Corsa e GPS. Quando la tecnologia può essere un prezioso alleato. Prima parte. di Redazione Podistica, 15/12/2014Da qualche stagione c'è un aggeggio che ha cambiato in parte il nostro modo di correre, perlomeno di approcciare gli allenamenti e le gare. Una volta esisteva il cronometro, soppiantato negli anni '90 e sino a poco fa dall'orologio con il cardiofrequenzimetro, che rappresentava il must di ogni runner. Ma la tecnologia viaggia spedita, e oggi se non hai anche uno sportwatch col Gps di fatto “non sei nessuno”. Giusto per parlare di must.
Se non sapete di cosa stiamo parlando, beh, è un apparecchio che grazie alla sua antenna satellitare è in grado di fornirci in tempo reale molte informazioni sulla nostra prestazione. Vi spieghiamo però prima cosa c’è dietro.
Come funziona
L'acronimo Gps sta per Global Positioning System, e senza entrare in tecnicismi che qui non interessano, questi apparecchi (che sono dotati ovviamente di antenna specifica) dialogando con il satellite registrano la propria posizione in termini di coordinate terrestri. Sostanzialmente, detto in maniera molto grossolana, il satellite invia di volta in volta all'apparecchio (che è dotato come detto di una specifica antenna) e ad intervalli regolari la posizione del nostro orologetto, dunque la nostra.
Questo, analizzando le coordinate nel tempo, è in grado di fornirci tutte quelle informazioni di cui negli ultimi anni siamo diventati avidi fruitori. Velocità istantanea, media, distanza percorsa, sia dell'uscita globale che anche di determinati intervalli (quelli che vengono chiamati “lap”).
Non solo, una volta a casa tutta la prestazione viene riassunta non solo con i numeri dell'allenamento tramite il software di riferimento dell'apparecchio che abbiamo in dotazione, ma anche come una traccia Gps, appunto. Visualizzata tramite il computer e con l'ausilio delle piattaforme di mappe terrestri (Google Maps su tutti) ci permette di avere un quadro completo del nostro percorso nello spazio. Che siano i classici giri nel parco dove ci alleniamo, la Maratona appena conclusa o anche un bel trail in mezzo ai monti.
Quale è l'utilità
Tempo fa ho incrociato sulla strada un podista “vecchio stile”. Gli basta un cronometro, ovviamente quando si ricorda di portarselo dietro, per il resto va solo a sensazioni. Non dice che ha corso 10 chilometri, ma vi dirà che ha fatto tot minuti, eventualmente aggiungendo la distanza stimata. Questo è il tipico corridore “hardcore” che non ha bisogno di nulla. Provate a convincerlo del contrario, le vostre argomentazioni sul progresso che avanza ne usciranno con le ossa rotte.
L'esatto opposto è il nerd ipertecnologico fornito di tutto, che appena smesso di correre vi saprà dire con dovizia di particolari distanza, tempo, frequenza cardiaca, dati relativi al Vo2 Max, concentrazione di lattacido e compagnia cantando... E’ quello che non appena esce un nuovo modello di Gps, se lo compra. Se siete scaltri per un tozzo di pane vi portate a casa quello vecchio che avrebbe abbandonato nel cassetto. Soggetti simili vanno individuati e sfruttati…
Ironia a parte, nel mezzo ci siamo tutti noi persone più o meno normali, ed è necessario capire quali saranno i reali giovamenti dello spendere circa 150 euro nella migliore delle ipotesi per un orologio Gps. Perché, se non lo sapevate, non è che materialmente migliorerà di una virgola la nostra corsa (come può fare un buon paio di scarpe) e anzi sarà spietato nel metterci di fronte ai nostri limiti.
Gli apparecchi Gps sono diffusissimi tra i ciclisti, tra cui anche chi scrive che ha avuto la fortuna, per motivi strettamente lavorativi, di testare praticamente tutte le marche attualmente in commercio. Chi va in bici infatti trova un gusto molto particolare, una volta a casa, nel rivedere la mappa del proprio percorso, ovviamente lo sviluppo altimetrico (quello che viene definito in parole povere “grafico”) e tutta una serie di dati relativi a chilometraggio, dislivello, frequenza cardiaca e via discorrendo. Limitatamente all’utilizzo durante la pedalata, in ambito ciclistico i modelli si distinguono in due categorie: cartografici e non.
