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Un Orange a Boston.
di Alberto Macchia, 30/06/2008

Alberto Macchia - Maratona della Città di Roma 2008. (foto di Giuseppe Coccia)

Alberto Macchia - Maratona della Città di Roma 2008. (foto di Giuseppe Coccia)

Boston è la “madre” di tutte le maratone (quest’anno era la 112^ edizione): il fatto stesso che da privati si possa accedere solo con un tempo di qualificazione, spiega perché parteciparvi sia al top delle aspirazioni di qualsiasi runner.

New York è fantastica; Chicago stupenda: Boston è davvero un mito, per varietà di percorso, meraviglia dei posti e incredibile partecipazione.

Per raggiungere la partenza, si va tutti – di buon mattino – fino a Hopkinton, un piccolo centro in mezzo ai boschi: il servizio è assicurato tramite i simpaticissimo “scuola-bus” gialli, che abbiamo visto mille volte nei film.

Il percorso si snoda tra i boschi (per la verità, ancora in tenuta invernale), attraversando deliziosi paesi prevalentemente costituiti dalle classiche villette in legno, con tanto di cassetta per la posta stile “paperino”.



Si passa da Ashland, Framington, Natick e Wellesley – all’altezza della mezza maratona – dove uno scatenato, allegrissimo gruppo di ragazzine del Wellesley College, ti assorda letteralmente con urla di incitamento e festa.

Orchestrine, complessi rock, sezioni ritmiche, musica di vario genere e tanta, tantissima gente (meravigliosa e piena di calore) ti aiuta a sopportare la fatica, il caldo incredibile (davvero eccezionale, per il 21 aprile) e la durezza del percorso.

Eh si! E’ proprio dura! La parte iniziale, infatti, ha un profilo altimetrico (traditore !) che scende: ma è tutto un “ondulato” continuo, che va affrontato senza “buttarsi” troppo; poi, dal 14° miglio in poi, l’up and down diventa davvero impegnativo: fino alla famosa Heartbreak Hill (la collina del “crepacuore”!) che, graziosamente, si erge tra il 20° ed il 21° miglio, quando le forze cominciano a scarseggiare!

Dopo, si comincia a sentire l’aria di Boston e dell’arrivo: la gente (che non manca in nessuna parte del percorso) diventa tantissima, e ti dà calore e forza enormi.

Il tratto finale è da favola e l’arrivo nella immensa (e lunghissima!) Boylston Street è mitico!

Eccomi, credo unico “Orange”, a tagliare il traguardo in 3 ore e 42 minuti. Felicità e stanchezza al massimo!


Alberto Macchia (foto di Giuseppe Coccia)

Alberto Macchia (foto di Giuseppe Coccia)

Gara: Maratona di Boston (21/04/2008)

SCHEDA GARA



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