Non sono proprio un giovanotto di Adriano Percoco, 14/04/2015
Il gruppo orange presente a Latina Non sono proprio un giovanotto, ma un ragazzino di sessantatre anni che da tempo corre per divertimento come tanti altri.
Lo faccio spesso con un compagno speciale, mio figlio Fabrizio: un ragazzo che si rapporta con gli altri in un modo diverso. Quando conosce una persona, "chiede come ti chiami?", "quanti anni hai?" e poche altre cose che estrae dal suo linguaggio molto limitato. Ma anche se è padrone di poche parole, fa tante altre cose come ascoltare la musica, giocare al computer, andare in bicicletta sul tandem e pattinare.
Ci alleniamo spesso sulla pista ciclabile che arriva al mare, incontriamo tanti amici che ci sorridono e ci salutano cordialmente, ma quest’anno abbiamo partecipato alla 32° edizione del Vivicittà di Latina organizzato dalla UISP, insieme ad tante altre persone e a tanti amici della bella società nella quale mi trovo da circa un anno, la Podistica Solidarietà.
Avevo effettuato la mia iscrizione da un certo tempo, ma anche se non è la prima volta che partecipiamo a gare competitive, fino alla mattina della partenza non ero sicuro di poter gareggiare perché Fabrizio ed io siamo alquanto ingombranti e potremmo essere di intralcio agli altri atleti e qualche volta ci hanno negato il permesso. Fabrizio è alto 1 metro e 83 cm e con i pattini sfiora i due metri. Vicino al gazebo della Podistica incontriamo Domenico Lattanzi, il presidente della UISP di Latina che ci sorride e ci rassicura. Fabrizio è posseduto da una contentezza inesauribile, non vede l'ora di mettere i pattini e dice continuamente “facciamo Cicicittà con le ragazze e i bambini”. Nel Gazebo troviamo Pino, il presidente che è venuto ad onorarci della sua presenza per premiare i volontari che prestano servizio nel dormitorio notturno di Latina: una bella iniziativa promossa dall'amico Davide Ferrari e portata avanti da tanti amici Solidali.
Aiutato da Luca, con un po' di pazienza, gli metto i pattini e la canotta arancione della podistica, quella dei donatori che gli piace in maniera particolare. Siamo pronti, proviamo a fare qualche metro di riscaldamento, ma quasi non riusciamo a muoverci perché le strade dei “giardinetti” sono tutta una buca, pazienza, partiremo piano piano e gradualmente ci rifaremo. Per non creare problemi con la nostra ingombrante presenza, ci siamo messi in fondo al gruppo.
Fabrizio è euforico, cerca il contatto con tutti, fa qualche apprezzamento simpatico: "che belle gambe" dice a due ragazze vicine a noi. Mi abbraccia, mi da dei bacetti, mi chiede di azionare il cronometro. Arriva lo sparo e ci muoviamo piano piano; sfilano tutti e noi ci troviamo nelle ultime posizioni. Cominciamo a muoverci, lui è attaccato al mio braccio e presto possiamo correre e cimentarci con i primi sorpassi .
Mentre corriamo Fabrizio urla i suoi incitamenti: dai, dai, avanti, avanti e tutti ci battono le mani. In un paio di curve rischiamo di cadere inciampando con altri che ci stringono, ma andiamo avanti.
Fabrizio canta “Abbronzatissima” e un gruppetto di persone ci accompagna con il ritornello. Dopo tante curve, la strada diventa dritta e aumentiamo la velocità. Fabrizio canta ancora, questa volta si cimenta in “Nessun dorma” e mi dice vai vai. Vorrebbe che io gli rispondessi con altre parole, ma il fiato non è sufficiente a parlare ad alta voce come lui e le mie sono frasi smozzicate. E’ felice e sorride, saluta gli spettatori. Una moto dell’organizzazione ci sorpassa facendo un po’ di rumore e lui dice “tacci tua” perché non sopporta il rumore fatto dagli altri.
Il caldo si fa sentire ed io sudo come un maialetto, lui è fresco come una rosa . Superiamo tanti atleti che ci dicono che così non è giusto, con i pattini, secondo loro è più facile. Li invito a tirare Fabrizio, uno ci prova ma dopo un minuto mi dice che è troppo faticoso. Lo so, ma la gioia di mio figlio è grande e il suo sorriso mi ripaga di tutto.
Alcune strade sono una continua buca e ad ogni passo dobbiamo quasi fermarci e ricominciare la corsa. La fatica si sente e il mio braccio destro mi pare che si sia allungato di qualche centimetro. Cambio con il sinistro ma rallentiamo vistosamente. Ritroviamo il ritmo e andiamo alla grande. Alcuni ci riconoscono e ci chiamano a granvoce.
Si sono formate diverse code di auto e gli automobilisti altercano gli addetti al servizio d’ordine; Fabrizio strilla: “e statte zitto, vai a piedi!” Io mi meraviglio delle sue esclamazioni perché raramente usa delle espressioni autonomamente. Dopo il decimo chilometro i suoi incitamenti si affievoliscono, una certa fatica deve sentirla anche lui. Il traguardo si avvicina e gli spettatori aumentano. Fabrizio sente che il divertimento sta per finire e riprende vigore, si vede che è contento dei complimenti che riceve.
Dodici km è la lunghezza della corsa e li percorriamo in poco più di un’ora. Fabrizio al traguardo urla: ho vinto! Si è vero abbiamo vinto io e lui e tutti gli amici che ci applaudono e mammina Assunta che ci aspetta oltre le barriere e ci fa le fotografie.
Forse anche così si combatte l’autismo.
Adriano e Fabrizio
|
Adriano Percoco
Fabrizio e Adriano lungo il percorso della Vivicttà Gara: Vivicittà Latina (12/04/2015) SCHEDA GARA |