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Due napoletani fantastici
di Attilio Di Donato, 18/01/2011

C’ erano una volta un uomo e una donna napoletani,

lui di cognome Poli e lei Settimia, studenti in matematica. Si amavano a tal punto da annullarsi uno per l’altra, così come si annullano i monomi simili di segno opposto. Il prodotto dell’unione fra questi giovani ventenni e innamorati era un bel bambino del peso di quattro chili circa, un notevole prodotto del loro amore, o meglio, un “prodotto notevole” difficilmente scomponibile.

Praticamente pesava piu’ della media degli altri bambini. I genitori decisero di chiamarlo Nomio e così nacque, il giorno 2 di un anno ics un bambino di cromosoma xy che si chiamava Poli Nomio.

Crescendo cominciò ad andare a scuola e alle elementari si mise a studiare con un amico bravissimo in italiano che si chiamava Eugenio e che appena arrivava gli amici a scuola dicevano: oilloc, (cioè eccolo), è u genio!!!! Lui si girava e diceva: “ma che volete da me? fatemi sta tranquillo!!”

Ma tranquillo non lo facevano mai stare perché nei compiti tutti si mettevano vicino a lui per scopiazzare ciò che lui scriveva. In un tema, il classico tema che danno a scuola e che era intitolato "parlate del vostro compagno di banco", il compagno di banco copiò tutto il suo tema ed uscirono due temi uguali. Lo scopiazzatore prese 10 e sto povero Eugenio prese zero spaccato, perché la maestra pensò che lo scopiazzatore fosse lui.

Ma torniamo al nostro figlio di matematici, il nostromo, no scusate il nostro Nomio.
Abitava a via Quintavalle, non è una bugia, è una via che esiste a Grumo Nevano, in provincia di Napoli, dove io sono cresciuto (o forse non sono mai cresciuto, mi sono solo allungato, ma questo è un altro discorso…).

Veniva a scuola con una bici con le ruote di un solo raggio perché una volta l’aveva fermata la maestra di matematica e gli aveva chiesto la circonferenza delle due ruote. A questa domanda non seppe rispondere ma tornato a casa tolse tutti gli altri raggi è moltiplicò soltanto un raggio per tre e quattordici.

Il giorno dopo Nomio arrivò a scuola con le due ruote ammaccate ma dette la risposta giusta alla professoressa di matematica il quale lo premiò regalandogli un bel 8 ma se voleva aumentare gli disse di vedersi il film “Otto e mezzo di Fellini”.

Eugenio e Nomio diventarono amici per la pelle, studiavano insieme. Nomio in quattro e quattro otto impararò la grammatica, Eugenio fece piu’ difficoltà ma in qualche modo imparò i modi dei verbi e alla fine imparò benissimo anche il latino, in modo perfetto direi, anzi piu’cchèperfetto.

Giocavano anche insieme, Eugenio, che sapeva i vocaboli a memoria, voleva giocare allo scarabeo napoletano, che si chiama “scarafone”, mentre Nomio insisteva sempre nel giocare a dadi perché gli usciva sempre 13, non so perché, forse perché era fortunato.

Questi due campioncini li ho rivisti con immenso stupore l’altro giorno qui a Novara . Adesso hanno entrambi la mia età. Eugenio non lavora ancora ma spera di lavorare in una scuola di esperanto che a breve apriranno qui in zona, nel frattempo impartisce lezioni di parolacce napoletane ai novaresi che non vogliono essere presi per i fondelli da sti terroni invadenti.

Nomio lavora a cottimo in una fabbrica di riso e lo pagano in base a quanti chicchi riesce a contare al giorno. Per ogni mille chicchi contati gli danno un euro, quei 40 cinquantamila chicchi riesce a contarli, poi va a casa e si mangia un arancino da un chilo altrimenti, causa lo stress sul lavoro, se si dovesse preparare un piatto di riso si dovrebbe contare pure quelli, e gratis.

Morale della favola:
due personaggi meridionali con un cervello da far invidia a Chicche e Sia, son dovuti emigrare da Napoli a Novara per un pugno di dollari, o per qualche dollaro in più, scegliete voi. Ne è valsa la pena? E che ne so io? Io song e Bolzano

Ciao a tutti amici della Podistica e ciao al Presidente, ce l'avete no un Presidente?

Attilio




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