I primi hanno la funzione di navigatore vero e proprio, un po’ come quelli delle nostre auto, e sono utili per non sbagliare direzione su tracciati che non si conoscono. I modelli più semplici invece si limitano a registrare la traccia per la visualizzazione successiva, oltre a tutti quei dati “sensibili” che invece tramite le diverse schermate possono essere visionati in tempo reale. Ovviamente, privi di mappe, quest’ultimi hanno un costo più basso visto che anche lo schermo è di dimensioni minori.
Quelli dedicati a noi runner sono della seconda specie, senza mappe. Ovviamente offerti su un supporto, quello dell’orologio da mettere al polso, più consono alle nostre esigenze. In caso di trail che necessitano anche di buone dosi di orientamento, a quel punto il runner potrà optare per modelli specifici che utilizzano le mappe da trekking. Ma non è questo il caso.
Torniamo al punto di partenza… Per cosa sono utili? Detto dello sfizio di rivedere a casa i dettagli della propria prestazione metro dopo metro, durante l’allenamento siamo in grado di controllare quanta distanza abbiamo già fatto e quanta ce ne manca ancora, a che ritmo cardiaco stiamo procedendo, a che passo, ed eventualmente regolarci di conseguenza. Nel senso che se il nostro orologio ci dice che stiamo spingendo troppo e rischiamo di non arrivare al traguardo come vogliamo, possiamo diminuire il passo e gestire le energie. O viceversa, ovviamente.
Prima di tutto, però, conoscetevi!
Tutto quello che vi abbiamo appena detto avviene però con una discriminante. L’utilizzo ragionato di un Gps e lo sfruttamento in tempo reale delle sue potenzialità prevede una conoscenza dettagliata delle proprie capacità. Dunque ogni tanto occorre soffermarsi sull’analisi dei propri dati, con buona pace dell'indole minimalista del runner vecchio stampo.
Facciamo un esempio molto semplice, e per semplicità utilizzo proprio i miei parametri. Chi scrive è abituato ad allenarsi in un parco dove, anche per caratteristiche e tortuosità del terreno, raramente può scendere sotto i 4’30” a chilometro su una distanza di 10-12 km. La frequenza cardiaca è di circa 160 battiti, qualcosa sotto il valore di soglia anaerobica che nel mio caso sta tra i 167 ed i 170 battiti. Quando riesco a correre su asfalto, su strade piatte, riesco a scendere anche sui 4’25” a parità di sforzo cardiaco. Più forte in allenamento raramente riesco ad andare, a meno di sessioni particolarmente tirate. In gara, dove le cose cambiano, posso “attentare” ai 4’10” a km con un ritmo cardiaco più sostenuto. D’altro canto quando si attacca il numero sulla canotta ci si trasforma, no? Cito questi dati a memoria perché di volta in volta vado a controllare il riassunto della prestazione.
Eccoci in gara, la Roma-Ostia del 2014. Cercando di evitare l’errore dell’anno precedente, mi ero ripromesso almeno per i primi 10-12 km di non forzare, riservandomi energie preziose in un finale che immaginavo maestoso. Ebbene, immerso nel vortice di quel fiume di partecipanti al 5° chilometro (andando a controllare sull’orologio) notai che la frequenza cardiaca media era di 172 battiti al minuto (altissima per essere un inizio di corsa) e il passo intorno ai 4’05” a km. Al 10° km dati sostanzialmente uguali. Inutile dire che i miei propositi erano andati a farsi benedire, ho pagato pesantemente dazio negli ultimi 5 km e chiuso praticamente a fari spenti in 1h33’24”. Migliorando sì il tempo del 2013, ma non come volevo realmente.
Cosa se ne evince da questa mia disavventura? In primis, che col Gps e con una mia personale dotazione di numeri, avevo un riferimento con il quale riscontrare quello che stavo facendo e correggere in corsa eventuali errori che stavo commettendo a livello di ritmo. Se in una mezza maratona questo può risultare utile, figuratevi in una maratona.
Secondo aspetto: se non si attuano i necessari correttivi, il Gps a quel punto serve solo come strumento di constatazione di quello che si sta facendo (nel mio caso sbagliando, per giunta...) e non come alleato. La mia esperienza alla Roma-Ostia e la scarsa autodisciplina di quel giorno sono i migliori testimoni di come il Gps, se non sfruttato, è solo un costoso cronometro da polso.
Per adesso ho cercato di spiegarvi cosa è il Gps e come andrebbe utilizzato, nella prossima puntata andiamo più nello specifico analizzando le funzioni che possono esserci utili e come scegliere quello che fa per voi.
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Redazione Podistica |