, non son stanco anzi, ma il polpaccio sinistro non ne vuol sapere. Cerco le cuffiette, provo a isolarmi dal mondo e a sentire un po’ di musica; ma le tolgo dopo pochissimi minuti. Ancora al passo, stretching… bene, pare che sia tutto passato! Di nuovo di corsa al ritmo che mi ero prefissato, sembra tutto regolare per un chilometro e poi… il tracollo. Dopo li 30°km non riesco a fare più di 100/200mt di corsa, nemmeno pianissimo, senza sentire una specie di morso nel polpaccio sinistro. Mi rendo conto che sto stritolando una bottiglietta d’acqua per cercare di resistere ma è inutile, se corro/saltello con i crampi al polpaccio il dolore in pochi secondi si espande su tutta la gamba.
Prendo atto che la gara è finita. Non è stato un bel momento, davvero.
Mi rendo da subito conto che il tempo che avrei voluto fare, con questi crampi, è impraticabile; mi metto l’anima in pace e alterno passo, corsa, crampi, passo, corsa, crampi… e il tempo vola.
Poco prima del 35°km un signore dice che spera di riuscire a chiudere la maratona appena sotto le 5 ore. Cinque ore. CINQUE ORE. Era chiaro che avrei fatto un tempo orribile per le mie aspettative, ma non stavo guardando il crono per non demoralizzarmi più del dovuto. Cinque ore però NO, nemmeno con i crampi, benché col morale a terra uno strascico di orgoglio ce l’avevo ancora, e cinque ore sarebbero state una vera ingiustizia nei confronti del tempo dedicato agli allenamenti e tolto al resto. E così stringo il più possibile i denti, la bottiglietta in mano ormai è completamente stritolata, provo a camminare il meno possibile quando mi prendono le fitte al polpaccio e tiro avanti fino a piazza Venezia. Nella discesa verso Circo Massimo mi rendo conto che ormai sarà inesorabilmente “la mia peggior maratona”… è l’ennesimo colpo al morale… poi ripenso al tempo di 5 ore, e mi costringo a fare gli ultimi 2km o poco più non solo al passo.
Arrivo al Colosseo, la salita la faccio al passo, dopodiché le ultime centinaia di metri di corsetta con denti stretti e sorriso amaro fino al traguardo. Ritiro la medaglia, indosso il telo termico, prendo una bottiglia di acqua, mi butto a terra per massaggiare la gamba, più o meno dove ero partito 4 ore 42 minuti 19 secondi prima.
E le mie cuffiette?
Perché non avevo indossato le cuffiette, non avevo ascoltato la mia musica preferita, con i ritmi giusti, che mi emoziona e mi carica?
Perché questa edizione della maratona di Roma volevo che fosse una edizione vissuta non “per me” ma “insieme”.
Ci tenevo ad arrivare presto perché volevo finalmente abbracciare Patrizia e suo marito Roland, conosciuti in occasione di New York 2009 e arrivati dalla Germania per correre a Roma; speravo di incrociare Enrico arrivato da Treviso per la sua seconda maratona, e chissà, magari anche altri amici conosciuti in Friuli anni fa e ora votati alla corsa; son riuscito a vedere Mirella e Mimmo, uno più carico dell’altra. E poi Massimo e Matteo, con cui avrei corso buona parte della gara: avevamo più o meno gli stessi obiettivi, lo stesso passo, e speravamo di fare la maggior parte del percorso insieme! E così è stato fino al 25°km circa, quando Massimo ha iniziato a staccarmi; mentre Matteo mi ha ripreso a piazza del Popolo, e quanto son stato felice di vedere che almeno lui non aveva crampi e sarebbe arrivato ben prima di me!
E poi… quell’immensa onda di tute blu e pettorine arancioni della Podistica Solidarietà. Era uno spettacolo, eravamo ovunque! La prima, Serena, conosciuta appena salito in metro; per poi aspettare o casualmente incrociarne a decine, da Laura a Mario a Salvatore e tutti gli altri, impossibile fare l'elenco completo; durante la foto di gruppo io mi aggiravo per la zona pre-gara per salutare gli altri amici e comunque un “orange” si intravedeva sempre, inclusa la ormai star hollywoodiana Lisa circondata dalle telecamere di Spirit of Marathon II. Non servivano più le cuffiette.
Avevo Massimo e Matteo al mio fianco in gara, e tutta la Podistica intorno, a partire dagli Orange in gara con cui scambiare un veloce saluto ed incoraggiamento, prima tra tutti la Paciotta, apparsa come un folletto di fianco a me alla partenza, e immediatamente dopo sparita! A seguire Zac e Fabio; e Romano che ha onorato la scommessa marciando con la fascia della Lazio, per non parlare del Presidente, che ormai ha scientificamente dimostrato di avere il dono dell’ubiquità. E a bordo gara c’era Giuseppina che si era appostata con altre verso il 10°km per fare il tifo, ma lungo tutto il percorso era un continuo susseguirsi di “Alè Podistica”, arrivavano incitamenti da tutte le parti, da persone appostate con tute blu, pettorine arancioni o anche in borghese.
Dal 30° km in poi, quando ero al passo, è stato bello scambiare due parole con gli Orange incrociati; fino a fare gli ultimi km un po’ a tira e molla insieme allo stoico Fabrizio, lui più costante nel ritmo e io più altalenante per via dei crampi.
Fino ad arrivare alla salita del Colosseo, non li vedevo, non li sentivo ma sapevo che erano li: il Presidente (di nuovo? Ve l’ho detto che ha il dono dell’ubiquità!), insieme ad alcuni Orange a fare un tifo esasperato, tra cui Jonny che non poteva non urlarmi “forza Paperoga!”. E così fino all’arrivo, accompagnato dalla instancabile voce dello speaker ufficiale Joe; deluso per il tempo, felice per averla comunque conclusa, timoroso del lavoro che avrei dovuto fare per recuperare, e anche un po’ triste per non aver mantenuto le aspettative che avevo dato al coach Fulvio.
Arrivato e dolorante, mi raggiungono Massimo e Matteo, stanchi ma felici; con calma mi cambio e mi avvio a riprendere la metro, al capolinea mi aspetta la mia pazientissima Tiziana, che nel frattempo pur sapendo che non potevo leggerli, mi aveva riempito il telefono di teneri messaggi di incoraggiamento.
La delusione della prestazione agonistica era stata ripagata dalle belle sensazioni provate durante la gara, dal tifo fatto (devo dirlo con un po’ di amarezza) dagli stranieri e dalla Podistica, di romani a fare il tifo spassionato ed indistinto ne ho visti ben pochi.
La giornata era conclusa, ormai si trattava solo di raggiungere casa, fare una doccia, mangiare, riposarsi. E invece una delle emozioni più belle mi è stata regalata proprio alla fine, quando ho incrociato Fabio con famiglia al seguito: lui che camminava a mezzo metro da terra felice per aver corso la sua prima maratona in poco meno di cinque ore e mezza, e suo figlio Francesco che probabilmente era ancora più felice ed orgoglioso per il padre.
Intimamente forse è rimasto ancora un po' di amaro... ma che gran bella giornata che è stata, “insieme”.
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Claudio Ubaldini Gara: Maratona di Roma (18/03/2012) SCHEDA GARA |