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Una corsa dentro la storia
di Ettore Golvelli, 02/11/2015

La storia antica e recente non passa mai silenziosamente nelle terre di grande valore spirituale e gli eventi bellici che, attraverso i secoli, le devastano contrassegnano sempre fortemente il loro territorio tanto che, percorrendo le strade e i sentieri, si ha sempre l'impressione di rivivere le loro storie.
Sono queste le sensazioni che ho provato correndo oggi lungo i tratturi e i sentieri del Monumento Nazionale di Montecassino, lungo la “Cavendish Road”, sul crinale che porta all'Obelisco, alla Quota 593, al Cimitero Polacco, sui sassi del sentiero di S. Benedetto ... sensazioni forti, fortissime: ho percorso trequarti della corsa ripercorrendo nella mia mente tutti gli avvenimenti di quel tragico maggio di 71 anni fa che ha segnato in modo indelebile un territorio unico nella sua fattispecie.
Ma veniamo alla corsa. Sono a Cassino, sfortunata cittadina a Sud del Lazio che, tra il 1943 ed il 1944, segnava il tormentato limite, fatto di sangue e rovina, della più aspra e lunga lotta combattuta dagli eserciti sul suo suolo nel nome della libertà e della civiltà.
Sono nel bellissimo parco naturale della cittadina, costituito dalle sorgenti del fiume Gari che, sorgendo da due diversi rami, si ricongiunge in uno splendido laghetto dove nuotano serene allegre folaghe e sguazzano felici vari tipi di trote.
La giornata è tiepida, il sole autunnale splende senza infastidire un centinaio di podisti che fremono sotto lo striscione della partenza. Insomma la giornata è perfetta per una corsa ... culturale lungo sentieri dove storia e religione la faranno sicuramente da padrona.

Si parte e, dopo aver lasciato il parco, appare una delle maggiori attrazione della città. A mezza costa, su di un altura in gran parte scoscesa, si erge, con la sua torre e le sue mura, la Rocca Janula. Questa fortezza turrita, ancora superba e imponente, domina la città nuova di Cassino. Nonostante le distruzioni violente volute dall'ira degli uomini e della natura, è stata recuperata e ricostruita perché testimone nei secoli della storia e della civiltà di Montecassino, come strumento difensivo delle sue terre, dei suoi abati, dei suoi libri, della sua cultura.
Nei pressi di questa eccezionale macchina da guerra medievale è stato collocato, come monito, un monumento della pace. Io invece credo che lo scheletro del bastione, le sue lacerazioni, le sue testimonianze di guerre e guerre, sono pur essi un grande monito ... un grande monumento di pace.
Adesso sto costeggiando il fiume Gari. In questa zona è chiamato fiume Rapido per l'elevata corrente delle sue acque. Su questo fiume, dal 20 al 22 gennaio del 1944, si svolse "la Battaglia del Fiume Rapido", parte della prima Guerra di Cassino, uno degli eventi più cruenti della Seconda Guerra Mondiale. Per questo il Gari è detto anche "fiume delle quattro battaglie".
La battaglia a cui si riferisce fu vinta dagli alleati grazie all'ingegno di un ufficiale canadese che escogitò il modo di passare il fiume facendo adagiare un carro armato Sherman senza tetto sul letto del fiume e collocandovi sopra un ponteggio di 80 piedi a mà di ponte.
A ricordo di questa battaglia, nel 2008, fu collocata sul posto "la Campana della Pace", monumento commemorativo della battaglia che si è combattuta e, soprattutto, a ricordo dei tanti giovani morti nell'attraversamento di questo fiume.

Lasciato il fiume si gira verso la strada che va verso Caira, piccola frazione di Cassino, e qui incontriamo il Cimitero Tedesco. Il cimitero si sviluppa in maniera concentrica intorno ad una collina, con i vari blocchi posti a semicerchio. All'ingresso del sacrario vi è una toccante scultura raffigurante un padre ed una madre che piangono il loro figlio morto in guerra.
Il cimitero ospita più di 20000 caduti tedeschi che hanno trovato qui la loro ultima dimora.
Ma il cimitero è famoso in Germania perché ospita anche le salme di autentici eroi della Seconda Guerra Mondiale: la Prima Divisione Paracadutisti. Questi parà erano una formazione d'élite, equipaggiata con armi molto efficaci e con uomini altamente addestrati e con una forte attitudine al combattimento. Veterani di tante campagne di guerra, erano uomini con la capacità di adeguarsi alle situazioni più disparate ed essere completi come fanti, genieri, artiglieri e cacciatori di carri armati.
A Cassino i "Fallschirmjager" ebbero la loro consacrazione nella storia.
Sottoposti al più grande concentramento di fuoco mai prima attuato, ad opera dell'intera aviazione del Mediterraneo e dell'Artiglieria, dopo sei ore di resistenza ad una enorme tempesta di fuoco, passarono al contrattacco con una tale ferocia da sbaragliare le truppe alleate. Lascio il cimitero e continuo la mia corsa sui sentieri della storia.

