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12 Km di speranze!!
di Claudio Ubaldini, 26/05/2012

La prima stretta allo stomaco è arrivata quando mi apprestavo a scendere dalla macchina dopo aver parcheggiato fuori dal carcere. Avevo portato come sempre lo zaino della maratona di Roma, con stampato a caratteri cubitali il mio numero di pettorale, piccolo vanto per molti podisti; senza intuire che in questo contesto, essere identificati con un numero forse non è proprio piacevole. Bravo Claudio, iniziamo bene.

Esternamente non è nemmeno fastidioso l'edificio, è un casermone banale come tanti altri, anche dentro sembrava qualcosa di "normalissimo", una semplice piazzola, della musica pre-gara, le maglie colorate delle squadre, qualche poliziotto in divisa e niente più. Gli interni partecipanti alla gara hanno una loro maglietta bianca ma sono persone normalissime, chissà perché mi immaginavo di trovare volti ed espressioni così tanto diversi dai miei, o da quelli che si possono vedere quotidianamente in giro.

E poi si parte. Solo allora capisco cosa è veramente un carcere. Qui si che la stretta allo stomaco la sento forte. Edifici stretti e lunghi, senza balconi, con finestre-grate addosso alle quali ammucchiati provavano a schiacciare il volto gli interni, chi per insultarci, chi per fare il tifo, chi per prenderci in giro, chi per fare "apprezzamenti amorosi" alle donne partecipanti alla gara.

Poi mi son concentrato sulla corsa: il caldo infernale, l'erba appena tagliata che bruciava gli occhi, il mio problema alla gola che stava tornando certo non aiutano a correre per 12km.

Mi inserisco in un gruppetto della mia squadra insieme a Paolo, Carlo e il mitico Golvelli (classe 1950, oggi 12km e domani Maremma, staffetta, Villa Adriana e poi chissa... ), andiamo tranquilli per la prima parte della gara, che scorre serena, quasi monotona, in questo percorso misto asfalto/prato da 2km, da ripetere 6 volte.

L'unica nota positiva erano gli sfottò dei carcerati quando si passava sotto le loro stanze/celle; e se già solo questo ha avuto una funzione catartica, se il solo nostro correre e renderci oggetto dei loro insulti è servito ad allentare la loro tensione, la giornata sarà veramente servita a qualcosa.

Finito il quarto giro, incrociamo un corridore di Rebibbia che cede e smette di correre.
Lo incito al volo, gli faccio segno di unirsi al nostro gruppetto ma non ce la fa.
Allora abbandono il mio gruppo e mi metto a camminare con lui, gli chiedo se lo posso accompagnare al suo ritmo; lo sguardo da diffidente passa a curioso, ed è già un buon primo segno.

La mia gara finisce qui, ora è il momento di tendere le mani. Ricominciamo a correre molto piano, e dopo poche centinaia di metri vorrei "distrarlo" dalla fatica del momento e incitarlo, dato che continua a ripetere che vuole abbandonare la gara, ma non so da dove iniziare! Parto con la frase piu semplice: come ti chiami? "Mohamed". Bene, si vede che ha piacere di parlare con qualcuno, ma non ce la fa col fiato. Allora alterniamo momenti di silenzio a un po' di chiacchiere, cercando con delicatezza di non toccare argomenti difficili. Mi racconta, a tratti, che è nato in Marocco, poi 12 anni fa sua mamma è venuta in Italia e convive con un siciliano, si sono spostati a Latina. Mi racconta che da giovane correva, gli piaceva lo sport, e tante altre cose.

E così i km passano, ogni tanto si ferma ma con una "scusa" si riparte sempre. Lo incrociamo e gli racconto di Romano, il nostro marciatore che piano piano ma costante si farà la 100km del Passatore, lui mi parla della cella e dei suoi amici e di tante altre cose.
Verso la fine è veramente in difficoltà, ma anche con l'aiuto di Andrea che si aggiunge a noi in extremis, riusciamo a farlo arrivare correndo al traguardo e anzi a fargli fare uno scatto degno di nota!!

Gli porgo la mano per salutarlo, lui ricambia battendosi il petto; in verità non so cosa significhi, ma son sicuro che sia un bellissimo gesto; a me in fondo importa che sia passato il messaggio che "insieme e non contro" ognuno di noi può raggiungere il proprio personale traguardo.

La premiazione è stata toccante (non l'avrei mai detto, di una premiazione!), oltre che per i moltissimi ringraziamenti alla Podistica Solidarietà, anche e soprattutto per la gioia dei due vincitori "interni" della non competitiva e della 12km.

L'ultima stretta allo stomaco me l'ha regalata uno di loro, parlando un po' emozionato con un suo amico, alla consegna delle medaglie ricordo: "ma tu pensa se dovevo andare in galera, per vincere la prima medaglia della mia vita".

Ok, questa giornata ha avuto davvero un senso.

Claudio Ubaldini


Gara: Vivicittà nel Carcere di Rebibbia (25/05/2012)

SCHEDA GARA



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