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Ottocentosessantuno!!!
di Roberto Trasatti, 05/01/2021

Ottocentosessantuno: questo è il numero di chilometri corsi da me in un anno.

Mai mi era successo di fermare il tachimetro ad un numero di giri così modesto.
Eppure il 2020 che stiamo per salutare questo mi ha portato!

Come per non esser da meno all’imprevedibile pandemia che ci ha colpiti o alle scomparse dolorose che abbiamo dovuto accettare, anche il mio rapporto con la corsa, in quest’anno così nefasto, per la prima volta, è andato in crisi.

Ho subito iniziato da gennaio con la difficoltà anche solo a camminare dovuta alla scoperta di uno schiacciamento vertebrale con conseguente fuoriuscita di un’ernia con la cui sofferenza ho combattuto sino a un mese fa.

Ho convissuto con il timore che il medico mi ordinasse di smettere completamente con la mia amata corsa.

Ho anche pensato che il dolore non mi avrebbe lasciato più.
Oggi il problema è in parte migliorato ma resto consapevole che dovrò imparare a convivere con il fastidio.

Ho, inoltre, raggiunto in questi mesi la dolorosa consapevolezza che la mia stagione della ricerca del record, del raggiungimento del proprio personale in gara, è terminata: l’età, in questo senso non fa sconti!

Poi è entrato in scena improvvisamente il Covid: la voglia di uscire a correre c’era, le disposizioni di legge lo permettevano ma la gente in strada che ti guardava come se fossi uno dei più pericolosi criminali della storia mi ha indotto, il più delle volte, a restarmene a casa.

Infine, ma primo tra tutti, la preoccupazione costante per i miei genitori sempre più indifesi con l’avanzare dell’età e di patologie anche importanti, mi hanno tolto, e continuano a togliermi, la necessaria serenità per allacciarmi le scarpette e uscire in strada.

Tutto ciò, mi ha portato progressivamente ad allenarmi sempre meno, a lasciarmi andare a tavola sempre più, a prendere peso, a perdere la mia forma fisica e, conseguentemente, poiché i muscoli possono si avere memoria ma alla fine non ti fanno regali, a faticare anche solo per coprire una distanza minima di 5 km, dopo averne corsi, solo due anni fa, ben 100 di seguito.

Allora, ho iniziato, per difendermi inconsciamente da un qualcosa che mi faceva male, a distaccarmi dai miei compagni di allenamento e dalle encomiabili, molteplici iniziative che la mia società podistica ha avuto la forza di portare avanti anche in questo duro periodo di restrizioni.

Ho anche pensato di smettere completamente e, ancora oggi, l’idea non mi ha del tutto abbandonato.
Ma poi, la passione per questo sport è tornata comunque e sempre a farsi sentire: più cercavo di cancellarla e più usciva fuori prepotentemente.

E si presentava in varie forme: quando ascoltavo per caso una notizia di atletica in televisione, quando costringevo un collega più giovane ad ascoltare i miei racconti, quando, incrociando una salita, la mia mente tornava a ricordare uno specifico allenamento o una giornata di gara o quando, per dimostrare a me stesso che ancora c’ero, uscivo per correre una mezza maratona tornando a casa completamente finito.

Non so cosa succederà nel 2021 e negli anni che avrò a disposizione ma una cosa l’ho capita ancor di più: un Runner non smette di esserlo perché non corre.

“Essere runner” è un atteggiamento, una filosofia che ti cambia per sempre la Vita.
E un vero Runner non deve necessariamente sempre correre per esserlo.
Il vero Runner gioca le carte che ha in mano e non accusa il banco di avergli servito quelle sbagliate.

E allora, ancora una volta, buona corsa Roberto!!!






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