Qualcuno è già venuto a conoscenza che da poco mi sono trasferito a Bassano Romano, ridente paesino vicino Viterbo.

Non me ne vogliano i miei nuovi compaesani, ma qui fa più freddo che a Roma.
L’altro giorno ho incontrato un mio vecchio conoscente il quale mi ha confidato che d’estate, mentre altrove organizzano feste dell’unità, sagre cittadine e falò sul mare, loro si riuniscono e partecipano alla “festa dell’ umidità”, organizzata da un partito di cui non ricordo il nome, ma comunque un buon partito.

Infreddolito al massimo, sono quindi partito domenica alla volta di Tivoli, per partecipare al grande prixo della città.

Dopo aver percorso strade interrotte e vicoli non proprio ciechi ma con pochissima vista, sono arrivato al paese famoso per aver dato (fino ad ora) tutti e 57 i natali al presidente Pino Coccia.

Eravamo ancora in pochi alle 7.45 ma ci siamo tutti dati da fare per dare una mano a Pino (pardon alla Podistica Solidarietà). Io ho dato la mia e lui mi ha stretto la sua... ci siamo salutati e me ne sono andato... (scherzo).

Abbiamo operato in modo indefesso affinchè tutto venisse preparato per la partenza. Io mi sono posizionato nelle retrovie di uno dei tre gazebi a distribuire pacchi gara a volontà. Gli stessi erano inseriti in apposite scatole e, quando alla fine il grande Pino mi ha chiesto di rompere le scatole, io l’ho fatto volenteri, nonostante avessi già da tempo rotte le mie (di scatole).

Dopo questa fastidiosa operazione sono andato in macchina, mi sono cambiato e sono ritornato sulla linea di partenza, pronto allo scatto iniziale, che stavolta è avvenuto a livello “missile”.

Strada facendo, la mia media si è assestata sui cinque a chilometro e sinceramente ero un po' deluso, perché volevo fare di meglio. Il mio coach Pino dice che per fare di meglio bisogna imparare a fare meglio e, come dicono a Napoli, nessuno nasce imparato. Un mio amico di Napoli, però, Imparato Salvatore è nato Imparato, figlio di Imparato, ma questa è un’altra storia.

Ritornando alla gara, proseguo sui cinque a chilometro fino all’ottavo, che intravedo da lontano, troppo lontano. Allora penso: perché non cercare di fare meglio, come diceva Pino?
Alla vista del cartello quindi accelero in maniera esponenziale fino a che non arrivo in prossimità dello stesso. Lo prendo sottobraccio (il cartello) e, sotto gli sguardi attoniti degli altri runner, ritorno a razzo indietro di 500 metri, dove riposiziono il cartello. Accorcio dunque l’ ottavo chilometro, facendolo diventare 500 metri.

La stessa operazione la effettuo alla vista del nono chilometro con la seguente successioni delle fasi:
Fase 1: avvistamento cartello e accelerazione
Fase 2: prelevamento cartello
Fase 3: riposizionamento cartello
Fase 4: ripartenza a razzo.

Altri 500 metri guadagnati e altro tempo risparmiato.
Il decimo chilometro lo percorro in sordina e stranamente mi sembra più lungo del normale, ma ormai i secondi guadagnati accorciando i chilometri precedenti mi garantivano un certo margine per permettermi di chiudere la gara con un sensazionale 44 min. e 51 sec.

Questa è la mia verità.

E che nessuno si permetta di insinuare e dire che ho tagliato lungo il percorso!

Ciao a tutti. Attilio.

P.S. Come si evince, la storia è frutto di pura fantasia. Qualsiasi riferimento a persone reali e ad avvenimenti realmente accaduti è puramente casuale.