Ho portato il corpo al limite e la mente oltre!!! di Giuseppe Di Giorgio, 24/05/2011
Giuseppe Di Giorgio (DALL’INFINITO SI TORNA SEMPRE DIVERSI)
Resoconto della Nove Colli Running Ultramaratona di 202 KM
Mie fide canotte orange, questa volta la premessa è d’obbligo; fate una pausa, mettetevi comodi in poltrona, una bibita fresca e qualche cibaria che l’accompagni, perché la cosa andrà un po’ per le lunghe: nella valanga di righe che seguiranno vado infatti a narravi la mia esperienza alla Nove Colli Running, ultramaratona alla quale ho partecipato lo scorso week end.
In realtà non so nemmeno da dove iniziare, su questa gara mi sono concentrato fin dall’anno scorso, quando sono venuto a conoscenza della sua esistenza nei giorni in cui mi accingevo a correre la 100 km del Passatore; eh si, vi confermo come sempre che io non mi ritengo (e non lo sono) un tecnico o un metodico, ma ciò non vuol dire che affronti le cose a cuor leggero, solo che lo faccio a modo mio.
La preparazione mentale (per me la più importante in questo tipo di gare ed anche la più stancante) è durata davvero circa un anno, quella fisica decisamente di meno visto che (ovviamente sempre considerando che una buona base me la sono fatta oramai e senza di essa non sarei qui a scrivere) alla fine la certezza di potercela fare l’ho maturata con un allenamento massacrante ma durato relativamente poco.
Ma faccio ancora un passo indietro, per me per affrontare sia la preparazione sia la gara stessa prima di tutto è necessario “volerlo” fare; bisogna essere determinati e pronti a mettersi in gioco ed affrontare tutti i possibili aspetti di questo, quali la gioia, l’euforia, la soddisfazione ma anche la fatica, il dolore, lo sconforto e perché no, la delusione: tutto può succedere e bisogna saperlo ed accettarlo.
Comunque passiamo alla gara, la Nove Colli Running, assieme alla Spartathlon (Sparta-Atene) e alla Badwater (la corsa nella valle della morte) fa parte del trittico delle 3 ultramaratone più dure al mondo, sia come distanza che come condizioni generali di gara (la cosa buffa è che sul modulo di iscrizione riportano la seguente frase “Si fa presente che la manifestazione non è una corsa competitiva, ma una attività di atletica leggera (corsa-marcia-camminata) ludico-motoria ricreativa”!!!!): la gara si presenta sulla carta a dir poco assurda, la partenza è da Cesenatico, il percorso è lungo 202 kilometri e si sviluppa tra Romagna e Marche, ci sono 9 colli da affrontare con pendenza considerevoli, i kilometri in salita sono in tutto 90, in discesa 78, pianeggianti 34, il dislivello positivo totale è di 3220 metri, i ristori sono pochi e ci sono tre cancelli orari di eliminazione (il primo al km 57,6 in 7,30 ore, il secondo al km 101,2 in 14 ore, il terzo al km 158 in 23 ore) e tempo massimo di gara in 30 ore; si può scegliere fin dove gareggiare, i traguardi sono 3, il primo è “La Montagna” al km 84 in cima al Barbotto (il quarto colle), il secondo è “La Roccia” al km 158, il terzo è “Uomo d’Acciaio” al km 202 ed io punto a questo ovviamente.
In principio penso di andare da solo ma poi alla proposta del buon Pietro Paolo Imperi di accompagnarmi cedo, soprattutto perché so che non potrò essere in grado di guidare al ritorno (ma il suo aiuto sarà molto più prezioso); il venerdì sera precedente la gara preparo tutto il necessario ovvero due zaini con tutti i cambi possibili nonché scorte idriche ed alimentari (la spesa l’abbiamo fatta il giorno prima).
