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Bellissima e durissima!
di Ettore Golvelli, 11/04/2014

Dura, dura, dura, dura , durissima...ma bella, bella, bella, bella, bellissima.

È questa l'estrema sintesi di una delle più belle gare trail che ho avuto il piacere di correre. Un percorso durissimo, tecnico, con fango, rocce, salite e discese vertiginose ma bellissimo per il paesaggio della Costiera Amalfitana vista come nelle cartoline, con le sue cascate stupende nascoste nei boschi e i torrenti spettacolari, condita con il profumo dei limoni più buoni del mondo: i limoni di Amalfi.

Insomma un vero spettacolo.

E lo spettacolo è cominciato già prima di arrivare ad Amalfi. Perché per arrivarci si deve seguire una strada spettacolare, scavata quasi tutta nella viva roccia, seguendo l'andamento della costa a picco sul mare e molto dirupata, ora doppiando un capo con una delle numerose torri cinquecentesche, ora internandosi in una piccola valle, ora scavalcando una forra entro cui si insinua il Mar Tirreno formando  piccole deliziose baie, ora scendendo a sfiorare minuscole spiagge.

Il mio sguardo però, mentre guido, è attratto pericolosamente dall'enorme massa liquida che si domina come da una balconata, perché il riflesso del mare e delle rocce e la purezza dell'aria dopo la pioggia del giorno prima, favoriscono una luce intensa che pervade ogni cosa  e ti acceca per la sua violenta bellezza.

Si arriva ad Amalfi...ed arrivano altre sensazioni.

La cittadina è abbarbicata al fianco della montagna prospiciente il mare ed è ricca di case bianche con tetti piatti alla maniera orientale. Le viti si arrampicano ancora più su e un pino solitario leva nell'aria azzurra il suo verde ombrello, mentre sulla cresta l'antico castello col muro di cinta fa da ricovero alle poche nuvole fuggenti.

Solo adesso capisco perché Ercole scelse questo posto. Secondo la leggenda che circonda la fondazione di Amalfi, il dio pagano della forza amava una bella ninfa di nome Amalfi; ma il suo amore ebbe breve vita perché ella si spense ed Ercole, che era pazzo di lei, volle darle sepoltura nel posto più bello del mondo e per immortalarla ne diede il nome alla città da lui costruita.

Situata in uno spazio angusto tra il monte e il mare, Amalfi si presenta così molto scenografica, con viuzze coperte, strette e pittoresche, simili a tortuosi corridoi di conventi, con angoli di grande suggestione.

Parcheggio sul molo e a piedi con mia moglie passo a Piazza Flavio Gioia, proprio vicino al monumento che ci ricorda che qui nacque, secondo la tradizione, il presunto inventore  e perfezionatore della bussola.

Ma il mio sguardo va sempre verso quella calma, piatta, azzurra, enorme distesa liquida (perché amo il mare) e volgendomi verso i parapetti mi godo la veduta della strada che sale sopra il mare, fin dove s'inerpica sugli orli di un conca, fino ad una torre d'avvistamento.

Insieme alla mia bionda preferita, mano nella mano (pochi giorni fa abbiamo compiuto 35 anni di matrimonio e Amalfi è stato meta  del viaggio di nozze) arriviamo in piazza, al ritrovo della corsa e qui, in alto, maestoso, il Duomo, che ci domina da un'alta e ripida scalinata dove tutti i podisti fanno a botte per una foto ricordo.

La facciata è un vero spettacolo: vivace di forme e colori, in alto, nel timpano, troneggia Cristo al centro tra gli Evangelisti e le podestà terrene.

Il mio sguardo gira affascinato e a sinistra si eleva il campanile, ricco di bifore e trifore nei suoi vari piani con coronamento arabeggiante di torri  ad archi intrecciati e copertura di embrici maiolicati gialli e verdi.

Salgo le scale affascinato e al termine dei 57 scalini arrivo in un atrio porticato di estrema bellezza. Proprio in quel momento il sole, con i suoi raggi, fa capolino tra gli archetti arabescati creando uno spettacolare gioco di luci rendendo ancora più suggestiva  la struttura ad archi intrecciati: è un vero spettacolo architettonico avvolto in un atmosfera  paradisiaca.

Finalmente si parte e dopo una bevuta d'acqua fresca alla fontana  del Popolo si va diritti per via Lorenzo D'Amalfi, il cuore pulsante della cittadina. Man mano che avanziamo si intuisce la storia di Amalfi. Passiamo per il portico "Ruga Nova", per piazza Santo Spirito con la sua fontana "cape e ciuccio", l'arco di Faenza (antico quartiere arabo), e dopo un centinaio di metri incontriamo la cartiera Cavaliere che continua la sua preziosa produzione di carta ancora con i metodi introdotti nel XVIII secolo (carta a mano di Amalfi).

