Terra, Acqua e Cielo! di Giuseppe Di Giorgio, 04/10/2011
Terra, Acqua e Cielo...della serie non ci facciamo mancare niente...
Miei prodi runners, siccome il caldo non accenna a smettere e l’asfalto continua a fondere, dopo il Gran Sasso ho pensato bene di andare a cercare un’altra volta refrigerio (che ovviamente non troverò) tra i monti.
In particolare io ed un altro gruppo di simpatici sgambettatori, tutti ovviamente con il cervello ben coibentato in modo che non possa penetrare il benché minimo accenno di saggezza, ci siamo recati in quel di Cesano per la seconda edizione dell’ECOMARATONA DI ROMA sulla distanza di 42km.
Questa volta ho deciso di iscrivermi praticamente il giorno prima, ero un po’ dubbioso sia perché gli allenamenti “allegri” a cui mi sto nuovamente sottoponendo hanno cominciato a presentarmi il conto (ed io sono moroso cronico!) sia perché la mia concentrazione mentale è ai minimi storici (e me ne accorgerò durante la gara); ed allora voi direte “che ci sei andato a fare?”, ma è ovvio, premesso che una gara in condizioni ottimali non penso di averla mai fatta, mi sentivo comunque di tentare (beh diciamo che più che altro chi voleva provare è “l’ultra” che è in me e che non può non mettersi alla prova), il che non vuol dire che nelle gare mi ci butto alla cieca (un errore che si paga) ma solo che confido molto in me e nelle mie possibilità.
Comunque domenica mattina sveglia all’alba, 6 biscotti nello stomaco e parto in direzione Cesano dove arrivo verso le 7 e 30; formalizzo la mia iscrizione e comincio a regolarmi su come affrontare la gara; il percorso, a vedere l’altimetria, è una serie interminabile di saliscendi (sembra l’elettroencefalogramma di un pazzo e quindi sicuramente è quello di un runner) che solo a pensarci viene la nausea; sono previsti 6 ristori ma è raccomandata l’autosufficienza idrica ed alimentare (zaino, borraccia, bicchieri, cibo, etc.): io ho già caldo ora e quindi alla fine opto per avere la schiena libera dallo zaino portando con me solo una borraccia.
Ritrovo i mie compagni prima della partenza ovvero Graziano Meneguzzo, Cristina Marilena Imbucatura, Franco Piccioni, Marco Perrone Capano ed ovviamente Elio Dominici: in totale come sempre non raggiungiamo il centinaio penso e le facce sono più o meno note.
La partenza avviene alle 9 e 30 (mezz’ora dopo il previsto), subito cerco di darmi un ritmo decente per dare una svegliata alle gambe ed una scossa alla mente, le prime reagiscono, la secondo ci mette un po’ di più; una bella gradinata in discesa, un tratto di asfalto ed usciamo subito dal paese, cominciando la parte di sterrato.
Le prime salite non sono di pendenza eccessiva e non molto lunghe quindi non mi danno problemi anche se comunque per ora siamo a cielo aperto e pochi alberi (quindi poca ombra ma per ora il caldo è minimo). Essendo pochi ci si distanzia subito e facilmente anche se riesco a farmi un bel tratto con un amico; io ho il vizio di chiacchierare e devo trattenermi altrimenti spreco tutto il fiato ma scambiamo comunque un po’ di chiacchere (rischiando anche si sbagliare strada!) e poi lui allunga un po’ lasciandomi dietro.
Le salite si fanno più impegnative sia come pendenza (le ginocchia hanno incontri ravvicinati con il mento!) che come conformazione del terreno dato che si passa da sterrato e pietraia (e quindi un passo avanti e due indietro) a tratti con vera e propria sabbia (in montagna!), così fino a che sembra farina e naturalmente affondarci è inevitabile; fortunatamente attraversiamo anche dei veri e propri boschi con vegetazione molto fitta e quindi anche ombra più che mai benvoluta.