Adesso la strada sale decisamente e dopo poche centinaia di metri si devia verso un tratturo storico: la leggendaria "Cavendish Road".
Mentre percorro il tratturo la mia mente vola a settanta anni prima e penso alle persone che lo percossero nel fango di un gelido inverno tra il ronzio delle pallottole e lo scoppio delle granate. Adesso osservo con attenzione particolare i luoghi che furono testimoni di sanguinosi scontri in cui un migliaio di giovani soldati soffrirono e si sacrificarono per la nostra libertà. Perché se oggi possiamo ripercorrere questo sentiero nella pace di un paese libero è grazie a tutti loro.
E qui comincia la storia ... Dagli inizi del mese di febbraio del 1944, sulle colline che circondavano la millenaria Abbazia di Montecassino, si erano susseguiti, da parte degli Alleati, sanguinosi attacchi nel tentativo di aprire un varco nella poderosa Linea Gustav, ma senza alcun esito. Allora si decise di tentare un attacco con una colonna di carri armati sfruttando il tracciato di una antica mulattiera che da Caira si arrampica, attraverso un percorso accidentato, fino al lato occidentale dell'Abbazia di Montecassino.
Ma la mulattiera era stretta e irta e così si decise di allargarla per il passaggio dei carri armati. Dopo sei giorni di estenuanti e faticosi lavori, la mulattiera fu pronta per il transito di una colonna corazzata.
L'idea era geniale ed in effetti stavano quasi per sorprendere i tedeschi alle spalle ma, mal guidata, la colonna corazzata fu bloccata dai parà tedeschi che, con pochi mezzi ed uomini, la distrussero completamente.
A ricordo della sanguinosa battaglia combattuta su quelle alture, fu lasciato uno dei carri armati che si arrampicarono sull'impervia mulattiera denominata "Cavendish Road".

Ma Cassino andava presa perché bloccava agli Alleati la strada per Roma. Fino a quel momento ci avevano provato in tanti ma tutti fallirono: tutti respinti dai parà tedeschi. Ci riusciranno i polacchi comandati dal mitico Generale Anders, un autentico eroe che aveva fatto un lungo cammino per venire a combattere in Italia: da Varsavia, attraverso i campi di prigionia della Russia, fino a Montecassino.
I polacchi attaccano il monte: una volta, due, tre, ma sono respinti. Hanno contro la Prima Divisione Paracadutisti, i combattenti più duri della Germania.
I tedeschi si battono con fede cieca, spazzano il terreno con le mitragliatrici e i mortai. I loro cecchini colpiscono i polacchi come uccelli appollaiati sui rami. I cadaveri costellano il campo di battaglia, tra i papaveri, i gigli selvatici, il sapore della terra bruciata e l'odore della morte. Tedeschi e polacchi uccidono per non essere uccisi. Sono soldati che vivono come animali. Vivono sottoterra ed emergono a gruppi per respingere gli attaccanti o ... morire. Mangiano se e quando capita, dormono in piccoli anfratti, dietro macigni, nelle grotte. Sono veterani del mondo crudele della morte.
I polacchi non demordono e ripartono per la quarta volta all'assalto della montagna, aggrediscono la cresta, scalano la testa del serpente, si fanno scudo con i cadaveri dei compagni, sparano contro tutto quanto assomigli ad un elmetto di un parà.
La battaglia infuria tutta la notte tra il rumore sordo dei proiettili e quello metallico dei corpo a corpo sui pendii. Le unità dei parà tedeschi cedono e sono ridotti a scampoli. Quota 593 cade all'alba del 18 maggio.
Il primo polacco a mettere piede sulla cresta trova solo un terreno tappezzato di papaveri e cadaveri.
I parà superstiti si sono piegati solo all'ordine di abbandonare il "loro monte" e sganciarsi, come ombre, verso la Casilina. L'intero fronte tedesco sta cedendo sotto i colpi degli Alleati e quella del Gen. Anders è stata l'ultima sanguinosa spallata.
Sulle rovine di Montecassino scende il silenzio. Nel cielo di mezzogiorno i lancieri issano al vento la bandiera rossa e bianca. I soldati piangono come bambini. Dopo sei mesi la battaglia di Cassino è finita e la strada per Roma è aperta agli americani del Generale Clark.
Il Gen. Anders salì sull'Abbazia per rendere omaggio ai caduti e feriti e il campo di battaglia gli offri uno spettacolo tremendo: cadaveri di soldati, carri armati distrutti, crateri, brandelli di armi ed uniformi, l'odore della putrefazione e, tutt'intorno ... il rosso dei papaveri.
Quando Anders morì a Londra qualche anno dopo, si fece seppellire nell'enorme cimitero polacco di Montecassino perché la sua anima di soldato e polacco si era fermata li, a Quota 593, insieme ai suoi uomini.
In questo cimitero resta una scritta su di una lapide: "Noi soldati polacchi abbiamo dato la nostra anima a Dio, i nostri corpi all'Italia e i nostri cuori alla Polonia". Sembra retorica ma non lo è. È invece la sintesi perfetta del sacrificio di Montecassino.