Sabato 21, giorno della gara, Pietro passa a prendermi all’ora prevista, le 5 del mattino (ho dormito solo 3 ore) e ci facciamo 360 km in auto fino a Cesenatico, parcheggiamo, ci riprendiamo un po’ e ci rechiamo nella sala dove devo ritirare il pettorale: qui comincio a capire veramente che il momento è giunto (nell’attesa ci si accosta un ragazzo che deve fare la gara, ha il volto crucciato e ci manifesta tutti i suoi dubbi e paure tipo “è una gara dura, bisogna fare questo, quello, chissà come va a finire, bla, bla”; appena possibile dico a Pietro di spostarci, non sopportiamo questo pensare negativo, non è lo spirito giusto, soprattutto per una gara come questa).
Viene fatta la presentazione con tanto di Sindaco, io e Pietro ci guardiamo intorno e ridiamo dicendoci “qui non ce ne sta uno sano di mente!”; poi ci fanno uscire, fanno l’appello e ci fanno delle foto di gruppo ed inoltre, momento veramente suggestivo, veniamo benedetti da un prete (e ne abbiamo davvero tutti bisogno).
L’organizzazione come detto prevede dei ristori ed in più c’è la possibilità di lasciare delle sacche con viveri e vestiario che farà trovare ai ristori in corrispondenza dei colli; con Pietro decidiamo però di lasciare tutto nella sua auto, lui tanto si sposterà lungo il percorso se dovessi avere bisogno (ovviamente non potrà seguirmi passo passo, dato che non è comodo ed è vietato: le auto devono precedere gli atleti, fermarsi ed attenderli fuori dalla strada, quindi ci vedremo un po’ qua e là senza definire una tabella): dimenticavo, l’auto sembra un bazar a causa della mole di cose che ci siamo portati e Pietro ha caricato anche la sua bicicletta!
Ore 12 si parte, siamo in prossimità del porto-canale, gli iscritti sono circa 120 i partenti circa 113 (atleti italiani, inglesi, francesi e così via), questa volta più che mai non posso fare previsioni, non ho mai corso una distanza superiore a 100 km tutta in una volta, ma come detto mi sono allenato, mi sento in forma, la speranza è almeno di giungere al traguardo, anche fuori tempo massimo, una gara così lunga la si costruisce mentre la si fa; siamo tutti qui per provare qualcosa ma a noi stessi e forse anche per trovare qualcosa.
Alle varie difficoltà che caratterizzano la gara e che ho citato vedo che subito che se ne aggiunge un’altra, la coda dell’occhio mi cade su di un termometro e vedo che segna 31 gradi!; da regolamento i primi 21 kilometri bisogna correrli tutti insieme in non meno di 2 ore e così almeno per tale tratto il gruppo è abbastanza compatto, soprattutto perché questa prima parte si snoda in percorsi cittadini attraversando varie frazioni di Cesena e dintorni; qui mi accorgo che le indicazioni prese dal sito della gara non sono del tutto corrette, il primo ristoro del km 5 non c’è, fortunatamente troviamo delle fontanelle e tutti ne approfittiamo, fa troppo caldo veramente.
Da subito cerco di impostare un ritmo di gara tranquillo, andare veloci è da escludere, finirei subito le scorte di energia (un bravissimo tecnico mi ha spiegato che un individuo in teoria non ha in corpo nemmeno riserve sufficienti per una maratona, quindi figurarsi ora che ne devo fare praticamente 4 di seguito!), so anche che le salite le dovrò necessariamente camminare al passo, magari veloce ma sempre al passo, quindi devo cercare comunque di non essere nemmeno troppo lento in pianura e sperare di recuperare nelle discese altrimenti c’è il rischio di andare troppo lunghi: mi concentro così sui cancelli orari e mi impongo di passarli tutti con un anticipo abbastanza largo in modo da avere un margine da giocarmi eventualmente alla fine perché sinceramente a me 30 ore sembrano appena sufficienti (calcolate che per una gara di 100 km normalmente danno 18 o 20 ore di tempo massimo).
