Molti mesi fa decisi, come spesso si fa, di provarmi e confrontarmi con un'impresa al limite della sofferenza, fisica e mentale,
la 100 km del Passatore. Una gara non facile, resa ancora più difficile dal percorso dei primi 48 km quasi interamente in salita (tipo Speata per intenderci) e di 52 in discesa, a partire da Firenze verso il Passo della Colla fino a Faenza.
La motivazione che spinge un essere umano a compiere imprese che spesso di umano hanno poco possono essere le più disparate, per me furono speciali.
Molti anni fa, forse una vita fa, in presenza di una mastopatia bilaterale e di papillomi ai dotti galattofori, fui operata al seno. Negli anni a seguire monitorata, con una piccola operazione di controllo a distanza di molti anni, non sviluppai alcuna patologia tumorale e a tutt’oggi devo ringraziare il chirurgo che, probabilmente fece la miglior prevenzione.
Molto però a parer mio ha fatto e farà sempre la mia anima e il mio fisico da sportiva che ha continuato a praticare sport a tutti i livelli.
Questo mio praticare sport negli anni mi ha portato
a conoscere donne fantastiche che non avevano incontrato la persona giusta al momento giusto, o forse anche sì, e si sono trovata a combattere (qualche volta inutilmente) con il tumore al seno.
Amiche, compagne con le quali ho condiviso viaggi, percorsi di vita, moltissime con le quali ho condiviso la mia passione per lo sport.
Poi l’anno scorso il mio progetto. Inizialmente doveva chiamarsi
“Ten for One e One for Ten” poi
“In cammino per la vita” a significare l’amicizia, la capacità di accompagnarsi, di camminare insieme, di darsi la mano, ma soprattutto,
la capacità delle donne, che, dopo essersi ammalate, trasmettevano il loro messaggio di guarigione, anche attraverso un percorso doloroso e personale di malattia alle altre donne.
Io insieme a 10 donne speciali, 10 donne speciale insieme a me, io per 100 km e loro per step di staffetta.
L’Organizzazione della 100 km, dopo varie telefonate e mail si convinse ad appoggiarci o meglio, a non ostacolarci e così, andai, andammo avanti per mesi, studiando lunghezze, altitudini e attitudini, caratteristiche fisiche e mentali. Cercando donne speciali e coraggiose alcune già atleticamente preparate, altre prive di allenamento ma con grandissima forza di volontà arrivai a scrivere sul mio elenco
Emanuela, Cinzia, Assunta, Roberta Ricci, Beatrice, Enrica, Laura Toniarini, AnnaMaria, Rosella, Marzia, e con loro siamo partite per questa avventura.
Chi conosce il Passatore, sa cosa significhino i vari punti di ristoro e come siano dislocati, io non li conoscevo, quindi ho dovuto cambiare diverse volte le staffette, in base alla lunghezza, ma anche considerando le pendenze e le differenze di altitudine. Analisi dei tempi, controllare chi avrebbe camminato di giorno con il caldo chi di notte con le luci sulla testa (e sul cuore), chi avrebbe potuto percorrere pochi km chi invece avrebbe potuto, finito il suo, accompagnare la donna successiva per un po’ nel suo percorso … e poi, alberghi, macchine e treni per spostamenti, certificati medici, iscrizione a società regolarizzata per avere copertura assicurativa, chi avrebbe accompagnato chi e in quali tempi …
E poi trovare qualcuno che ci aiutasse nell’abbigliamento e nei nostri corredi.
La Podistica Solidarietà ci ha regalato tutti i marsupi e l’occorrente notturno per tutte (accompagnatori compresi).
La Strada del Benessere ci ha dato integratori per tutte/i.
Spiragli di luce ha regalato un cappellino rosa a tutte le donne.
L’Associazione Italiana di Apiterapia diverse dosi di Polline fresco.
Footworks le magliette rosa.
Agnese Zanotti e la Scuola Nazionale di Camminata sportiva le bandane colorate.
Il negozio Tomar di Anguillara una canotta gialla con le quali i nostri supporters, e noi stesse abbiamo tagliato il traguardo di Faenza.
Grazie veramente per quello che ci avete dato credendo nel nostro progetto. E grazie anche alle donne che alla fine non hanno avuto la forza, il coraggio o semplicemente la salute per partecipare perché ci hanno comunque accompagnato per un pezzetto del nostro percorso.
