Una Maratona Speciale di Alessio Petrelli, 15/04/2013
Riprendere a correre dopo una maratona è sempre una sensazione piacevole. Le gambe non hanno ancora smaltito la violenza a cui le abbiamo sottoposte, ma la corsa risulta piacevolmente leggera, spensierata, libera. Stamattina ho indossato braghette e scarpe e sono andato a Villa Pamphili per una corsetta. Ed è andata proprio cosi. Anzi, è stato ancora più rilassante; non uscivo da domenica scorsa, quando ho corso la mia quinta maratona, la più sorprendente, la Maratona di Parigi
.
L’inverno aveva lasciato il segno, una serie infinita di raffreddori e influenze che mi hanno tormentato fino alla fine di gennaio. A quel punto tutto il periodo di costruzione se era andato, cosi come le mie velleità di correre la maratona in 3h 30’. L’obiettivo diventa provare a mettere su un po’ di resistenza per correre decentemente, ma ci si mettono anche un paio di dissenterie, che si manifestano fantozzianamente in occasione dei due lunghi che avevo programmato; e cosi salta definitivamente ogni possibilità anche solo di correre tutta la maratona. Insomma, parto per Parigi con solo la Roma Ostia nelle gambe, corsa penosamente, e con la voglia di fare una bella gita accompagnando i miei amici maratoneti torinesi.
Decido comunque di presentarmi alla partenza per vivere almeno quelle sensazioni, un misto di magia e sgradevolezza, che ogni grande maratona sa regalare, e di corricchiare per una ventina di chilometri. La giornata è soleggiata, ma fredda, siamo intorno agli zero gradi e allora berretto, guanti e una maglia da buttare via dopo la partenza.
Quest’anno nelle griglie ci sono più di 40.000 partecipanti, stipati come pecore nell’ovile, record assoluto di iscritti. Si percepisce qualche pecca organizzativa, che vedrò confermata poi più avanti, ma che non intaccherà la sensazione di aver partecipato ad uno splendido evento. L’attesa quindi è particolarmente lunga, poi finalmente il serpentone si mette in marcia. L’ampiezza e la grandiosità degli Champs Elysèes evita le strozzature tipiche di ogni grande maratona e consente di partire da subito con il proprio ritmo.
Corricchio per qualche chilometro, comincio a scaldarmi, tolgo la vecchia maglia e me la attorciglio in vita come un turista attempato che passeggia sul lungomare all’ora dell’aperitivo, per avere almeno qualcosa con cui scaldarmi nel momento in cui mi sarei fermato.
I chilometri scorrono piacevolmente; la mia andatura turistica mi consente di distrarmi ad ammirare le bellezze della splendida Parigi; per gli occhi è gioia e appagamento continuo. Cosi si attraversa la città da ovest a est, si può godere dell’architettura e di una urbanistica pensata e programmata per il bene di tutti; strade ampie, piste ciclabili, marciapiedi confortevoli, che distanza abissale con la nostra bella e maltrattata città. Si entra quindi nell’immenso Bois des Vincennes, che si attraversa per diversi chilometri prima di rientrare in città. Il parco è molto bello, anche se alla lunga diventa noiosetto, soprattutto perché in questo tratto non c’è pubblico. Si arriva al km 23 in corrispondenza di Piazza della Bastiglia. Quello è il punto in cui avevo previsto di lasciare il percorso e riavviarmi in albergo. Invece sorprendentemente mi sento bene e decido di continuare, pensando solo a fare un passo dopo l’altro: l'idea del traguardo continua a sembrarmi impraticabile, una distanza siderale, meglio tenerla lontano dalla mente. Le strade sono piene di gente, l’atmosfera è molto calda e stride con l’immagine stereotipata che prevede il parigino freddo e scostante. I pettorali hanno stampato il nome, ed è bello sentirsi incitare alla francese: “alè Alessiò”; tanti bambini, per me è un’attrazione irresistibile lasciare di continuo la linea ideale e avvicinarmi a loro per battere il cinque.
Il percorso si avvia a costeggiare la Senna, si fiancheggia magnificamente Notre-Dame, il Louvre, i giardini della Tuileries, ma si entra anche nella parte più impegnativa; siamo intorno al km 25, la stanchezza comincia a farsi sentire e il susseguirsi di sottopassi non aiuta. E’ qui che intravedo e raggiungo una maglia orange. Conosco Enzo, nuovo iscritto alla Podistica, come me, e come me reduce da una serie di infortuni (a dire il vero più gravi dei miei) che gli hanno impedito di allenarsi bene. Sembra un segno del destino, abbiamo di che conversare, per una volta senza badare al gps. Anche lui sta affrontando la gara con il mio identico stato d’animo. Poi Enzo decide di rallentare un po’ e cosi ci salutiamo. E’ li che mi rendo conto che siamo già al 30simo chilometro. Non ci posso credere; a quel punto rompo qualunque indugio e mi convinco che si può fare, posso chiudere la maratona con un allenamento scarsissimo e senza aver corso nemmeno un lungo, posso andare a prendermi la maglietta di finisher al traguardo. Approfitto dei ristori per rifocillarmi, acqua, e per la prima volta, anche frutta, uvetta, banane, arance, mi nutro, convinto che il mio ritmo lento mi consentirà di non risentirne e anzi, non potrò che trarne benefici. Cammino per qualche tratto dopo ogni ristoro e continuo a non capire come faccia a sentirmi “cosi bene”. Il pensiero va sempre più frequentemente a mio padre, che mi ha lasciato troppo presto, e che aveva percorso queste strade tanti anni fa. Si entra nel Bois di Boulogne, l’altro enorme e meraviglioso parco parigino. Lo si percorre dal 33simo km e quando se ne esce è già atmosfera di finale. E’ l’ultimo chilometro, una gran folla sostiene le stanchezza fino all’ultima linea blu, quella del traguardo. Sono stanco, ma sereno; scoppio a ridere guardandomi con la maglia ancora arrotolata in vita. È stata un’esperienza diversa dalle altre maratone, un viaggio, in grande simbiosi con la città, le migliaia di compagni di strada, il pubblico. Mi chiedo se non sia proprio questo lo spirito con cui affrontare una maratona. Non lo so, ma di sicuro per una volta almeno ne vale la pena. Insomma, ogni maratona regala una storia diversa, e sempre, emozioni intense.
|
Alessio Petrelli Gara: Maratona di Parigi (07/04/2013) SCHEDA GARA |