Il primo ristoro lo passo al km 7 e vado veloce, solo acqua, così come al successivo, circa al km 15, arrivando poi al km 21 nelle 2 ore previste, in uno spiazzo hanno allestito dei gazebo, tavoli, pasta, vino, e altre cose da mangiare; bevo solo acqua, mangio un biscotto e riparto (nel frattempo ho sentito Pietro, sta già molto più avanti, mi dice che ha lasciato l’auto, preso la mountain bike per venirmi incontro e fare una parte insieme): qui siamo ai piedi del primo colle, il Polenta, una salita di 8 km con pendenza media 3,06 % e massima al 13 %; all’inizio di ogni colle c’è un cartello che indica tali dati ma a me sembra che più che altro ci sia scritto “lasciate ogni speranza voi che salite!”.
Come previsto mi metto al passo e comincio la scalata (lo sapete, a me le salite piacciono molto più delle discese e della pianura), qui cambia lo scenario, finalmente siamo fuori dal percorso cittadino e cominciano a presentarsi davanti a me gli incredibili scenari della Romagna che già ho avuto modo di apprezzare poco tempo fa alla 50 km; colline e valli variopinti, natura a perdita d’occhio, ossigeno vero che ora mi serve come non mai; mentre salgo incontro Pietro che mi avverte che la salita è un po’ antipatica ma si può fare, gira la bici e mi segue, fermandosi ogni tanto per fare delle foto, anche lui è stregato dal paesaggio. Termino la prima salita, non facile soprattutto per l’afa (comunque Pietro ha portato dell’acqua), a parte alcuni molto veloci che sono già avanti per ora ho ancora degli atleti nei paraggi ma durerà poco, siamo davvero pochi, so che per la maggior parte sarò da solo ma non mi preoccupo, Pietro nel frattempo si stacca da me, torna all’auto per precedermi più avanti sul percorso. Segue una discesa e cerco di accelerare un po’ e recuperare tempo ed energia, poi falsopiano, sono circa al km 30, qui comincio un po’ a pensare tra me e me se effettivamente ho buone possibilità di finire la gara, un po’ di paura la ho ma come detto fa parte del gioco, mi dico semplicemente di continuare e vedere che succede.
Il sole continua a picchiare e sento già le spalle arrossate, per regolarmi sull’andatura ho il mio GARMIN più altri 2 che mi sono fatto prestare e che userò a rotazione, perché la carica di uno non durerebbe tutto il tempo, con Pietro quando ci incontriamo ci facciamo un mucchio di risate, commentiamo la gara, il paesaggio, come se stessimo facendo una gita; arrivo ai piedi del secondo colle, Pieve di Rosicchio, solito cartello, salita di 8 km con pendenza media 4,74% e massima 9%, via di nuovo al passo, di nuovo Pietro si fa i sui giri in bici e fa una parte con me oltre a darmi le preziose scorte di liquidi e un cambio maglietta (di mangiare proprio non ne ho voglia), in cima c’è il primo cancello orario che anticipo di 1 ora circa, sono soddisfatto, mi riposo velocemente al ristoro (dove scambio giusto qualche battuta con gli addetti) e riparto, altra discesa che mi porta alla base del terzo colle, Ciola, salita di 6 km, pendenza media 5,52%, massima 11%, per ora non ho problemi fisici, ogni tanto ho qualche pensiero, so che mi attende la notte intera, non potrò dormire ovviamente, la fatica aumenterà ma come detto non mi faccio atterrire.
Scollino, mi faccio la discesa a passo controllato e giungo alle 21 circa ai piedi del quarto colle, il Barbotto, sono “solo” 5 km di salita ma con pendenza media 6,91% e massima 18%!!!; si è fatto buio, dicevano che all’imbrunire ci avrebbero dato una torcia ma così per ora non è, non è un problema, il cielo è chiaro e limpido, le stelle mi sono d’aiuto e cosa bellissima, nei dintorni è pieno di lucciole che mi fanno il favore di illuminare molti tratti, uno spettacolo; oramai sono molto distanziato da chi ho sia davanti che dietro, Pietro già al tramonto ha ricaricato la bici in auto e ripreso la via attendendomi in cima al colle (al km 84,4); qui hanno allestito una vera festa, tavoli imbanditi, speaker e musica (lo avevano detto alla presentazione, un ristoro così non esiste in nessuna ultra al mondo e compensa sicuramente gli altri ristori del percorso che sono pochi e fatti praticamente su un tavolino da BAR, è così bello da volerci rimanere tutta la sera).
