Risate, scarpette e magìe di Redazione Podistica, 23/01/2024
Riceviamo e pubblichiamo il resoconto inviatoci da Rosalba Tomei e scritto dal papà di Marta, la ragazza sulla Jolette spinta dalla stessa Rosalba e da Elena.
La corsa è fatica, ma anche divertimento, è acido lattico e endorfine. È sublimazione dello sforzo in felicità, una splendida metafora della vita.
Si sorride per il senso di libertà che si assapora sentendo il vento fresco che accarezza il volto accaldato. Si sorride vedendo scorrere il mondo velocemente attorno a sé, passando quella buffa pietra sulla destra, quel grande albero fronzoso a sinistra, quella vecchia automobile parcheggiata che ricorda la nostra infanzia. Si sorride sentendo la pesante zavorra dei chilometri e la leggerezza del ritmo inarrestabile. Si sorride guardando chi corre al nostro fianco, sentendo il peso che si allieva e trovando risorse nascoste per continuare oltre quella collinetta che sembra l’Everest.
Sembrano magiche quelle scarpette di cui sentiamo il dolce ticchettio quando incontrano il suolo, di cui avvertiamo la leggera spinta verso il prossimo passo. Sembra impossibile correre senza di loro, senza quelle compagne di viaggio che macineranno chilometri con noi. Ma servono veramente le scarpette per correre?
In realtà, le scarpette sono compagne di alcuni di noi. Altri corrono in altro modo, con seggiole e ruote messe insieme in buffe fogge, goffe, contorte, allungate. Un insieme di manici e sedili, ganci e sostegni, che servono a chi corre diversamente ma corre con noi. Si chiamano joelette queste curiose creature dell’ingegno umano, una sorta di futuribili esoscheletri antichi che permettono di avere compagni che avremmo altrimenti perso sui lunghi sentieri della corsa.
Si corre insieme, con le joelette. Un gruppo che avanza insieme, un ritmico ticchettio cui si unisce un sommesso sibilo di ruote che scorrono allo stesso passo. Volti che si guardano e condividono la fatica, che vengono illuminati dal sole e oscurati dalle ombre. Occhi che si incrociano e sentono le stesse fatiche ed emozioni. Ci si muove soltanto in modo diverso, ma ognuno di noi corre in un proprio unico e riconoscibile modo.
Le joelette sono oggetti magici, figlie di mondi incantati la cui saggezza ha infranto barriere e abbattuto mura. Al solo tocco, una joelette restituisce una scossa appena percettibile, che crea una unione indissolubile. Si è un corpo solo, un insieme di gambe, braccia, teste, cuori che si muovono all’unisono, passo dopo passo, chilometro dopo chilometro, fino a quello striscione laggiù che è l’arrivo, e oltre, per continuare a festeggiare ancora e ancora.
E’ una corsa che non si vuole terminare mai. Ci si attarda nel villaggio prima di scendere da queste carrozze magiche, prima di tornare ognuno nel proprio mondo di diversità; ogni scusa è buona per ritardare anche di un solo secondo.
Ma rimane qualcosa che va ben oltre l’esperienza fisica: si continua a ridere e sorridere, a incrociare sguardi, a parlare con linguaggi sconosciuti e che, forse, dimenticheremo.
Si rimane uniti nei cuori e nelle anime, sapendo che i nostri corpi sono separati, ma quell’unione è così forte che tutti ci addormenteremo felici e stanchi allo stesso modo, per sognare della prossima corsa insieme in questo mondo incantato ma reale.
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Redazione Podistica
Angelo Mauri uno dei volontari della Jolette Gara: La Corsa di Miguel (21/01/2024) SCHEDA GARA |