Siamo RUNNER, mica gente normale... di Maurizio Zacchi, 29/10/2012
L’incubo si materializza durante la settimana in una serie di avvisi meteo che dipingono un quadro fosco, che diventa sempre più fosco man mano che ci si avvicina al weekend. Ma la vera mazzata arriva da un volantino appeso fuori della porta dell’ascensore dell’hotel che concentra la parte peggiore della previsione proprio nella mattinata di domenica.
La sera in hotel non si parla d’altro e proprio la magica formula dello "stare insieme" riesce a dare un tocco di serenità alla “comitiva” orange. La tensione si scioglie nelle battute goliardiche e alla fine della cena ci sentiamo tutti pronti a sfidare “il peggio”. Siamo venuti fino a qua e non ci fermerà nessuno. E poi con noi c'è anche il Presidente e la sua semplice presenza ci infonde coraggio.
La mattina alle 6, nella sala colazione, il rito si ripete, anche se nessuno sembra avere il coraggio di guardare fuori della finestra. Finita la colazione superiamo speranzosi la porta dell’albergo per tuffarci verso l’ignoto, che poi non sembra così “pericoloso”. Il vento è gelido e impetuoso, ma almeno non piove.
Il viaggio verso Stra diventa il solito evento goliardico e più che atleti che vanno ad affrontare una corsa insidiosa, sembriamo una scolaresca in gita. In ogni caso evitiamo di guardare nella direzione in cui un nuvolone color viola sembra annunciare l’arrivo della temuta perturbazione.
Nella zona partenza ci ritroviamo tutti, anche quelli che arrivano da alberghi diversi.
Siamo tutti allegri, ma l’incubo stavolta si materializza veramente, il vento gelido continua ad aumentare e il cielo si fa sempre più scuro. Ci scopriamo tutti più fragili mentre ci “spalmiamo” contro un muro di una villa, sperando che i minuti scorrano velocemente e arrivi il momento della partenza. Siamo “runner” e pensiamo che la corsa sia la soluzione di tutti i problemi. Si avvicina il momento di entrare in griglia (purtroppo senza carbonella), mentre le prime gocce cominciano a cadere e a bagnare le nostre canottiere. La pioggia e il vento continuano ad aumentare mentre stretti l’uno con l’altro attendiamo il sospirato via. Siamo “runner”, fateci correre.
Finalmente arriva il momento fatidico, il serpentone degli 8000 comincia a muoversi, prima molto lentamente e poi sempre più velocemente. Siamo in corsa e tutto sembra più bello, anche il tempo. Eravamo preparati al peggio, ma la pioggia non sembra più così intensa e, mentre scorriamo sulle rive del Brenta, anche il vento non appare più così impetuoso. La gente sfida il maltempo e ci fa sentire quel calore di cui abbiamo bisogno, sostenendoci con grande simpatia e anche con grande fantasia. L'attraversamento dei paesi è un occasione di festa, e l’incitamento è una scossa di energia. Ogni tanto veniamo colpiti da qualche raffica che si insinua nei punti più scoperti del percorso, ma siamo tutti abbastanza sereni.
Prendiamo fiducia, in fondo Venezia non sembra essere così lontana. Putroppo è solo un’illusione, il peggio deve ancora arrivare, ma è già in agguato. Più ci avviciniamo a Mestre e più le condizioni tendono a peggiorare. La pioggia si fa più intensa e le raffiche di vento diventano delle autentiche stilettate che cominciano a lasciare il segno. Ma il peggio, o quello che crediamo il peggio, si palesa all’arrivo a Parco S.Giuliano, al 30’ chilometro. La pioggia si trasforma in una vera tormenta di acqua, mentre il vento assume le connotazioni di una tempesta. Il freddo diventa pungente e l’abbigliamento tecnico non è più in grado di fornire alcuna protezione alle nostre stanche membra. Il giro del Parco è un'autentica sofferenza.
Ma al peggio non c’è mai fine, e il peggio è il Ponte della Libertà, una fettuccia di 3800 metri che scorre sulla laguna unendo Mestre a Venezia. Adesso Venezia, è davvero lontana, un miraggio alla fine di un deserto di acqua e vento che ci aggredisce da tutti i lati. La Bora è gelida e spira in senso contrario alla nostra direzione di marcia. Tutto viene scosso dal vento e l’insieme diventa un ostacolo insormontabile. Sono quei momenti in cui la parte razionale della mente lavora per fermare il supplizio, per farti alzare bandiera bianca, entrando in contrasto con la parte emotiva della nostra mente, con i segnali che arrivano dal cuore. Quella voce ci ripete in continuazione che Venezia deve essere nostra, che quel miraggio si trasformerà in realtà. Eppure non abbiamo neanche il coraggio di guardarla Venezia, con il suo profilo sfumato dalla foschia.