Qui comincio ad avere fame, mi concedo qualche forchettata di un piatto di pasta anche se me ne mangerei quattro di piatti, mi siedo un po’ (fino ad ora non mi sono mai fermato praticamente), Pietro l’indomani mi confessa che lui si è fatto fuori vino e salsicce, meno male che io non ho visto nulla, non avrei resistito; prima di ripartire mi cambio completamente (ma non le scarpe), comincia a fare fresco, è tardi, finalmente mi danno una torcia (che alla fine userò poco o nulla) ed un bracciale lampeggiante e si riparte; altri atleti hanno macchine al seguito ed oramai ci si conosce, passando i loro accompagnatori mi salutano sempre ed incitano me così come Pietro fa con gli altri.
Essendo notte il percorso si fa ancora più suggestivo, sto percorrendo una serie di strade che collegano i vari piccoli centri abitati, il traffico è inesistente, qualche casa sparsa qua e là ed una distesa di buio intorno a me, per lo più c’è silenzio, il rumore dei miei passi ed i suoni della natura, un senso di infinito insomma (anche se alcuni suoni mi preoccupano un pò, “magari mi esce fuori un cinghiale!” penso fra me e me).
Ad un certo punto sento un sibilo nel buio e non capisco cosa sia, poi vedo una luce che si avvicina veloce, troppo per essere un podista, poco per essere un mezzo a motore; infatti è una bicicletta e poi ne arriveranno altre, sì, dimenticavo di dirvi che domenica, mentre io sarò ancora a soffrire sulla strada, sullo stesso percorso partirà la Nove Colli gran fondo di ciclismo, con circa 12000 iscritti!! Questi che passano ora, sfrecciando come razzi nella notte, sono una serie di pazzi che si stanno allenando e che il giorno dopo faranno anche la gara!!! La cosa che mi ha emozionato e che mi ha lasciato dentro una bella sensazione è che quasi tutti quelli che passano, mi salutano, incitano e fanno i complimenti, sanno cosa stiamo facendo noi podisti qui, oggi e penso che alla fine tra pazzi ci si ammiri e ci si rispetti.
Percorro un tratto tutto in discesa e mi avvicino al secondo cancello orario, quello che temo di più ovvero quello del km 101; lo temo perché il meglio che sono riuscito a fare sui 100 km è stato 13 ore e qualche minuto, qui ne ho massimo 14 di ore con il fatto però che sono solo a metà gara: arrivo al punto di controllo praticamente nel tempo che speravo, è mezzanotte e qualche minuto, ci ho messo quindi 12 ore e qualche minuto: sono felicissimo ed in più ho accumulato altro tempo prezioso.
Già da prima ho cominciato a bere Coca-Cola alternata ad acqua e sali minerali e continuerò così fino all’alba, è l’unico modo per rimanere svegli. Riparto per affrontare il quinto colle Monte Tiffi, solo 3 km di salita ma pendenza media 5,83% e massima 16%, vado sempre al passo ma comincio a sentire la fatica ed il sonno, sto correndo da 12 ore sono sveglio quasi da 20 ore; Pietro mi illumina un po’ la via con i fari e poi va avanti, anche lui avverte giustamente la stanchezza, gli dico di cercare di riposare un po’ se riesce, tanto se ho necessità lo posso chiamare.
