Il pettorale che ha accompagnatoil nostro amico orange per le starde della città eterna
Quella di domenica è stata la mia prima Maratona di Roma. Non la prima maratona in assoluto, in quanto l’esordio l’ho fatto a Firenze lo scorso novembre. Il risultato ottenuto nel capoluogo toscano è stato molto soddisfacente sia dal punto di vista fisico che cronometrico cosicché nei primi giorni di dicembre, approfittando della quota iscrizione in promozione, ho deciso di riprovare la lunga distanza nella nostra meravigliosa città.
Ho subito pensato che con quattro mesi a disposizione avrei potuto preparare questa nuova avventura in modo più completo anche in virtù di tutte le indicazioni assimilate dall’esperienza precedente. Purtroppo però, come spesso accade,
i progetti più ambiziosi sono costellati di ostacoli ed imprevisti. Un fastidioso quanto costante dolore al lato del ginocchio sinistro mi ha praticamente compromesso tutta la preparazione. Anzi posso affermare con certezza che la preparazione non c’è nemmeno stata. Con l’aiuto degli antinfiammatori sono riuscito a correre qualche lungo e pochissime gare della domenica. Inevitabilmente i risultati negativi non hanno tardato a presentarsi. L’ultima Roma-Ostia è stata di gran lunga la mia peggior mezza maratona.
L’entusiasmo iniziale a cominciato a lasciare spazio allo sconforto. Sono stati giorni molto duri.
Ma non ho mollato. Non volevo rinunciare a correre la maratona in questa città.
Non sarà tra le maratone più blasonate e più partecipate ma certi “scenari” le altre corse nemmeno se li sognano. E io invece volevo continuare a sognare. Addirittura le ultime due settimane le ho fatte di riposo assoluto.
Finalmente arriva il grande giorno. La foto con la squadra, gli auguri al Presidente e poi lentamente mi avvio subito dentro l’area di partenza. Le avverse condizioni meteo non mi infastidiscono più di tanto. Quello che mi crea qualche apprensione sono i 7,6 km di sampietrini e la salita di Via della Moschea che al 28° km potrebbe rappresentare un ostacolo molto duro non solo per il ginocchio dolorante.
Si parte. I primi km scorrono via abbastanza tranquillamente nonostante il fondo stradale si presenti scivoloso e alquanto sconnesso. Pozzanghere, buche, rotaie del tram sono loro gli avversari da cui guardarsi. Controllo costantemente l’andatura perché ho l’impressione che nella fase iniziale le gambe vogliono impostare un ritmo troppo sostenuto per la blanda tabella di marcia che mi sono prefissato.
Questa gara la devo correre soprattutto con la testa. Ci saranno giorni migliori in cui pensare anche al cronometro. Si incontrano parecchie canotte arancioni con i quali ci si scambia sempre un cenno di saluto. La prima parte del percorso, a parte la splendida Basilica di San Paolo, non offre molto allo sguardo e quindi si tende a stare noiosamente concentrati sulla corsa.
Fortunatamente, subito dopo Ponte Marconi, mi arriva un caloroso “Forza Giuseppe” da parte del sempre cordiale e solare Claudio Ubaldini. Una scossa, finalmente, che mi fa uscire fuori da quel torpore che inevitabilmente mi stava avvolgendo. Naturalmente ricambio subito l'ncitamento.
Il tratto di corsa davanti il Tempio Maggiore di Roma (la Sinagoga) è veramente impressionante. Nonostante la pioggia battente, si passa attraverso ali di folla festante dove nessuno fa mancare il proprio incitamento. Sento qualcuno che grida
“Forza Podistica”, ma con gli occhiali bagnati non riesco a vedere bene chi è stato. Lo ringrazio comunque.
Adesso si possono finalmente ammirare le bellezze di Roma. Pochi chilometri e siamo in Via della Conciliazione con la Basilica di San Pietro sullo sfondo. Scenario che ho già potuto godere correndo la Corsa dei Santi ma che ha sempre il suo fascino. Qualcuno corre facendo un video, altri si fanno le foto.
Uno spettacolo nello spettacolo. Tuttavia è un momento difficile della gara. Il dolore al ginocchio inizia a farsi sentire. Non è insopportabile ma sicuramente rallenta, se mai ce ne fosse bisogno, la mia già claudicante andatura. Devo resistere fino al ristoro del 20° km dove ho in programma di utilizzare uno dei due vasetti di antinfiammatorio in gel che ho portato con me.