Avanziamo a testa bassa, per evitare le frustate della pioggia e la miriade di oggetti trasportati dal vento. Anche le segnalazioni chilometriche volano in aria, rischiando di finire in mare. Le nostre membra sono sempre più doloranti e le estremità diventano sempre più insensibili a causa del freddo polare.
Finalmente il profilo della città lagunare assume tinte reali, quella dei colori degli splendidi palazzi veneziani. Il supplizio è alla fine, siamo a Venezia. La parte razionale della nostra mente si arrende e lascia spazio solo alle emozioni. Ormai può accadere qualsiasi cosa ma sappiamo che taglieremo quel traguardo montato sulla Riva dei Sette Martiri…un nome che in questo momento sembra assumere il valore di un simbolo, anche se i martiri in questo caso sono 8000.
Non è ancora arrivato il momento dei bilanci, mancano soltanto 4 chilometri, ma tra noi e l’arrivo ci sono 14 ponti, ognuno dei quali rappresenta una sorta di attentato ai nostri muscoli ormai provati. Discesa e salita, discesa e salita, a ripetizione. E’ il momento di superare il Canal Grande e di entrare nel Rione San Marco. Un ponte galleggiante montato per l’occasione unisce le due rive e rappresenta una grande difficoltà, demolendo anche il concetto di stabilità. Il pavimento si sposta sotto i nostri piedi facendoci sbandare da una parte all’altra. Ma tutto il contorno sembra minaccioso, come l’acqua che sfiora le rive attraversate dai podisti, come l’acqua che ci impedisce il passaggio in Piazza San Marco. Acqua da sopra e acqua da sotto.
Manca meno di un chilometro all’arrivo e soprattutto mancano ancora alcuni ponti, molto insidiosi a causa del loro dislivello. E’ il momento delle riflessioni, è il momento dei perché, mentre il cuore con le sue emozioni, diventa l’unico antidoto vero all’assideramento.
Già, perché siamo qui, perché abbiamo deciso di sfidare la natura, perché abbiamo abbandonato un letto caldo per tuffarci in questa tempesta. Cosa c’è nella nostra testa, nel nostro cuore, per spingerci fino a queste situazioni “estreme”.
Già…perché?
Eccola là la risposta alle nostre domande, la vediamo quando raggiungiamo la cima dell’ultimo ponte. Si materializza di colpo per annunciarci la fine di questa avventura. E’ il traguardo, il fine ultimo di tutti i nostri sforzi. La nostra vita in fondo è l’insieme di tanti traguardi raggiunti e di tanti altri che non siamo riusciti a raggiungere.
L'eterna lotta del cuore contro la ragione.
Eccolo là, è la fine della nostra sfida, ma è anche un inizio, la premessa di una nuova avventura che ci aspetta: la prossima corsa e il prossimo traguardo, in una sequenza senza fine.
E poi le nostre sfide hanno un altro significato che è dato da quella canotta arancione che portiamo cucita addosso e di cui siamo orgogliosi. Tante avventure personali che si sommano in un’unica storia, la storia della Podistica Solidarietà.
Ecco perché appena arrivati, tremanti dal freddo, andiamo alla ricerca di informazioni sugli altri orange, per sapere se sono arrivati. Il primo pensiero va a quei nostri compagni che hanno iniziato questa gara in condizioni fisiche precarie. Siamo qui a rammaricarci di qualcuno che si è ritirato, che non ce l’ha fatta, anche se sappiamo che è solo un episodio temporaneo, perché stavolta la ragione l'ha avuta vinta, ma la prossima volta il loro cuore prevarrà ancora sulla ragione e li spingerà a lanciare una nuova sfida.
Già, perché siamo runner, mica gente normale.
PS. Ecco i nomi di coloro che hanno sfidato la natura decidendo di prendere il via nonostante il tempo. Li citiamo in ordine di apparizione...al traguardo:
Cristiano Giovannangeli, Massimo Fantoni, Paolo Cristofaro, Lluis Francesc Peris Cancio, Christian Hubler, Simone Paolo Ponzetto, Fabio Gualtieri, Antonio Porcaro, Giancarlo Amatori, Daniel Peiffer, Marco Perrone Capano, Antonietta Scala, Lisa Magnago, Maria Chiara Rosi, Mauro Ugolini, Maurizio Zacchi, Claudio Ubaldini, Francesco Valerio, Fabiola Restuccia, Fabio Tucci, Maria Bianchetti, Fabrizio De Angelis.
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Maurizio Zacchi Gara: Maratona di Venezia (28/10/2012) SCHEDA GARA |