Quassù, a Quota 593, un cancello per anni ha ostruito l'accesso alla strada che porta all'Obelisco. Ora invece è stato rimosso e la parte che sovrasta il Cimitero Polacco è tornata fruibile a quanti amano la natura e i luoghi dove è stata fatta la liberazione dell'Italia dal nazifascismo.
L'Obelisco è una stele in pietra issata dai polacchi a Quota 593 S.l.m. in ricordo dell'impresa bellica e dei soldati li caduti che li portò, nel maggio 1944, a issare la bandiera biancorossa sulle macerie ancora fumanti di Montecassino.
È difficile anche per me immaginare cosa albergasse nei cuori di quei soldati polacchi, stretti attorno all'idea di combattere per la libertà, in una terra lontana da quella natia, fino al grandissimo sacrificio che permise prima di conquistare la temibile Quota 593 e poi entrare, per primi, fra le rovine dell'Abbazia Benedettina, contribuendo in maniera determinante a costruire quella pace che si era persa in quei tristi anni di guerra.

Adesso si scende verso l'Abbazia percorrendo un sentiero stretto e pericoloso. Di lato una serie di gallerie sventrate in modo impietoso da una furia micidiale venuta dall'alto: raccontano le sofferenze della guerra che hanno subito "gli sfollati di Cassino" che hanno cercato rifugio nelle caverne o nell'Abbazia stessa.
Rischio di cadere perché deconcentrato: la mia mente è ancora affollata dai ricordi degli scontri sanguinosi intorno all'Abbazia benedettina, nel più aspro contrasto inimmaginabile tra la più spaventosa violenza bellica e il più pacifico simbolo di fede religiosa.
Giro sotto le enormi mura e poi, prima che si comincia a scendere, arrivo alla croce che indica dove S. Benedetto, inginocchiandosi, prego chiedendo aiuto a Dio nell'Opera di Evangelizzazione in questi luoghi, dove voleva stabilire la sua dimora. Rialzandosi notò che il suo ginocchio aveva creato un incavo nella pietra lasciandone l'impronta: quello fu il segno che il Signore lo avrebbe seguito in tutte le sue opere.
Adesso la strada scende decisamente verso Cassino attraverso un antica strada romana, stranamente molto stretta, con basoli posti a schiena d'asino per permettere il rapido deflusso delle acque meteoriche.
Incontro prima una necropoli che si estende lungo i due lati della strada, fuori dalle mura cittadine come da tradizione, e poi il teatro, edificato sotto Augusto, dalla ricca matrona romana Ummidia Quadratilla. È splendido e ben tenuto.
E finalmente, dopo aver scavalcato un romantico ponte di legno sulle limpide acqua del Gari, arrivo sotto lo striscione del traguardo dove finisce la mia corsa e la ... mia storia.

Da giovane, a scuola, ho imparato che la storia si studia ma deve essere accompagnata dalla memoria in modo da far sentire come presenti i valori che ne derivano. Perché nella memoria sono scolpite in modo indelebile le immagini che aiutano a non dimenticare mai.
Un ultima riflessione sui luoghi più significativi di questa corsa: i cimiteri.
Lo sbarco in Sicilia determinò il crollo del Fascismo e l'uscita dalla guerra dell'Italia.
Mentre per noi italiani iniziava la Guerra di Liberazione, per gli Alleati continuava la Campagna d'Italia che si concludeva a Caserta il 2 maggio 1945 con la resa tedesca firmata il 29 aprile 1945.
Il segno di quella campagna è rimasto in Italia con la presenza sul nostro territorio dei Cimiteri di Guerra che le Forze Alleate hanno lasciato a segno e memoria di quanto sia costoso il prezzo della libertà. È un pegno, per noi italiani, rispettarli e conservarli, soprattutto per rispetto di chi è venuto da lontano a morire sul nostro suolo per aiutarci a conquistare libertà e democrazia.
Conserviamo, curiamo e rispettiamo anche i cimiteri tedeschi, in nome di quella pietà che aiuta a sperare e, forse, a prevenire future tragedie.


Gara: Eco Trail Correndo nella Storia (25/10/2015)

SCHEDA GARA



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