Questa salita mi prova un po’, ho qualche accenno di crampo allo stomaco ed alla gamba ma li faccio rientrare, ridiscendo il colle e subito mi trovo a dover affrontare quello successivo, Perticara, 9 km di salita, pendenza media 4,11%, massima 12%; qui ho davvero sonno ma fermarmi a dormire, anche solo per qualche minuto non è pensabile, mi bloccherei e non ripartirei più né fisicamente né mentalmente, quindi decido di provare a fare una cosa che ho letto essere praticata da alcuni, cioè dormire e correre; che ci crediate o no (ma Pietro mi ha visto) comincio a fare la salita ad un passo lentissimo, tengo gli occhi socchiusi e mi riposo davvero, certo non è un vero sonno ma recupero un po’ di energie ed allontano la voglia di un letto, nel mentre non vi nascondo che mi balenano in testa pensieri neri e paura di non farcela ma li tengo a bada.
Arrivo in cima al colle, km 116, sono le 2 e 44 di notte, c’è di nuovo una tavola imbandita con piadina, vino, affettati, brodo, pasta ma io riesco solo a dare un morso ad un po’ di pane (di tutto quello che abbiamo portato in auto alla fine ho mangiato solo un po’ di frutta e qualche biscotto durante il giorno mentre ho usato i liquidi più che mai); qui ritrovo il tizio di cui vi ho parlato all’inizio del resoconto, quello poco convinto, ora è avvolto in una coperta, sguardo perso, decide di ritirarsi e pensare che mi aveva anche staccato (come avevo detto se parti con poca determinazione non vai da nessuna parte); io nel frattempo apprendo da un tabellone che sono tra i primi 30 e che parecchi si stanno ritirando (in media in questa gara si ritira una atleta su tre/quattro mi dicono).
Da un lato sono confortato dal fatto che sto andando bene ma dall’altro comincio davvero ad essere esausto, rimango ancora un po’ seduto, poi mi alzo ma prima di ripartire mi cambio e mi metto due maglie, comincio a sentire freddo ed ho un po’ di brividi e ciò non perché faccia fresco, anzi si sta bene per ora ma il fatto è che sto consumando come una formula uno pur andando piano e non incamero abbastanza energia perché non ho fame; Pietro mi vede provato e stanco e mi incita per farmi rimanere vigile.
Scollino ancora, il vento in discesa mi sveglia un po’, arrivo alla base del settimo colle, Pugliano, altri 9 km di salita, pendenza media 5,63%, massima 12%; per regolarmi nel marsupio che ho con me ho portato la stampa dell’altimetria del percorso con tutti i dati e la consulto ogni tanto per adeguare l’andatura, nel frattempo la notte passa e pian piano il cielo si schiarisce lasciando il posto ad un alba magnifica, nel cielo però rimane ancora anche la luna nonostante sia giorno, forse anche lei è curiosa di sapere come va a finire! Vado giù (che poi proprio giù non è dato che secondo la mappa ci dovrebbe essere una mega discesa che invece tale non è) fino all’inizio del penultimo colle, Passo delle siepi, 4 km di salita, pendenza media 5,85%, massima 7%.; oramai ho un calo vistoso di andatura ma continuo fino ad arrivare all’ultimo cancello di Ponte Uso dove giungo sempre con un buon anticipo (almeno un’ora e mezza, ma non ricordo nemmeno bene perché comincio ad essere annebbiato) e ciò mi rinfranca; affronto l’ultimo colle, Gorolo, 3 km di salita, pendenza media 6,07%, massima 17%!.
Naturalmente il giorno ha riportato anche un sole incandescente che di nuovo mi cuoce a puntino tanto che alla fine mi scotto tutte le spalle; fa di nuovo caldo e mi cambio maglie su maglie; come detto in più è partita la gara ciclistica e quindi si aggiunge un’ulteriore difficoltà: i ciclisti sono una marea, vanno a tutta forza, noi abbiamo l’obbligo di tenerci sul lato sinistro della strada ma nonostante questo me ne passano a centinaia a pochi centimetri e non è piacevole, si rischia un bel botto; qualcuno di loro mi chiede quando siamo partiti ed io gli dico “ieri a mezzogiorno”, rimangono senza parole!