Superato il giro di boa della mezza distanza ci si dirige verso un altro tratto del percorso non particolarmente avvincente: la zona del Foro Italico e lo Stadio Olimpico. Lentamente mi sto avvicinando a quello che personalmente considero il punto critico della corsa : la temuta salita di Via della Moschea. Riuscire a superare indenne questo ostacolo aumenterebbe considerevolmente le possibilità di arrivare fino in fondo. Ecco lo Stadio “Paolo Rosi”. Curva secca a destra e la strada inizia a salire. Probabilmente non è una pendenza particolarmente impegnativa ma dopo 28 chilometri sembra di affrontare la salita dell’ Alpe d’Huez.
Ci mancano solo Coppi e Bartali che si passano la famosa borraccia!!!! Molti atleti la stanno affrontando camminando io invece incredibilmente continuo a correre. Al ristoro del 30° km utilizzo il secondo ed ultimo vasetto di antinfiammatorio. Da qui in poi eventuali dolori me li dovrò portare fino alla fine. Saranno chilometri difficili ma i pochi lunghi corsi in allenamento stanno dando i loro frutti almeno sotto l’aspetto psicologico.
Si ritorna sul Lungotevere e, grazie al tifo di molti appassionati, anche stranieri, alcuni chilometri di percorso non particolarmente entusiasmante si riescono a buttare alle spalle. Il Sottopasso di Ripetta ci introduce nel centro storico di Roma e nel giro di poche centinaia di metri si entra nella famosissima Piazza Navona. Si corre sui sampietrini, anche abbastanza dissestati, e ogni passo mi crea qualche difficoltà al ginocchio ma lo spettacolo che c’è intorno attenua apparentemente qualsiasi dolore. Poche centinaia di metri e siamo in Corso Vittorio Emanuele. Anche qui tanta gente che fa il tifo e incita gli atleti leggendo il nome sul pettorale.
Gli altoparlanti diffondono la marcia dei Bersaglieri e allora spinto da un sussulto di orgoglio nazionale provo ad aumentare leggermente il ritmo ma l’effetto dura veramente poco.
Ormai sono arrivato a Piazza Venezia e devo girare a sinistra per Via del Corso. Posso vedere gli atleti che stanno scendendo da Via Quattro Novembre e ormai sono a meno di trecento metri dal traguardo. Beati loro!!!! Penso che tra pochi minuti anche io sarò su quella discesa. Ma c’è ancora da soffrire. La via dello “struscio” di quando eravamo ragazzi non sembra finire mai e qualcuno approfitta per farsi spruzzare dai sanitari lo spray antidolorifico sui polpacci e sulle cosce, come fanno molto spesso i calciatori. La tentazione è forte ma tiro diritto. Piazza del Popolo viene affrontata come fosse una curva parabolica per lanciarsi dentro la strettissima Via del Babuino. Ancora sampietrini. Adesso oltre al dolore al ginocchio si aggiunge anche qualche fisiologico indolenzimento alle gambe. Siamo al 40° km e Piazza di Spagna è gremita di gente che applaude tutti quelli che transitano. Nonostante la fatica che annebbia un po’ la mente riesco a gettare uno sguardo sulla Fontana della Barcaccia vittima dell’assalto olandese di qualche settimana fa: è bellissima.
In Via dei Due Macelli c’è un orange che invece di stare davanti ad un bel piatto domenicale di lasagne è li a ricordarci che manca pochissimo ed ormai è fatta. Grazie Raffaele!!! Arrivato all’ingresso del Traforo Umberto I penso di avere le allucinazioni. Prima di entrare vedo una signora attempata con in testa un cappellino verde acido che grida ripetutamente GO! GO! GO! E’ la quarta volta che la vedo in quattro punti diversi del percorso. Come avrà fatto non lo so ma la cosa mi fa sorridere e finalmente riesco ad allentare la tensione. Forse è questo il momento in cui capisco di avercela veramente fatta. Via Nazionale, Via Quattro Novembre , curva a sinistra, Piazza Venezia. Si intravede il traguardo.
Alzo le braccia come non ho mai fatto in nessuna gara alla quale ho partecipato finora. E’ finita! Fermo il cronometro e vado a ritirare la meritatissima medaglia. Sono molto stanco e dolorante ma immensamente felice perché nonostante tutte le avversità non ho mollato. Mi avvio verso l’uscita delle gabbie avvolto da una sensazione di euforia indescrivibile che vorrei non finisse mai.
Adesso voglio solo riposarmi.