La Prima Maratona di Fabio Farabullini, 24/03/2010
Edgardo Laganà e Lluis Peris Cancho È la mia prima maratona, una sorta di salto nel buio, un tuffo nel vuoto: riuscirò ad arrivare alla fine? Riuscirò a sopportare uno sforzo così grande?
Dopo una impaziente attesa la partenza. L’emozione è inaspettata e fortissima, inizio a correre, non per il solito allenamento “ritagliato” tra i molti impegni quotidiani, ma per una MARATONA! Parto e non so per quanto e per dove, insieme a migliaia di sconosciuti che improvvisamente diventano compagni di viaggio, persone con le quali condividere qualcosa.
Durante le prime falcate ripeto a me stesso il “piano-gara” (scusate il retaggio cestistico) che avevo elaborato grazie ai preziosi consigli ricevuti: non guardare il cronometro o meglio guardalo solo per evitare di andare troppo veloce nei primi chilometri, controlla che i battiti si mantengano bassi, guarda distrattamente le indicazioni chilometriche, goditi Roma.
Dopo pochi chilometri vedo Patrizia, impareggiabile, con la sua macchina fotografica. Tutto procede bene; Piramide, San Paolo, Testaccio. Nei pressi del Tempio della Minerva vedo tanta gente ai lati del percorso; tra tanti incitamenti spiccano quelli degli amici della Podistica e in particolare quello del nostro grande Presidente: un’iniezione di entusiasmo.
Lungotevere, San Pietro, Piazzale Clodio, di nuovo Lungotevere. Vedo tre bambine (forse spagnole) che allungano il loro braccio e tendono le loro manine per dare e ricevere il “cinque”; repentinamente mi avvicino al lato della strada e ci scambiamo il “cinque”.
Mezza maratona: tutto bene, battiti sotto controllo, le gambe vanno senza problemi. Stadio Olimpico, Tor di Quinto; sento che le energie iniziano a scarseggiare: quanto manca al prossimo ristoro? Finalmente arrivo al ristoro; sali, banana, va meglio ma dura poco, forse è meglio camminare un poco.
Moschea; riprendo faticosamente a correre e dopo alcune centinaia di metri vedo Patrizia, impagabile, con la sua macchina fotografica e il suo grido “forza Podistica”; incredibilmente faccio di slancio i successivi 2 chilometri ma poi sento una fitta al polpaccio destro: mi sono strappato? Cammino per un po’. No, non mi sono strappato, il dolore pian piano diminuisce, ora è quasi scomparso; riprendo a correre molto lentamente, cercando di capire se riesco ad andare avanti ma improvvisamente da dietro sento un tanto inaspettato quanto rivitalizzante “dai, forza Podistica, dai, alè” e immediatamente dopo vengo superato da un pacemaker che mi mostra un nastro arancione legato al polso, segno di appartenenza alla nostra società.
Trovo inspiegabilmente (o forse no?) nuove energie; la fatica si fa sentire, ma riprendo a correre, tranquillamente. Piazza Navona, Piazza Argentina, Piazza del Popolo, Piazza di Spagna, Fontana di Trevi, Piazza Venezia, Circo Massimo: meravigliosi scorci che aiutano a sentir meno stanchezza.
Ultimo chilometro: “dai ci sei, ultimo sforzo” ripeto a me stesso, stanco ma con tanta voglia di finire. Colosseo, l’ultima breve salita: forse è meglio farla camminando? Sento un grido provenire da un lato della strada: “forza Podistica, dai, sei arrivato!”; non ci penso su, abbandono l’idea di fare l’ultima salitella camminando, anzi accelero leggermente e in un attimo mi ritrovo su via dei Fori Imperiali.
L’arrivo: una intensa emozione, irripetibile, indimenticabile.
Grazie a tutti.
|
Fabio Farabullini
Fabio Farabullini (foto di Giuseppe Coccia) Gara: Maratona di Roma (21/03/2010) SCHEDA GARA |