La cosa comincia a farsi veramente dura ci sto mettendo un’eternità, anche nei pochi tratti di piano che incontro la corsa è oramai minima, per il resto uso un passo veloce; arrivo in cima, sono al km 172, me ne mancano 30 ed ho 6 ore a disposizione grazie al vantaggio accumulato (sembrano tante ma non lo sono, stimo il tempo che ci metterò per coprire la rimanenza ed alla fine ci indovino pure), mi siedo al ristoro e sosto un po’, sento sempre di più il bisogno di sedermi spesso anche perché sono iniziati i problemi veri: le gambe sono tutte un dolore e soprattutto sento che sotto i piedi le cose stanno prendendo una brutta piega (anzi, una brutta piaga!).
Riparto di nuovo, poca corsa, molta camminata, anche troppa, sto rosicchiando il vantaggio troppo velocemente, c’e il rischio che vada fuori tempo massimo se non mi do una regolata; Pietro mi vede allo stremo e teme forse che mi voglia fermare, quindi mi incita più che mai ed inoltre si fa diversi tratti di corsa con me; lo rassicuro sul fatto che assolutamente non ci penso a ritirarmi, anzi forza ne ho ancora ma il dolore è diventato insopportabile ma non è nemmeno tanto questo: stringendo i denti ce la farei a sopportarlo, non voglio farlo solo perché ho paura di procurarmi davvero dei danni fisici seri sforzandomi oltre il dovuto con il risultato magari di dover stare fermo per mesi e non avrebbe senso farlo, anzi sarebbe stupido e come dico sempre pazzo sì ma stupido no! so che arriverò e questo mi basta.
Proseguo ma quando vedo davvero che sono più lento di una lumaca con la lombaggine, mi scuoto un po’ e riaccenno qualche passo di corsa; arrivo a 20 km dalla fine, mi porto appresso una borraccia per l’acqua perché l’afa è di nuovo incredibile; nel frattempo ritrovo altri podisti sul percorso, alcuni nelle mie condizioni, altri meglio, altri peggio; il percorso ridiventa cittadino, passiamo, su vie abitate, rotonde, cavalcavia e ci avviciniamo a Cesenatico, mi sembro fermo per quanto vado lento.
Ultimo ristoro, mi siedo, gli addetti ci salutano e fanno i complimenti, riparto e arrivo all’ultimo kilometro; qui ci incanalano in un corridoio di transenne che serve anche per l’arrivo dei ciclisti, e finiamo su di un viale con tutto il pubblico ai lati che ci saluta ed acclama (è buffo perche arrivano valanghe di ciclisti e un podista ogni tanto); con la coda dell’occhio vedo che si sta avvicinando un podista più dietro, non voglio farmi superare proprio ora, non so come faccio uno sprint finale e passo sotto l’arco tra le urla della gente: è finita, non ci credo ma è finita.
Vado a ritirare la medaglia, la maglia di finisher e il diploma di Uomo d’Acciaio (anche se per me uno che fa una cosa del genere è più un Uomo de Coccio!); sono giunto ventinovesimo (in totale ne sono arrivato solo 50!) con un tempo di 28 ore, 31 minuti e 10 secondi, ma soprattutto sono giunto!
Il tempo di cambiarci e poi ripartiamo subito giungendo a Roma in serata, vado a dormire esattamente 48 ore dopo l’ultima volta che l’ho fatto (e dopo aver perso circa 4 kg di peso)!
Bene questa volta vi ho stremato abbastanza, forse avrei dovuto fare dei fascicoli settimanali, ma non sono riuscito a limitarmi; è stata un’esperienza incredibile che ancora devo metabolizzare, ho provato tutti gli stati d’animo possibili e le sensazioni più diverse.
Non trovo le parole per ringraziare Pietro; una persona che si spacca in quattro per starti dietro per due giorni è una rarità ed un eroe, spero di poter ricambiare il favore: grazie infinite, sei stato un vero amico.
Lo slogan sul sito recita “Nove Colli Runnig, il sogno”: beh, fortunatamente a volte i sogni diventano realtà! Vi saluto, alla prossima volta.
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Giuseppe Di Giorgio
Giuseppe Di Giorgio Gara: Nove Colli Running (21/05/2011) SCHEDA GARA |