Siamo partite, e, per circa un terzo del percorso siamo riuscite a proseguire, io nella 100 e ciascuna di loro con la forza e la determinazione del loro pezzetto di percorso. Insieme a noi Alessio, a piedi e Andrea in bici.
Andavo, andavamo spedite e con passo deciso, io con il timore reverenziale di chi sa che dovrà percorrere 100 km, loro, ciascuna di loro, nel proprio personale percorso, ma insieme a me nella condivisione.
A un certo punto del percorso però, non so come, non so perché, (ma nella vita succede) ci siamo perse, io ho proseguito da sola.
Il buio si avvicinava e con lui tutte le paure in cui ciascuno si ritrova a camminare con la propria fragilità e la propria piccola umanità. Io non ce l’ho fatta a continuare. Nonostante Alessio non mi abbia mai abbandonato, mi sono all’improvviso totalmente abbandonata, nel mio progetto, nel mio essere lì. Per un po’ ho resistito, ma poi al 42° km sono crollata e mi sono accasciata almeno psicologicamente, non ce l’ho fatta a proseguire.
Ma le ragazze del progetto sono andate avanti, dal pullman dei ritirati che mi portava verso Faenza le ho viste aspettarsi e abbracciarsi al buio, passarsi la corona disegnata da me e realizzata splendidamente da Rosella,
le ho viste sorridersi e le ho sentite appoggiarsi e farsi coraggio per il buio, per il percorso, per la strada … e la mia personale sconfitta lasciava spazio alla vittoria del gruppo. E quando alle 6 del mattino sono rientrata in albergo ero un po’ triste solo per me ma felice, per tutto quello che stava andando avanti.
Ma lì, in albergo, a significare la forza delle donne che lottano e anche nei momenti peggiori tirano fuori il coraggio più grande, sono stata presa a forza da Marzia, l'ultima staffettista che doveva raggiungere Rosella a Brisighella per gli ultimi 12 km.
“Sono venuta qui per fare il percorso insieme a te, ora tu ti cambi e vieni con me a percorrere quegli ultimi km!” Insieme al 99° ci congiungeremo alle altre come nel tuo progetto! Altrimenti non parto nemmeno io!
Così è stato, ho cambiato la maglia, indossato quella delle donne operate al seno e
con le lacrime agli occhi e con la forza nelle gambe, con la gioia nel cuore e la mia Marzia accanto, ringraziando tutte quelle che avevano portato fino a lì il testimone del loro coraggio, abbiamo percorso tra sorrisi e incitamenti della gente quegli ultimi 12 km a velocità al difuori di ogni pensiero camminando su piedi e scivolando sul nostro coraggio, sul coraggio di tutte le donne.
Poi, piano piano a partire dal 98° km e fino all’arrivo ci siamo riunite con le altre e ci siamo prese per mano e contando i nostri passi siamo entrate a Faenza e riempiendo la strada di NOI e dei compagni di avventura, Anna Maria, Alessio, Andrea, Maria …
abbiamo tagliato il traguardo, nella commozione di tutti.
Grazie, per avermi portato al traguardo, come nel mio sogno,
spero che questo possa diventare il sogno realizzato di tutte quelle donne che colpite così duramente nella loro femminilità dalla vita, possano trovare nello sport, nella solidarietà al femminile, ma anche maschile, la forza di andare avanti guarire e tagliare tanti nuovi traguardi.
Questa esperienza mi ha molto toccato, ma non tanto per il mio piccolo passatore, quanto per il grande passatore, quello delle emozioni condivise, quello del proprio percorso di sofferenza che spesso è precluso agli altri, o perché andiamo troppo veloci e non permettiamo agli altri di raggiungerci, o perché andiamo troppo lenti e non permettiamo agli altri di accorgersi della nostra sofferenza. Spesso non possiamo aiutare perché corriamo troppo forte e troppo assorti in noi stessi lasciamo gli altri indietro. Spesso il nostro orgoglio e la nostra presunzione ci fa credere di potercela fare da soli anche se, in cuor nostro sappiamo di aver bisogno degli altri.
È così difficile camminare al fianco di qualcuno che soffre! A volte è così difficile chiedere aiuto prima che sia troppo tardi!