Si prosegue e si passa per un altro posto magico: il Museo della Carta. In esso si possono ammirare gli antichi attrezzi di produzione della carta a mano. Sono ben evidenti i magli di legno che trituravano gli stracci raccolti in capienti pile in pietra, la pressa a tamburo ed altri attrezzi in legno. Usciti dalla zona museo proseguiamo e, passata una maestosa ciminiera in muratura, giungiamo al museo degli antichi mestieri e dell'arte contadina che conserva una raccolta di attrezzi agricoli artigianali usati in costiera negli ultimi quattro secoli.

Si prende la strada delle Grande Lunghe fin alla chiesa della Madonna del Rosario. Dallo spiazzo antistante si passa dopo per i terrazzamenti di limoni che salgono vertiginosamente verso l'alto. Li ho contati: ce n'erano circa trenta. Un vero spettacolo di incomparabile unicità, frutto dell'ingegno e di secoli di tenace lavoro dei contadini - architetti che modellarono  l'impervio territorio alle proprie esigenze di coltivatori.

Si arriva al quartiere di S. Basilio e subito dopo, immersa nella lussureggiante macchia mediterranea, una lunghissima e ripida scalinata  che collega il borgo di Pogerola.

Dopo Pogerola si lascia il centro abitato e si sale fino in cima alla montagna più alta che domina Amalfi. Un dislivello pazzesco, impegnativo e soprattutto molto pericoloso.

Finalmente si scende e dopo un po' si incontrano i ruderi di imponenti cartiere e la strada dimessa diventa un sentiero di montagna avvolto nella morsa della natura selvaggia che oramai ha riconquistato il suo territorio.

Mano mano che si avanza diventa sempre più chiaro che la valle, una volta, costituiva un vero e proprio polo industriale.

Circa trecento metri dopo, fiancheggiata da frondosi pioppi, si passa per una vecchia centrale idroelettrica proprio a cavallo del fiume. Sempre diritti  lungo il sentiero  che costeggia il fiume giungiamo all'antica ferriera da cui il nome  all'intero circondario.

In questa fabbrica, fin dal XIV secolo, si lavorava il minerale che i bastimenti amalfitani giungevano a caricare fino all'Elba, in Puglia, in Calabria. La fabbrica dava lavoro a tutto il circondario con una sorta di specializzazione che vedeva gli amalfitani produrre carbone vegetale, il prezioso combustibile per le fucine e, sul versante opposto, la fucina per produrre pezzi metallici di eccezionale fattura. Ma come tutte le cose belle anche la ferriera venne dismessa seguendo l'inizio  del lento e inesorabile abbandono della valle. Abbandono non tutto deleterio se si pensa che, conclusi i commerci umani, la natura venne a riprendersi il dominio incontrastato della valle. Natura selvaggia e ad un tempo esclusivissima, scenario incontaminato tanto caro ai grandi viaggiatori romantici (Goethe, Shinkel, Hare) che hanno lasciato in giro per il mondo famosissimi dipinti e resoconti di questa zona.

La Valle delle Ferriere venne accuratamente studiata in loco dal naturalista tedesco Karl Haekel in quanto, data la particolare conformazione del territorio e complici i piccoli torrenti e le umide brezze marine, qui si è venuto a creare un microclima del tipo sub tropicale, habitat ideale per ciclamini, orchidee selvatiche, piante carnivore e una rara specie  di felce gigante risalente al periodo Terziario: la Felce Bulbifera Gigante.

Questa valle è stata dichiarata Riserva Naturale Integrale con lo scopo di difendere questo ecosistema particolare oramai più unico che raro.

Lasciata la Valle delle Ferriere giungiamo nella parte più antica del borgo: l'antica Valle dei Mulini o "Chiarito Basso", come all'epoca si era soliti distinguere la parte dei mulini da quella delle cartiere (Chiarito Alto), nella parte più profonda della valle. Qui passiamo un ponticello su un torrente che improvvisamente si getta in una cascata. Dopo un po' lo stesso riceve diversi affluenti che formano cascate di diverse altezze, nebulizzando l'acqua e rendendo l'ambiente umido e di grande freschezza anche in estate.

Il posto è pieno di bellissime cascate e un famoso acquerello del pittore tedesco  Karl Bleken rende al meglio  la magica atmosfera che si respirava in questa parte di Amalfi.

Immerso in questa magica atmosfera e, nel contempo, nella natura rigogliosa delle valli, qui termina la mia corsa culturale e la mia narrazione sperando di non avervi annoiato troppo.

Buoni chilometri a tutti i podisti che amano la natura e...le corse Trail


Gara: Trail delle Ferriere (06/04/2014)

SCHEDA GARA



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