Non mancano ovviamente le discese che sono altrettanto difficoltose perché si tratta spesso di correre su tratti di torrenti in secca che sono strettissimi (quasi non si riesce a mettere un piede accanto all’altro) e scivolosi a causa delle pietre levigate che sembrano un’infinita scalinata.
La sete si fa sentire ed i ristori sono oasi nel deserto, non mangio nulla, non ho assolutamente fame, mentre abuso come sempre di Coca-Cola e riempio la borraccia di acqua per dissetarmi tra una postazione e l’altra, dal personale di gara scopro che sono messo bene come posizione e che sto recuperando.
Come sempre in alcuni tratti sono solo e soprattutto in mezzo alla boscaglia (dove in alcuni punti la vegetazione forma un vero e proprio soffitto verde e marrone) ho dei problemi a vedere i segnali del percorso che sono costituiti da strisce di segnalazione bianche e rosse non sempre ben visibili; varie volte mi devo fermare per capire dove andare ed altrettante mi accorgo di stare sbagliando strada giusto in tempo: come detto oggi la testa non va, concentrazione poca ma non demordo.
Come recita il titolo vi ho parlato del cielo e della terra, manca l’acqua direte voi ma arriva anche quella dato che in un tratto bisogna passare un torrente e l’unico modo per farlo, almeno per me che ho fretta è finirci con entrambe le scarpe dentro senza problemi (si fa per dire dato che quando esco sono belle zuppe d’acqua e con tanto fango attaccato che ai piedi mi sembra di avere due torte sacher da 1 kg l’una).
I kilometri scorrono e qui nella natura non faccio troppo caso né a loro né al tempo che passa, tiro dritto più che posso, cauto nelle salite e molto meno in pianura e sulle discese, è anche pieno di rovi ed è inevitabile non averci qualche contatto ravvicinato per braccia e gambe.
Il susseguirsi di saliscendi è più duro del previsto ed abbastanza faticoso, il ritmo non è eccezionale ma mi va bene così, il caldo ora si sente ed anche la stanchezza nelle gambe oltre che qualche doloretto per gli impatti con il terreno; in una discesa metto il piede un po’ male e mi si storce un po’ ma nulla di preoccupante, posso continuare.
In tutto questo passo la metà gara e poi arrivo ai 30 kilometri, da qui devo fare al contrario un tratto fatto all’inizio ma per me non è un problema dato che in mezzo alla natura il paesaggio non sembra mai lo stesso ed io oggi sono talmente rimbambito che pure se ci sono già passato rischio comunque di sbagliare strada ancora varie volte (peccato che ai ristori non diano anche materia grigia oltre alle bevande!); ovviamente mi tocca ripassare anche con i piedi nel torrente ma questo punto, dato il caldo è anche un sollievo.
Ultimi due kilometri, ho il terrore di aver sbagliato davvero strada ma fortunatamente raggiungo un altro runner e mi tranquillizzo (o almeno penso “o la strada è giusta o abbiamo sbagliato in 2), riesco anche a superarlo, ma qui l’effetto del ripetuto saliscendi si fa sentire e mi prende un crampo alla coscia sinistra; come al solito quando ho i crampi non mi fermo ma ci corro sopra perché mi passa solo così e funziona anche stavolta anche se il mio passo non è proprio fluido.
Giungo di nuovo in paese dove ovviamente c’è la sorpresa ovvero salita con finale di gradinata dove do' fondo alle ultime risorse per passare sotto l’arco dell’arrivo; è stata una faticaccia, gara bella ed adeguatamente dura, sono molto soddisfatto perché sono giunto decimo assoluto ed addirittura primo della mia categoria (mai successo!) e calcolando che le gambe sono giunte ma la mente si è persa nel bosco e non accenna a tornare (chi la vedesse è pregato di contattarmi ma non provate a parlarle eh!) va benissimo così.
È stato un successo per la nostra società dato che oltre a me abbiamo preso premi in varie categorie grazie ai miei validi compagni che qui saluto ed ai quali faccio i complimenti per la tenacia.
Vi saluto, alla prossima!
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Giuseppe Di Giorgio Gara: Roma Ecomaratona (02/10/2011) SCHEDA GARA |